domenica 26 ottobre 2008

PSYCHO-FLASH: PERSONE CALDE

La rivista Science riporta la ricerca di un gruppo di studiosi della Yale University, secondo cui il calore fisico sarebbe correlato con la generosità.
Percepire oggetti caldi, come ad esempio tenere tra le mani una tazza di caffè fumante, predisporrebbe infatti le persone ad essere maggiormente apeerte e generose nei confronti degli altri. Il calore infatti stimolerebbe una visione maggiormente positiva dell'altro.
Si tratta di un altro studio che, partendo da un punto di vista differente da quello esposto in un recente articolo, fornisce un legame tra le sensazioni e le predisposizioni di personalità, un filone che la ricerca psicologica vede oggi più che mai come fruttuoso.
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L'ATTRAZIONE DELL'ALTRUISMO

Uno studio riportato sul British Journal of Psychology ribalta le classiche considerazioni sulla scelta del partner: l'altruismo, al pari di altre caratteristiche, stimolerebbe o meno la scelta di un'eventuale compagno. Insomma la forza e la capacità di sopravvivenza vanno di pari passo con la capacità di aiutare gli altri e, a quanto pare, non si tratta più soltanto di una caratteristcia femminile. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Tim Phillips, assieme ad un equipè di biologi dell'Università di Nottingham, ha scoperto che l'essere altruisti risulta essere una dote altamente attraente. Intervistando circa 1000 persone la caratteristcica dell'altruismo ha infatti ricevuto una grandissimo numero di selezioni come caratteristica rilevante nella scelta del partner, e tale caratteristica ha guadagnato addirittura il primo posto quando si esaminano i soli dati femminili. La donna apprezza infatti l'uomo che dimostra proposività e aiuto nel confronto di altri.
Dai dati raccolti da 170 coppie sono emersi riaultati in direzione con le ipotesi dei ricercatori: la caratteristica dell'altruismo è sì attraente, tuttavia ha un grado di interesse variabile a seconda della posizione dell'altruismo nella scala dei valori di ciascuno. Ovvero, se si chiedeva alle persone di indicare l'importanza da loro attribuita all'altruismo, si poteva notare che le coppie risulatavano in sintonia tra loro: persone con alta attenzione alla generosità verso il prossimo tendevano a scegliere partner con analoghe caratteristiche, mentre chi aveva scarsa sensibilità verso l'argomento sceglieva compagni/e a loro volta meno propensi all'altruismo.
Arrivare ad ipotizzare che l'altruismo sia un meccanismo forte della selezione naturale è forse eccessivo rispetto ai dati presentati, tuttavia i ricercatori hanno evidenziato come siano più di una e come varino a seconda delle caratteristiche personali di ognuno i fattori che influiscono sulle scelte sessuali delle persone. Essere sempre più consapevoli dei meccanismi primordiali checi muvono ci può portare a scelte e decisioni sicuramente più consapevoli.
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IL FREDDO DELLA SOLITUDINE

Su Psychological Science è di recente apparso un'interessante studio che correla il carattere freddo e la tendenza a perecpire una temperatura inferiore alla solitudine delle persone. Lo stato psicologico influenzerebbe pertanto la percezione della temperatura. Vediamo come i ricercatori sono giunti a queste conclusioni.
I ricercatori della Rotman School of Management dell'University of Toronto hanno condotto due esperimenti per mostrare come l'isolamento e l'ambiente scarsamente accogliente influiscano sulla temperatura delle persone.
Il primo esperimento prevedeva che i partecipanti ripensassero a due precise esperienze vissute in passato: una doveva riguardare un episodio di coinvolgimento sociale, mentre l'altra al contrario uno stato di esclusione. Per ciascuno di questi avvenimenti veniva chiesto di indicare la temperatura dell'ambinete esterno in cui i soggetti si trovavano durante l'episodio. le valutazioni delle persone hanno mostrato di avere un'ampia gamma, con temperature che oscillavano tra i 20 e i 40 gradi centigradi.
Associando le situazioni simili, i ricercatori hanno potuto notare che le temperature più basse venivano riferite in modo significativamente maggiore da quei soggetti che erano anche i più soli e soggetti ad isolamento sociale.
Il secondo esperimento ha permesso di portare ulteriori dati in favore dei primi risultati emersi: questa volta però i partecipanti si confrontavano con una situazione costruita ad hoc in laboratorio. Ai soggetti veniva chiesto di giocare tra loro a pallone via computer, il programma tuttavia era studiato per offrire maggiori occasioni di gioco agli uni rispetto agli altri. Alla fine della sessione si chiedeva alle persone se preferivano consumare bevande calde o fredde.
Anche in questo caso chi aveva ricevuto meno volte la palla, aveva pertanto partecipato molto poco e aveva vissuto una situazione di esclusione dal gioco preferiva bevande calde in misura maggiore di chia aveva invece avuto numerose occasioni di coinvolgimento. Secondo i ricercatori la spiegazione va ricercata nel fatto che le persone che si sentono isolate, percepiscono maggiormente freddo e hanno pertanto maggiore desiderio di alimenti caldi, in grado di compensare la spiacevole sensazione di freddezza.
Lo studio, oltre al suo notevole interese per aver messo in collegamento aspetti psicologici e aspetti fisici in modo innovativo, a parere dell'autrice possiede anche il pregio di evidenziare come etichette comuni servano in modo duplice a definire sia la personalità che la sensorialità di una persona, secondo canali preferenziali che derivano probabilmente da fonti neurali o di azione comuni.
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giovedì 23 ottobre 2008

CERCARE NUOVI AMICI CON MODERAZIONE

Cercare amici sul web, attraverso i siti di social network, può creare dipendenza. La ricerca spasmodica di nuovi contatti può infatti determinare una sensazione di rifiuto e di isolamento. Il 10% della popolazione è a rischio di “friendship addiction” secondo Smallwood, perché avere nuovi amici è naturalmente bello e piacevole, ma attenzione: con moderazione! Con quasi 60 milioni di utenti Facebook , il sito di social network che ti permette di ritrovare vecchi amici e compagni di scuola, sta diventando una vera e propria mania. Dopo il raduno di Roma, si è tenuto ieri a Milano il secondo ritrovo italiano degli iscritti. Secondo gli organizzatori si sono presentati in 15 mila, cifra che non deve stupire se si pensa che solo a Milano gli iscritti sono circa 60 mila. Facebook rientra nella categoria delle innovazioni del Web 2.0, permette di creare dei contatti, ritrovare nuovi amici e di creare nuove amicizie. Ma il fenomeno può acquisire anche aspetti negativi. Lo psicologo britannico David Smallwood, un vero guru in Inghilterra, mette in guardia contro i rischi celati dietro Facebook, in un articolo ad ampia divulgazione pubblicato sul “Daily Mail”. Gli studi condotti sui social networks mostrano come essi stiano di fatto diventando un sostituto dei legami famigliari. In Gran Bretagna, dove i legami familiari stanno perdendo importanza, i social networks trovano terreno fertile. Smallwood infatti ritiene che il passo sia breve tra avere contatti e diventare dipendente dalle amicizie on-line. L’acquisizione di nuovi amici genera automaticamente e quasi per tutti un processo di assuefazione, a cui va aggiunto il meccanismo della desiderabilità sociale poiché si può essere giudicati in base a quanti amici si ha on-line. Alla “friendship addiction” (tradotto in italiano “amico-dipendenza”) sarebbe vulnerabile ben il 10% della popolazione, con una spiccata preponderanza per le donne, la cui autostima è più facilmente influenzabile dai rapporti sociali. Chi è più insicuro e con livelli di autostima più bassi può incorrere nel rischio di sentirsi respinto e conseguentemente di isolarsi ulteriormente.
foto by luc legay

mercoledì 22 ottobre 2008

SOSTEGNO PSICOLOGICO PER LA CRISI FINANZIARIA

La crisi economica attuale determina ansia e paure. Gli psicologi italiani rispondono con un numero verde per le psicoemergenze. Ma negli Stati Uniti si parla già di ‘money disorder’. Il crollo delle borse mondiali e la perdita di milioni di dollari (e di euro) per migliaia di risparmiatori genera inevitabilmente delle apprensioni. Anche nel Bel paese, nonostante i tentativi di rassicurazione, la difficile situazione economica inizia a farsi sentire ed inevitabilmente a far paura. Ciò determina che gli effetti non si facciano sentire solo sul peso del portafoglio, ma anche a livello psicologico. La paura riguardo le risorse economiche, d’altra parte, fa parte della natura dell’uomo moderno, a maggior ragione per noi italiani, tradizionalmente un popolo di risparmiatori. Come spiega Enrico Molinari, presidente dell’Ordine degli Psicologi della regione Lombardia, le questioni economiche sono strettamente legate all’identità e alla famiglia, cosicchè “Se si tocca il risparmio, si tocca l'autostima e si possono generare paure per il futuro e timori di un impoverimento incontrollabile". Va aggiunto inoltre la presenza costante sui media di questo tema, che incrementa paure anche non reali, come esplicita chiaramente Molinari: ‘A pranzo e a cena ci nutriamo di notizie catastrofiche sul caos dell'economia mondiale. E se i più positivi e creativi restano a galla, questi messaggi deprimono le persone predisposte’. Negli Stati Uniti, dove è partita la crisi, sono già stati fatti studi al riguardo, ed è emerso che una persona su sette soffre del cosiddetto ‘money didorder’. L’Apa (American Psychologist association), promotrice dello studio, ha intervistato un campione di 7.500 persone. I sintomi del ‘money disorder’ sono depressione, rabbia, irritabilità e in alcuni casi insonnia e problemi di alimentazione. In Italia è stato già attivato un numero verde, per aiutare i cittadini in casi di psicoemergenze. Chiamando il numero verde 800430400, vi risponderà una task force di esperti, pronti ad aiutare cittadini intimoriti dal crack finanziario. Foto by MotherPie

martedì 21 ottobre 2008

PSYCHO-FLASH: presentati allo Smau nuovi sensori per attivita' biometriche

Eurotech ha presentato allo Smau Bionet
Bionet è una rete di dispositivi e sensori che rilevano e monitorano le attività biometriche del corpo. Questo nuovo strumento sarà utile nei settori relativi alla prevenzione e sicurezza sul lavoro: poiché grazie alla misurazione dei parametri fisiologici, sarà possibile monitorare il grado di stress di lavoratori in ambienti rischiosi. Foto by Michele Ficara Manganelli

MANAGEMENT DELLA CREATIVITA'

Negli ultimi anni è stata data sempre maggiore rilevanza al ruolo della creatività nelle organizzazioni aziendali. Sembra infatti condivisa dai più che la creatività sia alla base dell’impresa. Gli studi sulla creatività sono nati essenzialmente nell’ambito dell’antropologia, della sociologia, della psicologia e delle neuroscienze, e da ultimo sono stati trasferiti alle discipline economiche. Un esempio del crescente interesse verso la creatività sono i due giorni di colloquia proprio a riguardo di questo tema svolti presso la Harvard Business School. Il convegno ha coinvolto docenti e rappresentanti di aziende il cui nome è intrinsecamente legato alla creatività )come Google o IDEO). Partendo dalla definizione di creatività di Teresa Amabile (docente di sociologia presso la Harvard Business School), che descrive la creatività come la capacità di creare qualcosa di nuovo ed appropriato, sono stati discussi e sviluppati le seguenti tematiche, di cui riportiamo i punti salienti:

Incoraggiare la collaborazione: il ‘mito dell’inventore solitario’ può essere considerato ormai superato. Al giorno d’oggi i progetti più creativi si sviluppano a partire dalla collaborazione di più partecipanti. Il team deve essere organizzato non in modo gerarchico, ma sulla base di una struttura orizzontale, dove tutti gli elementi sono interdipendenti tra loro. Quando il team è composto ad hoc per il progetto, è necessario utilizzare tutti i mezzi per stimolare la creatività e coordinare lo sviluppo di nuovi prodotti. Gli strumenti sono svariati: dalle nuove tecnologie, alle metafore ed analogie, dalle storie ai prototipi, dei veri e propri ‘coordination totems’ (dalla definizione di Victor Seidel, dell’University of Oxford’s Saïd Business School) per la coordinazione dei pensieri.

Utilizzare differenti punti di vista: il team deve essere composto da diverse professionalità. La condivisione di apporti provenienti da molteplici discipline, diversi background e esperienze facilitano lo sviluppo di novità. Può essere così necessario anche affidarsi a risorse esterne all’azienda.

Motivare il team: la motivazione delle persone che si occupano di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti è cruciale e vitale al fine di ottenere un prodotto creativo. Questo è possibile in un clima in cui le persone possano sentirsi libere ed indipendenti. Con questo si intende libertà di scegliere e programmare i progetti in base ai propri interessi e capacità, ed indipendenza anche dal punto di vista degli orari. Sebbene gli incentivi monetari possano essere d’aiuto, è più importante la sfida intellettuale, l’indipendenza ed una sincera approvazione da parte della sfera dirigenziale.

Imparare dagli errori: gli errori devono essere considerati come fonti di conoscenza e come possibilità di miglioramento. Poiché è facile incorrere in scelte sbagliate in fase di progettazione, è meglio considerarne la possibilità piuttosto che eliminarli dal possibile panorama aziendale. Questi accorgimenti aiutano ad instaurare un clima di stabilità e sicurezza psicologica

Il ruolo del leader: il manager dovrà innanzitutto mappare il processo e riconoscere le differenti fasi, mettendo a disposizione le tecnologie necessarie. Dovrà porsi nei confronti del proprio team di ricerca e sviluppo, come un ‘pastore’, che guidi il suo gruppo proteggendolo da un potenziale contesto ostile. E’ necessario che venga creata una struttura interagente, un network di unità, senza l’intervento di ‘forme burocratiche’. Il manager dovrà aiutare il team di ricerca e sviluppo, adottando un atteggiamento motivatore e non indagatore: porre le domande nel modo giusto e apprezzare il lavoro del team. Tuttavia il manager dovrà anche acquisire un ruolo meno benevolo e scartare le idee e il materiale che non offre potenzialità. Questa funzione di scelta può essere però delegata a filtri esteri l’organizzazione. Infine il manager dovrà sforzarsi di integrare i contributi provenienti dai vari settori ed elementi in modo da creare un tutt’uno omogeneo. E’ questa la vera sfida per il manager, ossia muoversi ed esercitare la propria leadership in un contesto ambiguo ed incerto dove non sono chiari i ruoli. Per leggere l’articolo originale clicca qui Foto by Lessio

lunedì 20 ottobre 2008

SOGNI IN BIANCO E NERO

La televisione non solo influenza il nostro modo di vivere e di comportarci, ma ci condiziona anche durante il sonno. Secondo Eva Murzyn, gli anziani non sognano a colori, ma in base alla scala di grigi. I sogni sono uno dei concetti psicologici più affascinanti e tra i più indagati e teorizzati. Questa volta però non discuteremo su quale teoria riesca a descrivere meglio l’origine dei sogni, ma ci limitiamo a raccontarvi un’interessante ricerca che sottolinea la forte influenza dei mass media sulla nostra vita e per questo anche sui nostri sogni notturni. Eva Murzyn, ricercatrice presso l’Università di Dundee, in Gran Bretagna, ha condotto un’indagine su di un campione di 60 soggetti, tra i 25 e i 60 anni, riguardo i sogni. Ai soggetti è stato chiesto di compilare un questionario sui propri sogni e di indicare a che tipo di TV fossero stati maggiormente esposti da piccolo (in bianco e nero o a colori). L’ipotesi della Murzyn è che la tv influenzi profondamente il nostro modo di pensare, e di riflesso, anche di sognare. I risultati (considerando tuttavia un campione piuttosto esiguo) sembrano confermare la sua ipotesi, o quantomeno identificare una tendenza. E’ risultato infatti che solo il 4,4% degli under-venticinque, cresciuti quindi con una televisione a colori, sogna in bianco e nero, mentre il 25% degli ultra-cinquantenni sogna in base ad una scala di grigi, poichè sono stati esposti per più lungo tempo a programmi televisivi in bianco e nero. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista ‘Consciousness and Cognition’ e ripreso ripreso dalla rivista britannica ‘New Scientist’. Sembrerebbe dunque che la televisione influenzi profondamente il nostro modo di pensare, anche se rimane aperta una questione: perchè ha maggiore influenza la televisione vista da piccolo? Si può parlare anche in questo caso di una sorta di ‘fase critica’ in cui i sogni vengono influenzati dagli stimoli che riceviamo? Foto by degraTM

DISORDINE E SCELTE POLITICHE

L’arredamento della stanza riflette l’inclinazione politica del proprietario. Secondo i curatori dell’articolo pubblicato su ‘The Journal of Political Psychology’ i simpatizzanti di destra hanno stanze più ordinate, al contrario i disordinati sono tendenzialmente di sinistra. Dalla stanza di una persona è possibile capire che tendenze politiche abbia? Secondo Dana Carney, Sam Gosling e John Jost, sì. Hanno infatti rilevato che i conservatori amano uffici e stanze ordinate ed illuminate, con calendari e bandierine; mentre i liberal-democratici hanno stanze disordinate, piene di libri e molto colorate. I tre ricercatori ( Dana Carney è assistente alla Columbia University's Business School di New York, Sam Gosling è professore di psicologia all'Università del Texas e John Jost della New York University) hanno condotto un’indagine che ha coinvolto 76 studenti e 94 professori di college, indagandone preferenze politiche ed atteggiamenti, e dei quali sono state ispezionate le stanze. L’ipotesi da cui sono partiti è già da tempo condivisa, ossia che alcune caratteristiche di personalità siano legate alle preferenze politiche. Anche le dimensioni di apertura mentale e coscienziosità indagate dal famoso Big Five Questionnaire offrono importanti indicazioni dell’orientamento politico delle persone. L’articolo ha tuttavia già suscitato un ampio dibattito nella comunità scientifica. Foto by fullo

mercoledì 15 ottobre 2008

ASCOLTA IL TUO OROLOGIO BIOLOGICO: RICORDERAI DI PIU'

Attenzione ai viaggi transcontinentali: alterando i ritmi circadiani di sonno e veglia è possibile determinare brevi perdite di memoria. Tutta colpa del neurotrasmettitore Gaba, che inibisce l’attività cerebrale, come spiega il ricercatore della Stanford University Norman Ruby. Durante il giorno attraversiamo fasi e momenti in cui naturalmente ci viene fame o ci viene sonno. Questi processi essenzialmente fisiologici si ripetono durante il corso del giorno in modo ciclico e per questi sono stati denominati circadiani (il più noto è l’alternanza sonno-veglia). Da tempo si ritiene che processi cognitivi elevati, come memoria ed apprendimento, siano inscindibilmente legati ai ritmi circadiani, che con il loro ciclo continuo li influenzano. Norman Ruby, ricercatore presso la Stanford University in California, ha testato per la prima volta questa ipotesi. L’esperimento è stato svolto per il momento esclusivamente su animali (nel loro completo rispetto e senza causare loro danni o sofferenza). Criceti con ritmi alterati avevano difficoltà a ricordare il proprio ambiente. E’ stato così dimostrato che l’interruzione dei ritmi circadiani provoca difficoltà nel ricordo. La sensazione non dovrebbe essere sconosciuta a molte persone, che per esempio hanno effettuato voli transcontinentali. Il lungo volo (con continui addormentamenti e risvegli), unito alla differenza di fuso orario una volta arrivati a destinazione, aumenta la sensazione di confusione, tanto che è facile non ricordarsi se si è a casa o in una stanza d’albergo. Ma a cosa è dovuto questo fenomeno? Ruby ha dimostrato che queste amnesie temporanee sono legate al rilascio eccessivo del neurotrasmettitore cerebrale Gaba. Questo neurotrasmettitore, infatti, inibisce l’attività cerebrale e dunque, un’alterazione dei ritmi circadiani ne determina una maggiore concentrazione con conseguente minore ricordo. Sebbene la maggior parte delle ricerche sul prolungamento dello stato di veglia, dimostrino che le capacità d’apprendimento (soprattutto di concetti complessi) non risultino modificate, questa ricerca mette in guardia sui possibili effetti nocivi dell’alterazione del nostro “orologio biologico”. Ruby ipotizza che proprio l’alterazione dei ritmi circadiani sia alla base del deterioramento delle capacità mnestiche durante l’invecchiamento. Questa ipotesi, ed i suoi risvolti medici, è tuttavia ancora da esplorare. Foto by Manuel Millway

lunedì 13 ottobre 2008

IL LEADER NARCISO

Il narciso vuole emergere, diventare leader e essere sempre al centro dell’attenzione. Spesso le persone che lo circondano lo lasciano acquisire posizioni di potere, affascinate dale sue parole, ma una volta a capo di un gruppo si rivela del tutto inefficace. La ricerca di Amy Brunell, delinea caratteristiche positive e negative del narciso moderno, sottolineando quanto spesso possa capitare di incontralo nella vita quotidiana. Narciso era un bellissimo giovane, di cui tutti si innamoravano alla follia. Egli, tuttavia, preferiva passare le sue giornate cacciando, non ponendo attenzione delle sue ammiratrici, che rifiutava incurante delle loro pene. Tutte le giovani disprezzate da Narciso, invocarono la vendetta degli dei, cosicché Narciso venne condannato ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, e resosi conto dell'impossibilità del suo amore Narciso si lasciò morire. Oltre al mito greco, il narciso lo possiamo trovare tutti i giorni accanto a noi, sui banchi di scuola, al lavoro o in un circolo. Amy Brunell, docente di psicologia presso la State University di Newark (Ohio), ha indagato la personalità narcisistica, descritta nel dettaglio sul ‘Personality and Social Bullettin’. Il narciso non solo è profondamente innamorato di se stesso, ma è guidato da un profonda ricerca di successo. La Brunell ha, infatti, osservato che, in un gruppo ‘senza capo’, il narcisista tende naturalmente a prendere in carico su di sé le responsabilità. Non solo, gli altri membri del gruppo lasciano facilmente a questi personaggi la poltrona del potere, poiché li vedono capaci ed intraprendenti, insomma adatti a guidare gli altri. Non c’è però da stupirsi, i narcisi, sono socievoli, estroversi amano essere al centro dell’attenzione, esagerando i loro talenti e le loro abilità ed attirando facilmente i favori altrui. Ma c’è dell’altro. La ricerca, sviluppata in tre studi differenti che hanno coinvolto una campione di 432 studenti e di 153 ha evidenziato che i narcisisti hanno una naturale inclinazione a proporsi come capi, ma che, una volta messi alla prova, non riescono a portare a termine i propri compiti. “Tanto fumo e niente arrosto”: i narcisi non sono efficienti. L’inefficienza del narciso viene però scoperta solo dopo che la frittata è stata fatta. Il narciso è abile, sa sembrare un vero leader, e per questo sfugge anche all’osservazione di persone specializzate, che li vedono come naturali leader. La tendenza all’inefficacia, infatti è stata confermata anche nel campione di manager. Il problema essenziale è la predisposizione al rischio di queste persone, che possono quindi determinare con le loro scelte veri e propri disastri. I risultati dello studio sono ampliabili anche alla popolazione di coloro che detengono le alte sfere del potere, e, per richiamare l’attualità, anche a persone che lavorano in borsa! Foto by pingendiartifex