lunedì 30 aprile 2007

PSYCO-FLASH: VIDEOGAME CONTRO L'OBESITA' INFANTILE


L’obesità è un problema che colpisce sempre più bambini. In Italia le percentuali siano ancora basse rispetto ad altri paesi occidentali, sebbene non da sottovalutare. Il soprappeso grave se già in età infantile può essere precursore di molteplici problemi fisici durante l’adolescenza o nell’età adulta.
Negli Stati Uniti, dove il problema è molto sentito già da alcuni anni, è stata introdotto una metodologia innovativa.

Il nuovo metodo si chiama Ddr (Dance dance revolution) ed è un videogame. Il nuovo videogame sarà adottato da 1.500 scuole in 10 stati Usa, e sarà utilizzato nell’ora di ginnastica. Il Ddr è un music videogames, che consente di ballare saltando su una pedana luminosa, al ritmo della musica trasmessa.

IL 27% DEGLI ADOLESCENTI GUIDATORI E' "A RISCHIO"


La facoltà di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma ha tracciato il profilo psicologico del guidatore “a rischio”. Questi guidatori sono più inclini a non rispettare le regole, ricercano emozioni forti e vedono l’incidente come colpa del caso o causato da altri. La ricerca ha per il moneto coinvolto più di 3000 studenti di liceo in diverse province d’Italia.


Gli incidenti sulle strade sono la seconda causa di morte tra i più giovani. Non c’è week-end senza una strage sulle strade. Il governo è alla continua ricerca di provvedimenti che possano far calare il numero delle vittime.
La ricerca svolta dalla facoltà di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, dal titolo "Fattori di rischio psico-sociali e caratteristiche individuali nei giovani guidatori" ha tracciato il profilo del guidatore d’auto o di motorino più “a rischio”. Attraverso dei questionari per studenti delle scuole medie superiori, sono state indagati variabili di personalità, comportamentali e atteggiamenti ed opinioni nei confronti degli incidenti stradali.


Lo studio ha coinvolto 3.370 studenti guidatori d’auto o di motorino, provenienti da 12 province (Ascoli, Bari, Campobasso, Cuneo, Ferrara, La Spezia, Napoli, Ragusa, Pavia, Terni e Udine), caratterizzate da un elevato tasso di incidenti stradali nella popolazione dei giovani guidatori.
Dalle risposte raccolte, i ricercatori hanno delineato tre profili di guidatori: “a rischio”, “moderati” e “prudenti”. Per quanto riguarda coloro che utilizzano il motorino, il campione intervistato si è così suddiviso: il 27,5% è "a rischio", il 48,2% appartiene all'area dei "moderati", il 22,3% a quella dei "prudenti". Anche nel caso dei conducenti d’auto il campione di riferimento si distribuisce in modo simile: "a rischio" e' il 27,4% del campione, i "moderati" toccano il 35,9%, i "prudenti" il 36,7%.


La ricerca ha analizzato in particolar modo il profilo daìei guidatori “a rischio”. Queste persone hanno la tendenza a sottostimare il rischio, vede l’incidente stradale come dovuta al caso o comunque causato da altri. L’opinione condivisa è dunque che l’incidente non sia dovuto dai propri comportamenti, ma che dipenda da eventi casuali, imprevedibili o legati esclusivamente al comportamento degli altri. Inoltre vedono il Codice stradale non come un metodo preventivo, ma come una limitazione. Dal punto di vista psicologico, queste persone possono essere classificate come sensation-seeker, con tendenze antisociali, scarso rispetto delle regole e basso altruismo. E’ anche emerso che i giovani compresi nel gruppo a maggior rischio percentualmente hanno ricevuto più multe e hanno avuto più incidenti in passato.


I risultati della ricerca sono stati presentati nell’ambito del progetto Icaro, promosso dal Dipartimento di pubblica sicurezza. "I giovani che assumono maggiori rischi alla guida - spiegano i responsabili della ricerca - sono caratterizzati dal fatto di ritenere che le regole imposte dal codice rappresentano una limitazione alla scorrevolezza della viabilità e non una norma capace di garantire la sicurezza del guidatore". Inoltre riguardo all’incidente stradale, riferiscono che “in realtà non dipenda dai propri comportamenti ma da eventi casuali, imprevedibili o legati esclusivamente al comportamento degli altri".

Foto by elsuniero

domenica 29 aprile 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA

foto by guido_rap
Le tecnologie sono uno dei nostri temi più importanti, soprattutto nella nascente era del digitale. Questa settimana abbiamo visto come una tecnologie ormai comune come la radio continui ad essere presene nella vita delle persone e possa andare a favore della cura e dell’isolamento di cui sono vittima i pazienti psichiatrici, soprattutto dopo la chiusura dei manicomi. Collaborare ad un emittente e confrontarsi con i problemi altrui è per i malati mentali un grande supporto anche dopo l’uscita dalle fasi critiche della malattia.

Le tecnologie più recenti invece possono andare a colmare disagi e difficoltà di persone malate o disabili. È il caso della demotica che fornisce supporti e soluzioni per le persone anziane o a mobilità ridotta. Ed è anche il caso di nuovi supporti visivi introdotti di recente nelle scuole, anche grazie alla collaborazione del Ministero dell’Istruzione che permettono agli alunni con deficit uditivi di apprendere in modo meno difficoltoso e più proficuo.

Infine la realtà virtuale, che ormai fa parte della prassi quotidiana di psicologi e terapisti, viene con successo utilizzata per la cura dei disturbi dell’alimentazione, in particolare per l’obesità e anche per i disturbi d’ansia, come gli attacchi di panico. È quanto mostra un progetto cui fa capo anche l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Per quanto riguarda il marketing, si è visto che la figura dello psicologo è sempre più presente, soprattutto quando si tratta di sviluppare gli aspetti di creatività e di riportare la disciplina più vicina alle persone, dalle quali, a parere di Philip Kotler, autore del libro “I dieci peccati capitali del marketing” , si è fin troppo allontanata.

Per quanto riguarda la psicologia della personalità, nei giorni seguenti siamo stati spettatori di un terribile accadimento: la strage alla Virginia school rischia ora di provocare ulteriori danni. Alcuni dei filmati non sono stati messi in onda perché giudicati pericolosi e passibili di evocare emulazione in altri giovani. Infatti non è la prima volta purtroppo che l’America si trova di fronte ad eventi del genere.

Infine la salute: un convegno ha fatto il punto della situazione sulla sclerosi laterale amiotrofica e una ricerca italiana su Nature Neuroscience svela nuovi particolari della progressione di questa malattia degenerativa; si spera in futuro di poter giungere a cure efficaci.

venerdì 27 aprile 2007

LE TECNOLOGIE COME SUPPORTO AD ANZIANI E DISABILI

Durante la settima edizione di PTE expo, svoltosi a Verona la scorsa settimana sono state presentate numerose applicazioni delle tecnologie per il miglioramento della vita di anziani e disabili. Principalmente le innovazioni hanno riguardato l’ambito domestico, evidenziando come la domotica, al di là del progettare un surplus di benessere, sia strettamente connessa alla progettazione di utilità per soggetti con abilità ridotte.

La progettazione delle case è stato un tema centrale, data anche la presentazione del progetto europeo Wel-hops che determina direttive precise e si muove in particolare verso le esigenza degli anziani.

Un’importante area è stata invece dedicata alla progettazione di spazi terapeutici, sia sul fronte di chi conduce la cura, sia su quello dell’utente. Grazie al concorso di psicologi, medici ed architetti è stato possibile definire uno spazio funzionale non soltanto rispetto alle esigenza operative, ma anche rispetto alle necessità del paziente.
Particolare rilevo è stato dato alle malattie degenerative, come l’Alzheimer, i cui luoghi di cura e di degenza sono stati accuratamente progettati in virtù delle capacità anche altamente compromesse.

Che psicologia e architettura avessero terreni in comune è una tesi ormai ben nota, ma finalmente c’è vera compenetrazione di intenti dove le competenze dell’una vanno a supporto dell’altra e viceversa. E se per ora il connubio riguarda principalmente i casi di disabilità o restrizione, è facile vedere come presto anche l’area del benessere e della prevenzione delle malattie derivanti da stress e luoghi insalubri avrà presto grande diffusione, e non sarà più appannaggio soltanto di privilegiati che oggi che godono dell’assistenza di un architetto personale.
Se un tempo nacquero correnti funzionaliste come la Bauhaus, ora potrebbe svilupparsi una corrente “umanistica”, che non solo sia funzionale, ma anche, in senso ampio, terapeutica.
foto by Esther P.V.

giovedì 26 aprile 2007

NUOVI STUDI SULLA SLA

Il 21 aprile si è svolto a Milano il convegno “La sclerosi laterale amiotrofica: lo stato dell’arte”. L’incontro, curato dall’AISLA (Associazione Italiana SLA), ha visto la partecipazione dei più importanti esperti del settore ed insieme le testimonianze di pazienti e familiari degli stessi. Si tratta ad oggi di una malatia diffusa per la quale però non esistono cure efficaci. L’ultimo numero di Nature Neuroscience inoltre ha pubblicato uno studio italiano proprio sui meccanismi della sindrome.

La SLA è una malattia degenerativa che colpisce in Italia tre persone al giorno. La prognosi, gravissima, prevede la morte dell’80% dei pazienti nei cinque anni successivi all’insorgenza, ed è spesso diagnosticata in stadio giàavanzato. Si manifesta con la perdita delle funzionalità motorie, dovute alla morte delle cellule neuronali preposte collocate nel cervello e nel midollo spinale.

Il convegno ha trattato principalmente delle ultime novità della ricerca e dei trial sperimentali in corso, inoltre si sono svolte sezioni tematiche relative alle difficoltà respiratorie ed infine anche una sezione riguardante la possibilità e l’utilità fornita da supporti tecnologici.

Francesco P. Di Giorgio è il primo italiano a comparire su Nature Neuroscience, grazie ad una ricerca condotta presso l’Università di Harvard, in collaborazione con il dottor Kevin Eggan sui neuroni responsabili della SLA.

I motoneuroni sono stati studiati tramite un esperimento in vitro su cellule staminali di topi infettate con SLA. Si è così potuto osservare il meccanismo degenerativo dal suo inizio, fatto difficile da osservarsi nell’uomo data la tarda conclamazione della malattia. Inoltre si è scoperto che tali neuroni muoiono non per difetto proprio, bensì in quanto attaccati dagli astrociti, cellule che normalmente fungono invece da supporto per i motoneuroni.

La ricerca si sta orientando ora verso la ricerca di farmaci che permettano la sopravvivenza dei neuroni, anche se per ora viene svolta in vitro e su cavie. Ma i professori auspicano a breve una possibile somministrazione all’uomo in modo da poter sospendere gli effetti della malattia in vista di una comprensione maggiormente globale.

fonte: Nature Neuroscience

foto by POOR IMPULSE CONTROL

RISCHIO EMULAZIONE DOPO LA STRAGE ALLA VIRGINIA TECH



L’American Psychiatric Association ha chiesto ufficialmente ai mass media di non trasmettere ulteriormente le immagini della strage della Virginia Tech Institute dello scorso 16 Aprile. Il rischio è quello di incorrere in casi di emulazione.


Nell’America ancora sconvolta dalla recente strage alla Virginia Tech Institute ad opera Cho Seung-Hui, il ragazzo che ha assassinato 32 tra studenti e professori e ne ha feriti altri 29, un monito d’attenzione viene lanciato dall’American Psychiatric Association. Pedro Ruiz, presidente APA, attraverso una lettera ha chiesto esplicitamente ai mass media che non siano più trasmesse le immagini riguardanti Cho Seung-Hui.
Il motivo di tale richiesta è quello di evitare episodi di emulazione. Nella lettera si legge: "Riproporre quelle immagini non solo è un atto di insensibilità nei confronti delle famiglie delle vittime, ma soprattutto è una minaccia alla sicurezza pubblica: immagini di quel tipo potrebbero istigare all’emulazione e quindi al suicidio o all’omicidio altre persone mentalmente instabili".


La paura di episodi di emulazione non è infatti immotivata. Nel video in cui lo studente attentatore spiega i motivi del suo insano gesto, è infatti citato il massacro della Columbine in Colorado. Anche in questo caso nell’ aprile del ’99, due studenti, entrarono nella Colombine High School, uccidendo 13 persone e ferendone altre 21, prima di togliersi la vita.
Già nel 2000 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel rapporto "Preventing suicide: a resource for media professionals", esplicitava chiaramente: "glorificare le vittime di suicidio facendole passare per martiri e oggetti di pubblica adulazione può suggerire in soggetti sensibili che la società in cui vivono premia i comportamenti suicidi".

Ruiz, nella lettera ai mess media oltre a citare questo rapporto, riporta lo studio di Gould “Media Contagion and Suicide Among the Young”, pubblicato sulla rivista American Behavioural Scientist. La ricerca era volta ad indagare l’influenza dei media in relazione ad episodi di violenza e suicidio. Secondo gli autori, giornalisti e comunicatori in genere dovrebbero essere preparati in modo adeguato da psicologi o psichiatri su come diffondere notizie di suicidi.

Gli studi sugli effetti dei mass media sono molteplici, così come molti sono gli studi al riguardo. Non si è ancora giunti ad un risultato univoco sulle potenzialità spesso negative dei media. Se da una parte alcuni risultati o avvenimenti fanno pensare che divulgare alcune notizie sia negativo, d’altra parte molti avvenimenti non possono non essere resi pubblici. E’ anche vero che molte volte notizie di tragedie simili sono fonte di speculazione, nonché troppo a lungo sotto i riflettori. Il consiglio di Ruiz, di parlare di alcuni avvenimenti in modo più consapevole e attento, dovrebbe essere preso in considerazione da tutti i giornalisti che trattano questi temi.

Foto memorial day Virginia Tech by Nrbelex

mercoledì 25 aprile 2007

REALTA’ VIRTUALE CONTRO L’OBESITA’

L’Istituto auxologico italiano e l’Università Cattolica di Milano collaborano al progetto “NeuroTiv” per sfruttare le potenzialità della realtà virtuale nei disturbi alimentari. Lo scopo nasce dai risultati di uno studio secondo cui la maggior parte degli obesi mangia a causa dell’ansia. Si cerca così di scindere i due meccanismi grazie agli esperimenti portati avanti da due gruppi di ricerca distinti.

Il primo, condotto dal Giuseppe Riva, prevede l’utilizzo di un tipo differente di realtà virtuale, personalizzata in base al profilo del paziente e non soltanto determinata dalle coordinate spaziali e si concentra sull’obesità. Il secondo, sotto la direzione di Carlo Galimberti, sempre mediante la medesima strumentazione, studia i disturbi d’ansia, in particolare gli attacchi di panico.

Per ora il progetto fornisce risultati incoraggianti e ha già ricevuto il premio ’Laval Award’ in Francia per l’utilizzo della tecnologia nei campi della medicina e della psicologia. Oltre alla realtà virtuale sono poi presenti altre iniziative, come filmati per cellulari e spazi web (è ora attiva l’Isola che non c’è) che permettono di ripetere tecniche e situazioni sperimentate sotto la supervisione del terapeuta.

In seguito la sperimentazione si orienterà verso un utilizzo interrelazionale della realtà virtuale: più soggetti interagiranno sia tra loro, come gruppi di auto-mutuo aiuto, sia sotto la guida di psicologi ed educatori.

Vedi il sito del progetto.

foto by Superbolo

PSICO-FLASH: APPRENDERE GUARDANDO

Oggi a Roma si svolge un incontro sulla realtà virtuale e le metodologie visive per favorire l’apprendimento degli studenti sordi. Il convegno è curato da Isiss, una scuola statale specializzata per non-udenti, in gemellaggio con Ohio School for the Deaf negli USA. Durante tutta la durata dell’incontro i due istituti saranno collegati tra loro.

Lo scopo, in una società sempre più orientata all’immagine e alla visualizzazione, è di sfruttare queste nuove potenzialità per permettere anche a persone con deficit uditivo di interagire e apprendere efficacemente.

Oltre allo specifico per i ragazzi con deficit, si discuterà in generale di realtà virtuale e didattica, in vista di un adeguamento dei programmi e delle modalità di presentazione scolastica in modo da renderli più interattivi, fruibili ed interessanti per gli alunni.
foto by wordscraft's photostream

martedì 24 aprile 2007

PSICOLOGI PER IL MARKETING "MULTICREATIVO"


Il marketing è in crisi e ha bisogno di nuove idee e nuove competenze derivanti da ambiti disciplinari diversi. E’ giunta l’ora del marketing “multicreativo”, dove oltre ai consueti art director e copy writer, partecipano psicologi, antropologi ed esperti di linguaggio.


Il marketing è in crisi. Non riesce più a leggere tra i bisogni delle persone, si è allontanato dalla quotidianità e necessita di una profonda ristrutturazione. Parola di Philip Kotler, padre del marketing, che scrive: “il marketing è in pessima forma” e “I giorni della pubblicità di massa, con i suoi sprechi e la sua invadenza, sono ormai finiti. Molti cambiano canale al momento della pubblicità. Il suo limite più evidente è che si tratta di un monologo”. La sua proposta è quella di sviluppare un nuovo metodo della “Multicreatività” , che prevede la collaborazione tra diverse figure professionali. Copy writer e art director si troveranno così a lavorare fianco a fianco con nuove figure professionali derivanti dagli ambiti della psicologia, dell’antropologia e della semantica


Il Marketing Multicreativo ha la finalità di sviluppare un programma di comunicazione adatto a diversi media. E’ sicuramente una formula molto avanzata, in grado di affrontare in modo completo le nuove frontiere del marketing grazie agli apporti interdisciplinari.
L’effetto sarà anche quello di sviluppare una tecnica pubblicitaria nuova. La pubblicità non è infatti più efficace come una volta. Il marketing multicreativo permetterà così di gestire la complessità della comunicazione, risolvendo gli aspetti emozionali, razionali ed etici.


Fonte: Il Sole 24 Ore


Scheda libro “I dieci peccati capitale del marketing” di Philip Kotler

LA RADIO COME TERAPIA

Per i pazienti psichiatrici lavorare in una radio permette di sentirsi meno soli e di confrontarsi con i disagi altrui. L’idea di un emittente dedicata nasce già negli anni ottanta, ma la svolta viene con la nascita di Radio La Colifata in Argentina nel 1991. E’ proprio questa emittente ad organizzare un incontro per tutte le radio sui generis dal 29 maggio al 2 giugno a Buenos Aires. Di seguito le storie delle esperienze italiane.

Nel 1984 al Centro di igiene mentale dell’ospedale di Trieste nasce Radio Fragola, secondo i ricordi in modo nascosto e con strumenti di fortuna. Adesso si tratta di un’istituzione riconosciuta cui collaborano fianco a fianco pazienti e medici. Le sponsorizzazioni sono poche ma i paienti vengono comunque pagati con borse di lavoro e la radio è in gran parte autofinanziata dagli ascoltatori e dalle famiglie dei pazienti. Non si parla di sola salute menatle ma anche di attualità cittadina.

La trasmissione “Il Pillolone” è uno degli appuntamenti più seguiti, curato dal Dipartimento di Salute mentale. Non a caso infatti un appuntamento analogo si ritrova anche su Rete 180, con il nome “Pillole”.

Rete 180 nasce nel 2003 presso il Centro Psicosociale di Mantova e rimanda con il suo nome alla legge 180 di Basaglia che indicava la chiusura dei manicomi.
Si occupa di tutti i problemi di chi soffre di disagi mentali, in particolar modo mira a favorire una risocializzazione dei pazienti che, persa la sede del manicomio, non sono stati però adeguatamente reintegrati nel circuito sociale. Oltre a trasmissioni specialistiche si occupa, come la radio triestina, di attualità e ha di recente promosso anche un blog, pr potenziare le opportunità di relazione e contatto tra i malati.

Si vede come internet abbia potuto aumentare le possibilità anche per chi un tempo non aveva voce alcuna in capitolo, ed era anzi emarginato dalla società. Allo stesso tempo, a parere dell’autrice, queste esperienze pionieristiche meritano maggiore pubblicità e non devono restare nicchia per i semplici interessati. Si tratta di un’occasione per tutti di riflettere sul tema delle malattie mentali, per eliminare le barriere di diffida ed avvicinarsi a questo mondo con curiosità e rispetto.

Internet, oltre all’ascolto in streaming ha anche permesso la creazione di siti di informazione psichiatrica, come quello legato al Telefono Viola per la segnalazione di abusi e la ricerca di cure alternative e Nopazzia, nato a Roma nel 1999 da ex pazienti psichiatrici. Anche in America si ritrovano esperienze simili, come quella del Mind Freedom International. Senza entrare qui nell’attuale dibattito sulla psichiatria, vista come bestia nera che pare non aver prodotto nulla di buono, questi siti sono importanti per il fatto di essere nati spontaneamente e con la volontà non tanto polemica, quanto di connettere chi si trova in situazioni difficili e non riesce ad essere pienamente capito se non da chi abbia vissuto esperienze simili alle sue. Un peer-to-peer molto originale che potrebbe rivoluzionare la classica idea dei gruppi di auto-mutuo aiuto, grazie anche all’implementazione dell’interattività offerta dal Web 2.0.

Foto by Ross Murray

domenica 22 aprile 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA


Questa settimana ci siamo occupati di…

Internet mille potenzialità ma anche mille rischi! Soprattutto per i bambini che troppo facilmente rischiano di venire adescati on –line.per tutte le volte che i minori utilizzano la rete senza la supervisione di un adulto, nasce un progetto di Unicef e Microsoft, volto ad insegnare un modo corretto per sfruttare le potenzialità del web. Come vantaggio la rete ha però quello di fornire facilmente moltissime informazioni: una ricerca mostra che le persone ricercano informazioni sulla propria salute nei siti internet.


Vivere in un luogo ad alta densità di popolazione come sappiamo è spesso un fattore di stress. Salire su treni affollati, sempre in file per scendere dal tram, condividere il sedile sul pullman è vissuto come un’invasione del proprio spazio personale. Consigliamo a tutti quelli che vivono in condizioni così stressanti, di mantenersi in forma con un’attività fisica regolare, che non solo migliora la linea ma aumenta il benessere mentale.

Due ricerche statunitensi hanno invece tentato di fare luce sui fattori predittivi dello sviluppo dell’ansia sociale in adolescenza.

Infine due notizie curiose:
- Meglio un bacio o un cioccolatino? Il cioccolato vince la sfida con il bacio: attiva più aree cerebrali!
- Il test proiettivo più famoso, il Rorschach, talmente famoso da essere utilizzato in modo divertente per la pubblicità di una famosa catena di fast food
foto by Musa disoccupata

sabato 21 aprile 2007

FATTORI DI RISCHIO DELL'ANSIA SOCIALE



Due ricerche, dell’ Università di Stanford e della Florida State University, hanno identificato fattori di rischio, presenti già in età infantile, possibili predittori dello sviluppo dell’ansia sociale durante l’adolescenza.


La fobia sociale, anche conosciuta come ansia sociale, è un disturbo che prevede paura marcata e persistente relativa a situazioni sociali o prestazionali, che possono implicare una valutazione per il soggetto. Chi soffre di fobia sociale teme di agire inadeguatamente e di mostrare manifestazioni d’ansia. Di fronte ad una situazione prestazionale, attivano una risposta emotiva eccessiva e non adattiva, che li porta a commettere più facilmente errori e a perdere il controllo delle reazioni fisiologiche. Se, infatti, la risposta emotiva di imbarazzo ha una funzione adattiva, poiché aumenta l'attenzione e le capacità prestazionali, quando queste reazioni sono eccessive, possono interferire pesantemente con la vita affettiva delle persone e con il loro rendimento scolastico o lavorativo, spingendole al ritiro e all'isolamento.


Nei bambini si manifesta attraverso pianti, urla, tendenza ad aggrapparsi o nascondersi dietro ai genitori in presenza di estranei in età prescolare, e dopo i sei anni diventano soprattutto problemi di tipo scolastico: questi bambini hanno paura a leggere ad alta voce, a compiere esercizi musicali, a partecipare alle lezioni di educazione fisica o scrivere alla lavagna. Inoltre hanno difficoltà a comunicare con gli altri, soprattutto con gli adulti, tendono a non parlare e spesso è presente un mutismo selettivo. Nell’adolescenza il disturbo implica difficoltà nei rapporti con l’altro sesso e ad intense reazioni emotive, come tachicardia, sudorazione e tremori.
Due ricerche hanno indagato quali sono i fattori presenti in età infantile, maggiormente predittivi dello sviluppo della fobia sociale durante l’adolescenza.


La prima ricerca è stata svolta da Dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali dell'Università di Stanford (California), ed ha coinvolto i genitori di 770 adolescenti. i dati mostrano che la timidezza ha un forte valore predittivo, soprattutto per le bambine. I bambini più a rischio sarebbero quelli più timidi, tendenti al malumore, affetti da malattie croniche. Anche la presenza di un disturbo di panico nei genitori è un fattore predittivo.
L’altra ricerca è stat invece svolta da un team di cinque psicologia della Florida State University di Tallahassee. In questo caso, i dati hanno mostrato una correlazione tra fobia sociale e disturbi del sonno e depressione.

La diagnosi precoce di questo disturbo risulta comunque molto delicata e complessa. Infatti i fattori predittivi evidenziati dalle ricerche prima elencate, nonché i comportamenti che caratterizzano la fobia stessa nell’infanzia e nell’adolescenza, sono comportamenti che fino ad un certo livello possono comunque essere considerati normali. La fobia sociale può inoltre manifestarsi solo per un ristretto periodo dello sviluppo psicologico. Ci sembra dunque che le ricerche abbiano tentato di fare un po’ più chiarezza nel difficile territorio delle diagnosi per l’infanzia, anche se i risultati ottenuti sono da prendere con le dovute cautele.

PSICO_CURIOSITA’: RORSCHACH E LA PUBBLICITA’!


Perdonate la notizia poco ortodossa per il blog, ma si tratta di una pubblicità che ho incontrato e che vale la pena di citare.

Quando Rorschach a suo tempo creò quello che è divenuto il più famoso test proiettivo, di sicuro non immaginava che sarebbe stato usato per scopi pubblicitari. Invece la nuova campagna di Burger King sfrutta proprio il potere evocativo della macchia per reclamizzare i suoi celebri hamburger.

Nel testo della pubblicità si legge:
“Sei matto? Scoprilo con questo test psicologico? Cos’è che vedi?

a) Due volti che guardano in direzioni opposte
b) Una macchia d’inchiostro
c) L’hamburger favorito in Giordania: il Whopper di Burger King”

L’immagine, costituita da una macchia nera frastagliata, può infatti essere interpretata nei tre modi esposti (e in molti altri), mirando ovviamente al terzo di questi.

Al di là dell’uso assolutamente avulso da qualunque reale implicazione sulla salute mentale del fruitore, sicuramente si tratta di un esempio lampante di come la psicologia e i suoi argomenti stiano diventando diffusi nel sentire e nella cultura generale. Chi qualche anno fa avrebbe sentito parlare di Rorschach, a parte gli specialisti?
foto by printzerostudios

venerdì 20 aprile 2007

LA SALUTE NAVIGA SUL WEB


L’istituto d’analisi Millward Brown (in collaborazione con Google) ha condotto una ricerca interpellando 800 navigatori sul tema della salute: è emerso che 3 su 4 di essi ricercano informazioni via internet, e che questa percentuale è elevata soprattutto nei casi di malattie lievi. Il soggetto non va però a discapito della serietà: sono preferiti i siti professionali rispetto ad altri generici.
Di seguito percentuali e casistiche.

La ricerca, diretta da Salvatore Ippolito, è stata condotta su soggetti che hanno ricercato informazioni sulla salute via web nei dodici mesi antecedenti la ricerca; i dati sono stati ottenuti tramite la somministrazione di un questionario on-line.

Internet raggiunge il primo posto di canale informativo tra i media, con una percentuale pari al 66% contro il ridottissimo 25% della televisione. Ai posti successivi, rispettivamente con 54 e 53%si piazzano medici e farmacisti. Segno che comunque la ricerca è guidata da criteri di serietà e correttezza dell’informazione pervenuta. I siti internet che risultano più consultati sono quelli di chiara attendibilità, come pagine di settore o di enti sanitari certificati. Una navigazione fatta dunque con criterio.

La ricerca riguarda due precise aree:il tipo di malattia e la ricerca di farmaci:
Si consulta la rete per problematiche relative all’eccesso di peso o per dolori ricorrenti come mal di testa e mal di schiena. Ben rappresentati anche i malanni di stagione.
Internet aumenta l’efficacia della comunicazione pubblicitaria dei farmaci: chi è stato esposto a tali spot per tre mesi tendeva ad acquistare il prodotto o a ricercarlo via internet. C’è però anche consultazione previa del medico o farmacista; come a dire, tutto sotto controllo.

L’emergere di questi dati fa riflettere a diversi livelli: da un lato emerge che l’utente del web è sempre meno ingenuo e sempre più abile nella ricerca e selezione di informazioni, capacità che i programmi educativi e sanitari devono facilitare e promuovere. Dall’altro lato Internet favorisce una comunicazione e conoscenza migliore dei settori, delle malattie e dei possibili rimedi, diventando strumento non più solo di supporto, ma di promozione di interesse. E finchè c’è prudenza e attenzione alle fonti il processo deve essere favorito grazie alla sua grande capacità di aumento della competenza e dell’empowerment personale.


foto by emmedibi33

ATTIVITA' FISICA E BENESSERE MENTALE



Numerosi studi, riportati in occasione dell’annuale Health and Fitness Summit & Exposition, sostengono che tenersi in allenamento non solo consente di avere una buona forma fisica, ma aumenta il benessere mentale. Gli effetti psicologici positivi dell’attività fisica migliora l’umore, la capacità di gestire lo stress e in alcuni casi aiuta a superare la depressione.


Mantenersi in allenamento, fare attività fisica regolarmente consente di mantenersi in forma. Ma non bisogna pensare che andare in palestra, fare una corsa nel parco permetta esclusivamente di perdere chili e acquisire una buona massa muscolare. I vantaggi per la salute mentale possono essere addirittura più consistenti.


Durante l’annuale Health and Fitness Summit & Exposition, numerosi contributi hanno affermato I bnefici psicologici dell’esercizio fisico. Micheal Brako ha affermato che il benessere mentale ottenuto, rispetto a quello fisico che ci si aspetta di ottenere, è addirittura più importante. L’attività fisica migliorerebbe le capacità di coping, potenzierebbe la memoria a breve termine, ridurrebbe l’ansia ed in alcuni casi permetterebbe di superare la depressione. In generale aumenta le capacità di socializzazione grazie ad una percezione più positiva del proprio aspetto.


L’attività fisica ha dunque un impatto positivo sulla nostra salute, sia fisica, che mentale. Andare in palestra ci fa sentire più vivi ed in molti casi più belli. Tuttavia è meglio non imporsi risultati troppo lontani ed esagerare con l’allenamento, altrimenti si rischia che il nostro piano di allenamento ci si ritorca contro!

Se vuoi leggere l’articolo originale (in inglese) “Simple steps to better mental fitness”
foto by duxlibra

giovedì 19 aprile 2007

BISOGNO DI SPAZIO

Uno studio condotto presso la Cornell University da Gary Evans mostra che le persone vivono male le invasioni del proprio spazio prossemico, soprattutto se protratte a lungo, come nel caso delle tratte tranviarie giornaliere. La ricerca conferma i già noti risultati sul peri-personal space e aggiunge accorgimenti e suggerimenti ai progettisti dei mezzi di trasporto.

Attorno al nostro corpo si estende uno spazio invisibile, determinato dall’ampiezza dei movimenti che possiamo compiere mediante l’estensione dei nostri arti; tale spazio fa parte di noi al pari del nostro corpo ed elicita massimamente le nostre reazioni, e le nostre difese, nel caso in cui venga invaso. Solitamente è quello spazio che permettiamo di attraversare soltanto alle persone più care e di cui ci fidiamo maggiormente. Purtroppo l’affollamento odierno fa sì che spesso ci si trovi in situazioni “ristrette”, se non addirittura di contatto con perfetti sconosciuti.

La ricerca è stata condotta studiando 139 passeggeri di un’affollata tratta ferroviaria ( da New Jersey a Manhattan), in una situazione quanto mai ecologica.
L’ipotesi era di verificare come umore e stress dei pendolari venissero modificati in base alla vicinanza prossemica e all’affollamento.

Contrariamente alle ipotesi soltanto la vicinanza prossemica è risultata significative: il fatto che il numero di persone sia superiore al numero di posti disponibili, e ci sia quindi affollamento, non è di per sé sufficiente. Serve che ci sia invasione del proprio spazio, intesa qui come numero di persone intorno al soggetto. Se questa condizione si verifica si modificano tutti e tre i parametri considerati: stress, umore (aumento del cortisolo), concentrazione (decremento dell’attenzione autoriferita).

Ecco perché, conclude Evans, non è tanto la dimensione dello spazio la variabile fondamentale della progettazione, quanto il modo in cui le persone tendono a disporsi in base ai vincoli strutturali della vettura/vagone. Creando aree più ristrette (ad esempio due posti e non tre per fila) e aumentando le barriere tra le persone il soggetto si sente meno “oppresso” e riesce a sopportare meglio anche situazioni affollate. Certo costruire spazi del genere non è sempre possibile, come ben sa chi , purtroppo, si trova ogni giorno in mezzo al “traffico umano” dei pendolari.

Se desideri consultare l’articolo originale clicca qui.

foto by Kay84

martedì 17 aprile 2007

PSICO_FLASH: UNICEF E MICROSOFT VERSO I BAMBINI

Molti bambini hanno oggi ha disposizione un computer e la possibilità di navigare, molti meno vengono supervisionati da un adulto mentre lo fanno, né hanno a disposizione dei filtri studiati appositamente. La conseguenza è che sono numerosi i casi nei quali i bambini vengono adescati via internet.

Nasce per questo un progetto di Unicef e Microsoft, in collaborazione con la Polizia di Stato e la Polizia Postale, rivolto a scuole e genitori. Lo scopo è insegnare ad utilizzare in modo corretto e sicuro il web, restando alla larga da siti pericolosi o comunque inadatti. Da un lato la formazione è offerta ai bambini, i diretti interessati, tramite giochi; dall’altra però è soprattutto rivolta a genitori ed insegnanti, cui spetta il difficile compito di selezionare i materiali adatti.

Accanto si pongono poi proposte e soluzioni maggiormente ”commerciali” costituite dall’installazione di filtri ad hoc. Dal punto di vista dell’autrice sono sì necessari, per garantire ai minori una possibilità ulteriore in assenza delle figure parentali, ma non potranno mai sostituire la cura attenta e le spiegazioni di un adulto. Anche perché è giusto preservare i giovani, ma sarebbe sbagliato illuderli del fatto che certe cose semplicemente non esistono.

Sono 1000 le scuole di livello secondario coinvolte, ma per tutti sono a disposizione materiali ed informazioni all’indirizzo www.apprendereinrete.it
Il progetto prevede sia lezioni in aula che incontri on line e si protenderà fino alla fine dell’anno scolastico.

foto by bastet

GLI EFFETTI DEL CIOCCOLATO

foto by Tasumi1968


Effetti prodigiosi del cioccolato sull’attività cerebrale e cardiaca. Un piccolo studio coordinato dallo psicologo David Lewis ha messo a confronto gli effetti prodotti da un bacio e da un cioccolatino. Mangiare un irresistibile pezzo di cioccolato fondente sarebbe ben quattro volte più eccitante che baciare appassionatamente il proprio partner.


Delle proprietà attivanti e piacevoli procurate da un cioccolatino, si è a lungo parlato. Al suo dolce gusto ben pochi sanno resistere e viene spesso associato all’amore e alla passione. Ma secondo la ricerca da poco portata a termine dal neuropsicologo David Lewis, il cioccolato ha proprietà ben superiori. Infatti, secondo le misurazioni ottenute, nemmeno un appassionato bacio può competere con la stimolazione a cui è sottoposto il cervello nel momento in cui si assapora un pezzo di cioccolato. Mangiare un pezzo di cioccolato fondente sarebbe ben più eccitante che baciare il proprio partner, e per un tempo quattro volte più lungo.


La ricerca è stata svolta dalla piccola compagnia di ricerca The Mind Lab, fondata dallo stesso Lewis, ed ha coinvolto alcune coppie di ventenni. I soggetti venivano monitorati mentre assaporavano lentamente un cioccolatino fondente e mentre baciavano il proprio compagno. Contemporaneamente venivano registrati alcuni parametri fisiologici: attività cardiaca e cerebrale.
I dati raccolti mostrano una forte accelerazione del battito cardiaco: le pulsazioni possono passare da 60 battiti al minuto a 140 dopo l’assunzione del cioccolato. Inoltre a livello cerebrale, nell’istante in cui il cioccolato si scioglie sulla lingua, tutte le regioni del cervello ricevevano uno stimolo più intenso e duraturo rispetto a quello registrato al momento del bacio.


In parte i risultati ottenuti erano prevedibili poiché il cioccolato contiene feniletilammina, una sostanza che fa aumentare nel cervello i livelli di endorfine, le sostanze che provocano la sensazione di piacere. Inoltre contiene caffeina, che ha un risaputo effetto stimolante. "Questi risultati ci hanno davvero sorpreso e intrigato - ha confermato David Lewis - avevamo previsto che il cioccolato, specie quello amaro, potesse far aumentare il ritmo cardiaco, dato che contiene sostanze fortemente stimolanti, ma la durata di questo innalzamento e l'intensita' dei suoi effetti sono qualcosa che nessuno di noi aveva previsto". Questi risultati spiegherebbero in parte la capacità del cioccolato di sviluppare quasi “dipendenza”.


In realtà la ricerca non è del tutto convincente. Innanzitutto per gli evidenti limiti metodologici della ricerca. Infatti baciare qualcuno in una situazione di laboratorio è sicuramente molto diverso che in una situazione di vita quotidiana!


Se vuoi leggere la notizia originale riportata dalla BBC

domenica 15 aprile 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA


In questa settimana siamo tornate a parlare di psicologia dell’economia, grazie ad una ricerca condotta dal professor Tobler sul valore del denaro. L’esperimento da lui condotto mostra infatti come una medesima quantità di denaro attiva in modo differente l’area cerebrale deputata alle ricompense tra soggetti ricchi e poveri.

Le nuove tecnologie segnalano tassi di penetrazione sempre più alti nelle abitudini degli italiani, e sono le donne che prossimamente copriranno la massima parte di questo mercato. Una ricerca svela come rispetto agli uomini siano maggiormente interessate alle possibilità di comunicazione interpersonale offerte dalla rete, come blog e social-network. Maggiore la presenza maschile invece nel video-sharing.

Inoltre è sempre più allarme giovani, due importanti studi lo hanno segnalato:



  • La preoccupazione per i videogiochi cresce nuovamente: da una ricerca condotta dallo psicologo Fischer emerge come i simulatori di guida inducano le persone a compiere un maggior numero di infrazioni stradali e ad utilizzare uno stile di guida più aggressivo. Anche agli irriducibili adulti videogioco addicted conviene stare all’occhio!

  • l’ISTAT denuncia invece l’aumento di consumo di alcolici tra gli adolescenti: dagli 11 ai 17 anni sono infatti aumentate le percentuali dei giovani bevitori, così come aumenta la partecipazione femminile e la diffusione di comportamenti altamente dannosi come il “binge drinking”.

Infine vi abbiamo segnalato un’importante rassegna che ripercorre diagnosi e scoperte sull’autismo dai primi passi fino agli studi più recenti.

foto by boadiceafairy

venerdì 13 aprile 2007

DONNE ON-LINE


Una ricerca statunitense pubblicata da eMarketer e condotta da Debra Aho Williamson ha identificato differenze nell’utilizzo di internet in base al genere. Se gli uomini sono particolarmente interessati ai video on-line, le donne preferiscono strumenti comunicativi come blog e social network.


La presenza femminile on-line è sempre in aumento, tendenza confermata dal recente rapporto della Reuters “Women on-line”, basata sulla ricerca statunitense condotta da Debra Aho Williamson. Secondo le proiezioni la presenza femminile per il 2007 sarà di 97 milioni di donne, contro i 91 milioni di uomini. Ma al di là di differenze numeriche, uomini e donne si distinguono anche per la fruizione di contenuti.


Le donne utilizzano internet per lo più per il social network, per comunicare con altre persone attraverso blog e chat, mentre dimostrano scarso interesse per i contenuti video. Infatti se il 78% degli uomini è interessato a video on-line, solo il 66 per cento delle donne ha dimostrato interesse per servizi di questo genere nel passato 2006. I dati sono confermati anche da YouTube, che annovera un pubblico prevalentemente maschile, e non è ancora riuscito granchè a conquistare il pubblico femminile.


I dati stupiscono in quanto sono per lo più le donne a costituire il pubblico televisivo, massmedia che evidentemente continua ad essere preferito. Oltre al fatto che la rete non ha ancora raggiunto una penetrazione totale, sembra emergere soprattutto ce le donne si collegano alla rete con fini precisi.


Tuttavia il divario dovrebbe via via assottigliarsi nei prossimi anni. Le previsioni indicano infatti che nel 2011, le percentuali si avvicineranno sempre più e si aggireranno intorno all’84,6% delle donne che utilizzano internet ed l’88,8% degli uomini. La motivazione alla base di tali previsioni è il ricambio generazionale, poiché attualmente tra gli adolescenti maschi e femmine utilizzano YouTube in percentuali simili.


Ricordiamo infine che i dati si riferiscono ad una ricerca statunitense, e che non sappiamo quale sia la situazione italiana. Nel mio caso, confermo pienamente la tendenza, dato che ben poche volte mi sono servita di YouTube!
foto by countrygal845

PSICO-FLASH: RASSEGNA SULL'AUTISMO


Il numero di aprile degli Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine è dedicato ad una rassegna monografica sull’autismo. Gli articoli ripercorrono la storia degli studi sull’autismo, da quando era ancora pressoché sconosciuto e definito come ‘psicosi infantile’, all’attuale collocazione nel DSM-IV.
E’ dedicato anche ampio spazio ai contributi offerti dalle famiglie dei bambini artistici, che non si sono arrese di fronte alle difficoltà e a trattamenti approssimativi.
Inoltre sono stati raccolti anche dati epidemiologici relativi al disturbo e alla possibile correlazione tra l’età dei genitori ed il rischio di sviluppare tale malattia.


Foto by smithereen11

giovedì 12 aprile 2007

DATI ISTAT SUL CONSUMO DI ALCOLICI TRA GLI ADOLESCENTI


Ricerca Istat divulga dati allarmanti sul consumo di alcolici tra i giovanissimi. Già a 11 anni devono i primi alcolici e preferiscono birra, superalcolici e amari.


L’aumento di consumo di alcolici tra i teenager è una tendenza che fa già preoccupare da qualche anno. Anche i più recenti dati raccolti dall’Istat, presentata oggi al workshop sull’Alchohol Prevention Day presso l’Istituto Superiore di sanità, mostrano percentuali elevate.
Infatti quasi un quinto degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni consuma già alcolici. Gli alcolici preferiti sono birra, superalcolici e amari. Anche il vino viene consumato sebbene in misura minore, e lontano dai pasti. “I giovani si discostano fortemente dalla tradizione mediterranea – spiega linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat – che premia il vino durante i pasti.Loro tendono a consumare alcolici fuori pasto, spesso con l’obiettivo di sballarsi”.


Per quanto riguarda le differenze di genere, sembrano assottigliarsi nel consumo di alcolici nella fascia d’età esaminata. Infatti, se generalmente le donne esagerano meno nel consumo di alcol, tra i teenager anche le ragazze non si tirano in dietro quando c’è da ‘alzare il gomito’. I ragazzi tuttavia primeggiano nel “binge drinking”, ovvero nel bere uno dopo l’altro bicchieri di super alcolici, per arrivare più velocemente allo ‘sballo’.
Inoltre lo studio evidenzia come la tendenza sia quella di consumare alcolici lontano dia pasti. La percentuale di ragazzi tra i 14 e i 17 anni che consuma alcolici lontano dai pasti è oggi del 20,5%, mentre nel 1998 del 12,6%, con una crescita maggiore tra le ragazze che sono passate dal 9,7% al 16,8%.


La ricerca dovrebbe portare ad una riflessione più approfondita sui mezzi di prevenzione. Infatti il solo divieto di vendere alcolici ai minori di 16 anni non è sufficiente, poiché i giovanissimi attingono a bottiglie riposte nel frigorifero o nella cantina di casa. La prevenzione dev’essere dunque pensata attentamente, e dev’essere inserita già nella scuola media superiore.
foto by hereiskaty

I SIMULATORI DI GUIDA AUMENTANO IL RISCHIO DI INCIDENTI


Una recente pubblicazione sul “Journal of experimental Psychology” mette in guardia sui potenziali rischi associati ad un frequente utilizzo di videogiochi simulatori di guida. E’ stato osservato infatti che i simulatori di guida non aiutino a guidare meglio, ma al contrario possono essere considerati fonte di rischio per le persone, che attuano una guida meno prudente ed incorrono in un maggior numero di incidenti.


I simulatori di guida sono pericolosi. Non solo non migliorano le capacità nella guida, ma sottopongono i soggetti ad un rischio maggiore. Sembra infatti che dopo aver passato del tempo a giocare con la propria consolle, i soggetti mettano in atto uno stile di guida più aggressivo e che il numero di incidenti sia più elevato.
Queste sono le conclusioni alle quali è giunto il ricercatore tedesco Peter Fischer, che ha condotto uno studio sugli effetti dei simultari di guida presso l’Università Luddwig-Maximilians di Monaco, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Experimental Psychology”.


La ricerca è stata condotta su di un campione di 198 uomini e 92 donne, di età compresa tra i 16 e i 45 anni, a cui sono state poste domande rispetto al loro comportamento in strada e sul tempo dedicato ai videogiochi di guida.
Dall’analisi delle risposte è emersa una correlazione significativa tra giochi di guida ed un comportamento più aggressivo nella vita reale. In particolare è emersa una correlazione più forte per quanto riguarda gli uomini.


La ricerca tedesca è supportata anche dai risultati di un’indagine effettuata dalla BSM (Brithis School of Motoring). I risultati, ottenuti su di un campione di 1000 soggetti, mostrano che il 27% dei guidatori sotto i 24 anni di età ha ammesso di guidare in modo più aggressivo, correndo più rischi, dopo una sessione di gioco. “Dobbiamo far arrivare il messaggio ai giovani – dichiara Robin Cummin, consulente della BSM - e avvertirli dei pericoli che corrono utilizzando questi giochi e d come essi possano influenzare situazioni di vita reale. Ogni gioco dovrebbe avere un messaggio pop-up su schermo che avverta di questi potenziali rischi”.

Naturalmente la polemica tra i sostenitori dei videogame e i detrattori non si conclude qui. I sempre numerosi studi sugli effetti dei videogiochi sembrano sostenere una volta una, una volta l’altra posizione. Gli studi qui presentati sono solo alcuni dei più recenti risultati, anche se i dati ottenuti sono di carattere correlazionale e talvolta ci sembrano essere un po’ forzati.

Se vuoi leggere una descrizione più completa dello studi clicca qui (in inglese)

Sei interessato a leggere posizioni che sostengono l’uso di videogiochi simulatori di guida? Clicca qui

Altri articoli sugli effetti dei videogiochi


foto by amusings

martedì 10 aprile 2007

SOLDI E VALORE


Il valore del denaro varia in base alla disponibilità economica delle persone. Il cervello delle persone ricche e' meno sensibile e stimolato dai piccoli premi di denaro rispetto a quanto succede in quello di chi e' povero.

I soldi hanno lo stesso valore per tutti? La psicologia ingenua dice di no. I ricchi danno meno importanza a spendere o guadagnare piccole somme di denaro, mentre chi deve fare i conti con bollette e conti in rosso pone più attenzione nello spendere i propri soldi. Ma oltre a ciò che è comunemente condiviso, una ricerca ha evidenziato una diversa attivazione cerebrale in soggetti con notevoli entrate da soggetti “più poveri”.
E’ la conclusione a cui è giunto il team di ricercatori di Philippe Tobler, che di fatto conferma la teoria dell’utilità marginale, secondo cui le persone danno minor valore alla stessa quantità di denaro una volta diventati ricchi. La ricerca è stata condotta presso l’Università di Cambridge e recentemente pubblicata sulla rivista scientifica “Neuron”.


La ricerca ha coinvolto due gruppi di studenti. Ai soggetti venivano mostrate su di un computer delle immagini astratte (cerchi, rettangoli) e immagini di monete da 20 pence (circa o,20 centesimi di euro). Tra queste immagini tre erano immagini chiare e ben riconoscibili della moneta, mentre altre volte la moneta veniva presentata in modo confuso e poco riconoscibile insieme ad altre immagini astratte. I soggetti erano invitati a premere un bottone ogni qualvolta riconoscevano la moneta, e nel caso di un corretto riconoscimento avrebbero guadagnato 20 pence. Durante tutta la prova, l’attività cerebrale era monitorata attraverso la risonanza magnetica.


I dati evidenziano una più intensa attivazione cerebrale nello striatum, il “centro-premi” del cervello, negli studenti più poveri, non appena riconoscevano immagini che potevano procurargli la ricompensa. Gli studenti più ricchi invece ci mettevano più tempo a compiere associazioni corrette.
Inoltre la ricerca evidenzia una differenza significativa sulla sicurezza delle risposte nei due gruppi di soggetti. Chi era senza soldi e con pochi guadagni rispondeva in modo più sicuro nell’indovinare le immagini e incorreva in meno errori dopo un piccolino numero di tentativi.


''Le immagini cerebrali e i test comportamentali - spiega Tobler - supportano la vecchia teoria economica dell'utilita' marginale, secondo cui il valore soggettivo dei guadagni finanziari decresce con l'aumento delle risorse della persona. Un dollaro vale meno per un milionario rispetto a uno che ha solo 100 dollari in banca''.


Per vedere l’articolo originale clicca qui


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foto by sierradelta74

SOMMARIO DELLA SETTIMANA


Questa settimana ci siamo occupati più volte di innovativi studi in ambito delle neuroscienze. Le nuove tecnologie aprono di continuo nuove strade di ricerca. E’ stato messo a punto un nuovo e più preciso test per diagnosticare l’aprassia, malattia derivante dalla lesione dell’emisfero sinistro. Una nuova metodologia , che sia avvale dell’utilizzo simultaneo di EEG, MRI e fMRI consente di visualizzare un “film” del cervello. Infine nuovi studi sul cervello hanno evidenziato che sognare ad occhi aperti è la condizione base del nostro cervello.
Vi abbiamo inoltre informato dell’inaugurazione del nuovo corso di formazione di “Strumenti di analisi per la Neuropsicologia cognitiva” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.


Ci siamo occupati anche...

...di depressione, per la creazione del nuovo progetto IDOLO e per i nuovi farmaci dagli effetti
prodigiosi prodotti in Canada.

... del nuovo libro sul mestiere del padre, figura genitoriale analizzata più approfonditamente e da un nuovo punto di vista

... dii memoria: farmaci per cancellare i ricordi sgradevoli.

... di comunicazione: l’importanza della cooperazione e coordinamento.
foto by yellowrubberduck

giovedì 5 aprile 2007

PSICO-FLASH: DEPRESSIONE SOTTO CONTROLLO

In seguito ai dati allarmanti sulla diffusione dell’uso di farmaci e di cure antidepressive raccolte nello scorso anno, la Società Italiana di Farmacologia promuove da questo mese un progetto dal nome IDOLO. Si tratta di un questionario diffuso gratuitamente che permette di valutare il proprio livello rispetto al male di vivere più diffuso dei nostri giorni. L’identificazione del dolore appunto è uno dei passi più importanti per diagnosticare la presenza di un disturbo depressivo. Per tutti coloro che fossero interessati il questionario può essere richiesto presso il proprio medico di base.

Vedi anche tutti gli articoli correlati.

Foto by metaphotos

mercoledì 4 aprile 2007

PSICO-FLASH: CORSO DI FORMAZIONE IN “STRUMENTI DI ANALISI PER LA NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA”

L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano inaugura un corso di formazione riguardo alla neuropsicologia, sia sul versante teorico che su quello delle applicazioni cliniche e cognitive. Sono previsti anche momenti di approfondimento sui principali strumenti di rilevazione.
È rivolto a laureati/laureandi in Psicologia e Scienze della Formazione, nonché a lauree affini ( a discrezione della commissione).
Il corso si articolerà nei week-end dal 18 maggio al 29 giugno.
Per maggiori informazioni è possibile consultare direttamente il sito. O telefonare al numero 02.7234.5706.
Foto by geccorulez

SOGNARE AD OCCHI APERTI


Il sonno non è l’unico momento adatto per sognare. Il cervello ogni qualvolta non è impegnato in ragionamenti, si abbandona a sogni ad occhi aperti, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Science.


Sognare ad occhi aperti, lasciarsi andare a immagini e voci irreali, non è una questione di frivolezza. La “revêrie”, ossia questa condizione base del nostro cervello, ha un’importante funzione, che viene abbandonata solo nel momento in cui è richiesta attenzione. E’ quanto sostengono alcuni ricercatori dell’Harvard Medical School (Cambridge, Massachussetts), in un articolo pubblicato sulla rivista Science.


Attraverso l’utilizzo della fMRI, la risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno osservato che la revêrie coinvolge aree della corteccia cerebrale a metà tra i lobi frontali e parietali.
L’effettiva funzione di questi sogni ad occhi aperti non è ancora del tutto chiara. Potrebbero infatti dare coerenza al vissuto individuale, legando esperienze passate, presenti e future. Un’ipotesi alternativa, prevede che la revêrie abbia la funzione di mantenere al minimo l’attività cerebrale, in attesa di compiti più impegnativi.

Le ricerche qui riassunte, aprono un nuovo campo di indagine. Tuttavia non si è ancora giunti a definire delle ipotesi chiare sulla funzione dei sogni ad occhi aperti.
foto by elrentaplats

IL "FILM" DEL CERVELLO


Una nuova tecnologia che consente di andare oltre la risonanza magnetica, componendo un “film” dei processi cerebrali. E’ quanto è stato messo a punto grazie alla collaborazione tra l’Università californiana di San Diego e la Fondazione Santa Lucia di Roma.


La risonanza magnetica e la risonanza magnetica funzionale sono molto utili, ma presentano un grosso limite: le immagini delle attività cerebrali sono statiche. Associando i rultati della MRI (risonanza magnetica) e della fMRI (risonanza magnetica funzionale) alle onde elettriche cerebrali dell’elettroencefalogramma (EEG), è possibile seguire lo sviluppo spazio-temporale dei processi mentali. Vedere il “film” delle attività cerebrali è l’incredibile traguardo raggiunto da Francesco Di Russo, ricercatore, psico-fisiologo e docente di Psicologia dello Sport, che ha diretto la ricerca in collaborazione con i laboratori di Neuropsicologia e di Neuroimmagini Funzionali della Fondazione Santa Lucia e di Psicofisiologia dello IUSM. Infine l’assemblaggio del lungo lavoro è stato svolto dall’Università di San Diego.


La ricerca, a cui è stata dedicata la copertina della rivista Human Brain Mapping, ha coinvolto 24 soggetti sani, che sono stati sottoposti a EEG ad alta risoluzione, MRI e fMRI. Questi strumenti hanno permesso di analizzare il percorso spazio-temporale dell’informazione visiva, identificando le aree visive e la posizione delle risposte cerebrali.


Lo sviluppo di questa nuova metodologia apre nuovi orizzonti di ricerca: è possibile indagare il flusso delle funzioni cerebrali tenendo conto contemporaneamente delle due dimensioni fondamentali di spazio e tempo. Lo strumento potrà essere utilizzato per la diagnosi di malattie più o meno gravi, dall’epilessia all’emicranea, nonché l’analisi di persone sane. Inoltre il suo principale vantaggio è quello di non essere invasivo, soppiantando le tecniche che prevedevano l’inserimento chirurgico di sonde.
Infine ci sembra importante sottolineare la fruttuosa collaborazione tra figure professionali molto diverse tra loro, come fa notare lo stesso Di Russo : “Lo mostra che integrando le conoscenze provenienti da diversi metodi di ricerca è possibile superare i limiti di ognuno di essi”.
foto by johnnyalive

martedì 3 aprile 2007

NUOVO TEST PER DIAGNOSTICARE L’APRASSIA

La rivista Brain ha pubblicato uno studio condotto da Raffaella Rumiati su di una nuova modalità di diagnosticare l’aprassia. Si tratterebbe di una versione più accurata del comune test di De Renzi, rispetto al quale permetterebbe un’imitazione più complessa, a due vie.

L’aprassia deriva da una lesione dell’emisfero sinistro che impedisce, a chi ne sia colpito, di ricordare sequenze motorie elementari acquisite con l’esperienza. Anche i gesti più comuni, che normalmente compiamo in automatico, richiedono loro impegno cognitivo alto e attenzione costante.

Il test che tradizionalmente si usa perla diagnosi è stato creato da De Renzi nel 1980 e prevede la somministrazione di 24 gesti che si chiede al paziente di riprodurre.
Nel test proposto invece da Raffaella Rumiati, neuroscienziata cognitiva, la metodologia di somministrazione è la stessa, così come la richiesta di imitazione, ma c’è una selezione dei gesti da proporre sulla base di due differenti vie di elaborazione cerebrale.

L’imitazione può avvenire infatti in modo automatico, come ripetizione pura del gesto, o in modo consapevole, come recupero di informazioni immagazzinate in memoria sotto forma di script. Rumiati parla nel primo caso di via diretta, impiegata nelle azioni nuove, mentre nel secondo di via semantica, in quanto richiede il riferimento alla memoria semantica, appunto, ed è invece usata per le azioni note e routinarie.

Proponendo gesti dell’uno e dell’altro tipo possibile vedere se la lesione riguardi entrambe le modalità o soltanto una, mentre con il test tradizionale si tendeva ad elicitare esclusivamente una modalità di risposta di tipo diretta, rischiando di sovrastimare i danni.

Si tratta, a parere dell’autrice, di una ricerca molto interessante che mostra chiaramente come anche nelle situazioni note sia sempre possibile progredire verso il meglio. Il bello della scienza è di essere in continua evoluzione e, laddove questa vada a favore della cura, non si può che rallegrarsene.

foto by ..Mari..

PSICO-FLASH: FARMACI ANTIDEPRESSIVI

Una ricerca condotta dal Centro Ospedaliero Pierre Legardeur di Montreal in Canada permette di curare la depressione resistente al trattamento in modo nuovo, grazie al confronto tra due diversi farmaci.

Il campione era costituito da 20 pazienti affetti da depressione maggiore, non risolta a seguito della somministrazione di un antidepressivo alla dose massima per 4 settimane consecutive. Metà di essi veniva trattato con Litio, mentre l’altra metà con Quetiapina.

La depressione è migliorata in entrambi i gruppi, ma dopo due settimane si è avuto un miglioramento significativamente superiore nei pazienti trattati con Quetiapina. Nello specifico dal quindicesimo giorno si sono osservati miglioramenti sulla scala HAM-D, mentre dal ventottesimo sulla scala MADRS.

Fonte Xagena
foto by carpi-bec

lunedì 2 aprile 2007

IL MESTIERE DEL PADRE


Sulla figura del padre sono state scritte centinaia di pagine in ambito psicoanalitico. Ora un nuovo saggio, “La paura di essere padre” indaga le dinamiche della paternità da un nuovo punto di vista, quello interno del padre.


La psicoanalisi fonda molte delle sue teorie sulla figura paterna, sul ruolo che gioca nelle dinamiche affettivo-emotive e nello sviluppo del bambino. Tuttavia, nonostante il grande peso che gli viene attribuito, le dinamiche interne che si sviluppano nel neo-papà sono state poco indagate.
Il punto di vista interno, le paure e le angoscie dei padri sono state analizzate e descritte dalla psicologa Luciana Pisciottano Manara nel saggio di recente pubblicazione “La paura di essere padre” (Edizioni Magi).


Il saggio parte dalla considerazione che la psicoanalisi ha di fatto dedicato alla paternità poco spazio, nonostante il fatto che si tratti di un ambito particolarmente problematico. Nell’introduzione la Pisciottano Manara spiega : "E’ vero che tutta quella scienza che va sotto il nome di psicoanalisi classica e' praticamente fondata sul padre, ma e' vero anche che la paternita' e' stata poco studiata dall'interno. Anche il futuro padre si ritrova in uno stato particolare che riattiva fantasie inconsce molto forti e drammatiche''. Il saggio sottolinea tutte quelle domande angoscianti che un padre pone a se stesso: Che scelte devo fare per mio figlio? E se sono sbagliate? Che ruolo ho nella sua educazione? Meglio remissivi o inflessibili? Tutte queste domanda possono risultare laceranti per il neo-papà, incerto e pauroso per i compiti del nuovo ruolo.


Il libro sembra essere una revisione e nello stesso tempo un completamento di teorie psicoanalitiche ormai datate. In particolare è interessante per il fatto che il ruolo paterno è rivisto nei termini del Terzo Millennio, dove l’idea del pater familias tiranno, spesso descritto nei trattati psicoanalitici precedenti, è ormai superata.



Se vuoi leggere la recensione del libro clicca qui



Altri articoli sulla figura paterna: "Anche i padri soffrono di depressione post-partum"

CANCELLARE I RICORDI SGRADEVOLI: ORA SI PUO’

L’equipè del Centro per le Scienze Neurologiche di new York, guidata da Joseph LeDoux, sta studiando la possibilità di cancellare i ricordi sgradevoli dalla memoria grazie all’impiego di un farmaco. Per ora la ricerca è in fase di sperimentazione, ma già tra breve sarà possibile effettuare i primi test sull’uomo. Etica permettendo.

L’impianto metodologico della ricerca prevede due differenti fasi: nella prima si attua un condizionamento su dei topi, inducendoli a temere due suoni cui vengono associate scosse elettriche. Gli stessi suoni, in seguito ad apprendimento, finiscono per provocare timore di per sé, anche in assenza di stimolazione elettrica.

Nella seconda fase i topi vengono divisi in due gruppi: a quello sperimentale viene somministrato il farmaco, mentre quello di controllo non riceve trattamento alcuno. Riesposti ai due stimoli paurosi i due gruppi si comportano in modo significativamente diverso: i topi sotto trattamento farmacologico non “ricordano” più la paura passata e non temono i suoni uditi.

Il farmaco somministrato è l'U0126, già noto per provocare amnesia. Nello specifico la sostanza andrebbe ad interferire sul trasferimento dei dati dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, impedendo il consolidarsi del ricordo.

Tale terapia farmacologia sarebbe adatta ai casi in cui un ricordo doloroso condizioni talmente tanto la vita di una persona tanto da impedirle di viverle normalmente, come in chi abbia subito abusi o sia stato vittima di incidenti traumatici o terrorismo. Rispetto alla psicoterapia ha dalla sua i vantaggi della semplicità, brevità, efficacia (anche se ancora da dimostrarsi).

Tuttavia le barriere sono molte. A partire dai rischi sulla salute, a quelli sull’equilibrio psico-fisico. Noi siamo la nostra storia ed esistiamo in quanto unici detentori e amministratori del nostro patrimonio personale. Se perdiamo le redini di noi stesi rischiamo di perdere la nostra identità. Non solo, cosa ci assicura che il ricordo venga effettivamente cancellato e non rimosso per agire in modo ancora più forte e difficile da curare, rispetto a prima?
Cosa assicura che il farmaco sia in grado di cancellare selettivamente solo le esperienze negative e non intacchi invece i nostri ricordi piacevoli, o peggio ancora la nostra capacità di memorizzazione tutta?

Las aura è un meccanismo di sopravvivenza innato e conservato nell’evoluzione della specie, farne a meno proprio ora è il passo giusto?
Non voglio inoltrarmi a parlare di etica, il cui discorso sarebbe infinito, ma credo che bastino le preoccupazioni più”materiali” esposte innanzi a spingerci a fare molta attenzione. Con la memoria, non si scherza.

Per saperne di più, consulta anche altri studi sulla memoria.


Vedi la modificazione dei ricordi a causa della realtà virtuale.
foto by AnTOn10

PSICO-FLASH:COOPERAZIONE E INTERATTIVITA’ MIGLIORANO LE PRESTAZIONI

La psicologia, soprattutto il versante cognitivo, ma da anni ormai anche la clinica, si è arresa di fronte all’onnipotenza dello psicologo super-partes e ha realizzato che soltanto la collaborazione e la bidirezionalità del rapporto col paziente sono alla base della guarigione. Questo tanto più quando si parla di comunicazione: abbandonata la teoria matematica, si è d’accordo in gradi diversi che ci sia scambio, cooperazione e coordinamento tra i partner conversazionali.

Tale scambio ovviamente comprende anche il versante della creatività, che molte aziende, soprattutto nel campo tecnologico, mirano a sfruttare a proprio favore. Ecco allora che il consumatore o paziente che sia non si omologa più all’offerta disponibile, ma crea insieme al fornitore di servizi, che sia lo psicologo o l’azienda, un qualcosa di personale. Forse si dovrebbe parlare di un nuovo valore aggiunto e non basterebbero più e distinzioni sociologiche alla Marx, ma questo è un altro discorso.

Ciò che conta è che la società si sta accorgendo di questa modificazione, purtroppo a volte con ritardo, come sottolinea un articolo apparso su Repubblica. Ecco che le aziende, al di là di quelle impegnate in prima persona nei nuovi media e communication resources, ancora dimenticano il potenziale creativo dei loro utenti.

La psicologia, che da tempo è giunta a questa consapevolezza, può invece fornire quella capacità in più per sfruttare al meglio le potenzialità a disposizione. Per questo ci sia augura presto una disposizione dell’Ordine degli psicologi al merito, e una riconoscimento di tale ruolo anche alla Psicologia della comunicazione.

foto by Lessio

domenica 1 aprile 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA

La Psicologia ambientale nell’ultimo decennio ha visto di molto ampliate le proprie competenze in diversi ambiti, come dimostra una ricerca recente condotta sugli ambienti lavorativi, in particolar modo sull’ambientazione degli open-space. Facilitano collaborazione e diffusione di idee ma sono anche perniciosi luoghi che aumentano stress e ansie.

Niente di strano se anche le nuove ricerche neurobiologiche dimostrano che l’amore e l’attrazione tra le persone sono sì regolati da specifici trasmettitori, ma che questi agiscano così in sintonia da formare addirittura un neurotrasmettitore amore è sicuramente una novità.

Anche il nostro modo di percepire il tempo viene sempre più studiato, non solo i ritmi circadiani di cui avevamo già parlato in passato, ma anche orologi specifici e diversi contribuiscono alla rappresentazione del tempo. Una sorta di mappa dei fusi cerebrali guida infatti la nostra percezione delle durate degli eventi.

Una proteina invece avrebbe la possibilità di mantenere attivo il cervello anche in età avanzate, bloccando l’azione dannosa del colesterolo. È quanto emerge da una ricerca sugli ultracentenari.

Infine la violenza come fenomeno interno o subito è purtroppo al centro delle vicende e delle ricerche quotidiane come abbiamo visto, e non manca di essere studiata in ambito psicologico.
In particolare la violenza sulle donne è stata il tema trattato all’interno di una trasmissione televisiva.
L’aumento dei casi di autolesionismo tra i giovani è stato invece preso in considerazione da una ricerca in corso da ben cinque anni.

foto by bradi