mercoledì 31 ottobre 2007

ALLENA LA MENTE CONVERSANDO


Le conversazioni allenano la mente come le parole crociate. E’ quanto emerge dallo studio del dottor Ybarra, condotto presso l’Università del Michigan.

L’uomo è un essere comunicante. La comunicazione, infatti, riveste un ruolo molto importante nella vita delle persone. Non può essere semplicemente considerata uno strumento per ottenere beni e per soddisfare i propri bisogni. La comunicazione è una vera e propria dimensione psicologica, costituente per l’uomo. Infatti la comunicazione sta alla base della creazione e mantenimento delle relazioni a livello micro, e della costituzione di comunità a livello macro poiché consente la condivisione di significati.

Un’interessante studio ha indagato l’influenza delle conversazioni su memoria ed attività cognitive.
La ricerca è stata condotta da Oscar Ybarra, psicologo dell’Institute for Social Research dell’Università del Michigan. Lo studio ha coinvolto 3.610 persone di età compresa tra i 24 e i 96 anni, che sono state sottoposte al ‘mini-mental exam’, inoltre sono state registrate le loro abitudini riguardo i contatti sociali (frequenza e durata delle conversazioni, sia face to face, sia mediate dal telefono). La finalità era quella di indagare il legame tra relazioni sociali e rendimento cognitivo. Per questo motivo è stato utilizzato il ‘mini-mental exam’, test che valuta le conoscenze di carattere generale e la working memory.

Dai risultati è emersa una correlazione significativa tra frequenza dei contatti sociali e ‘mini-mental exam’. Quanto più frequenti sono le relazioni sociali, più sono positive le capacità cognitive. Sembrerebbe dunque che le conversazioni siano un allenamento mentale, e migliorino le abilità cognitive. "Questo esperimento mostra come le interazioni sociali influenzino direttamente la memoria e la performance mentale in modo positivo - ha commentato Ybarra - come se fare una conversazione con un amico avesse gli stessi effetti positivi di fare le parole crociate". Gli effetti dell’isolamento sociale non sono invece stati indagati, e per questo è solo possibile ipotizzare un effetto negativo sulle abilità cognitive, che rimane tuttavia da approfondire.


foto by ru

martedì 30 ottobre 2007

ZELIG LIKE SINDROME


Dal 2005 è in cura presso Villa Camaldoli un paziente, che in seguito ad un trauma cerebrale, acquisisce il comportamento della persona di fronte a lui.

Un’equipe di medici presso Villa Camaldoli ha in cura dal 2005 un paziente con una particolare sindrome comportamentale, che lo porta ad acquisire i comportamenti della persona che gli sta di fronte. Questo particolare disturbo comportamentale è stato chiamato ‘Zelig Like Sindrome’, nome ispirato al film di Woody Allen del 1983. In questo film Leonard Zelig è vittima di una malattia che si manifesta nella trasformazione psicosomatica dei tratti in base al contesto in cui l’individuo si trova.

Questo caso è per il momento l’unico al mondo diagnosticato, ed è stato pubblicato nel febbraio 2007 sulla rivista scientifica ‘Neurocase’ e sul sito ‘The British Psychological Society’.
Il paziente affetto è un signore napoletano di 65 anni, che ha mostrato tali sintomi a seguito di un arresto cardiaco con ipossia cerebrale, che ha determinato danni cerebrali in quella parte di cervello deputata al controllo dei comportamenti.

Sintomi della sindrome si sono manifestati subito dopo il trauma. Il paziente è tuttora sottoposto a cure farmacologiche e terapie comportamentali.


foto by Colin Swan

lunedì 29 ottobre 2007

IL BENESSERE NON VA IN PENSIONE

Uno dei temi sociali attuali riguarda l’età pensionabile. Dal punto di vista della psicologia il termine del periodo lavorativo non è sempre positivo. Alcuni studiosi sostengono che si tratti invece di un periodo di possibili disagi, vediamo perché.

M. Csikszentmihaly, docente e ricercatore di Psicologia presso l’Università di Chicago, insieme ai suoi collaboratori ha condotto uno studio che metteva a confronto persone lavoratrici e pensionati. Analizzando i loro pensieri ed atteggiamenti ha classificato i partecipanti in positive thinkers e negative thinkers. I positive sono ben il 54% tra i lavoratori, ma soltanto il 18% tra i pensionati.

La spiegazione di come questo sia possibile viene fornita da ricerche condotte da C. Sharpley, docente alla New England University. Secondo il professore, la pensione corrisponde ad uno stato nuovo che l’individuo deve imparare a fronteggiare. I primi mesi, di solito fino al sesto, sono caratterizzati da euforia e piacere, da un sdenso di rinnovo e cura per se stessi, ma in seguito a questo periodo idilliaco possono intervenire, e di fatto intervengono nella maggioranza dei casi, elementi negativi dovuti allo spaesamento. Le cause principali sono la mancanza di scopi precisi e il non dover giustificare le proprie prestazioni e capacità, ma anche le relazioni sentimentali tendono ad appiattirsi.

A parere dell’autrice, tali inconvenienti sono risolvibili in parte con l’impegno in attività gradevoli per il soggetto e con la frequentazione di hobby che siano quanto più possibile di ordine sociale, in modo da non perdere il contatto con la realtà e non percepire di essere scesi da un treno che percorrerà la sua corsa lontano da noi. Il riposo , prima o poi, l’esito meritato e il clima sociale e di sostegno può essere molto influente su possibili crisi intervenienti.

Fonte: Lavelle P. I was fine, till I retired

SOMMARIO DELLA SETTIMANA

foto by laserone

Questa settimana ci siamo occupate di:

-infanzia: i problemi di ansia e stress affligono sempre più anche i bambini. Una ricerca svela i problemi emrgenti.

-autismo: nuove possibilità scoperte da una ricerca.

-felicità: come i muscoli facciali intervengono nell'espressione e nel riconoscimento del sentimento della gioia

venerdì 26 ottobre 2007

LA FELICITA’ INCARNATA

Secondo l’Approccio Embodied le emozioni si esprimono attraverso i muscoli, ma anche chi le codifica e riceve mette in atto dei micro-movimenti per poterle riconoscere. Secondo Ramachandran la tensione o impegno dei muscoli deputati al riconoscimento delle emozioni, soprattutto di quelli facciali, interagisce con la capacità di nominarle.

Social Neuroscience ha pubblicato una ricerca condotta da Ramachandran e colleghi che mostra come l’intervento di tre fattori immobilizzanti o interferenti con l’espressione facciale delle emozioni ne alteri anche il riconoscimento.

12 soggetti venivano sottoposti a volti che rappresentavano 4 emozioni in 4 differenti intensità, il loro compito consisteva nel riconoscere l’emozione mostrata e nell’indicarne l’intensità.
I gruppi sperimentali erano tre: il primo masticava un chewin-gum; il secondo stringeva tra i denti una penna in orizzontale e infine il terzo stringeva una penna con le labbra in posizione verticale.

I risultati relativi alla felicità hanno mostrato che tenere in bocca la penna in orizzontale inibisce l’emozione della gioia, dato che sono proprio i muscoli perilabiali a favorirne il riconoscimento; mentre la gomma da masticare interferisce soltanto quando si trova in posizioni che impegnano i muscoli labiali e del sorriso.

Per le altre emozioni i risultati sono stati meno significativi, con un eccezione per il disgusto. In ogni caso l’Approccio Embodied sembra essere una buona strada per riunire i filoni della biologia e della psicologia, in vista di un’elaborazione comune delle famiglie di emozioni e delle reazioni centrali e periferiche ad esse connesse.
foto by sara carallo

mercoledì 24 ottobre 2007

NUOVE POSSIBILITA' PER LA RICERCA SULL'AUTISMO


Nuovo progetto per la ricerca sull’autismo, la ‘Banca dati biologici e clinici’, progetto che intende raccogliere il Dna di bambini autistici e dei loro familiari.

In Italia 6 bambini su 1.000 sono autistici, con una prevalenza dei maschi. L’autismo è definita sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico, e comporta deficit delle funzioni di relazione e comunicazione. Attualmente non è stata ancora identificata la causa della sindrome, sebbene le ipotesi secondo cui l’autismo sia causato da comportamenti inadeguati della madre è stata confutata. Sono state avvalorate le ipotesi sulle origini genetiche del disturbo, ma non è ancora chiare il ruolo dell’ambiente nella sua insorgenza.

E’ stata presentato un nuovo progetto promosso dalla Fondazione Smith Kline, l’istituzione di una ‘banca dati biologici e clinici’ con la finalità di definire la cause della patologia e individuare possibili cure. Il progetto intende raccogliere il Dna dei pazienti e dei loro familiari, attraverso 18 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale.

La speranza del progetto è anche quella di aiutare i parenti dei bambini autistici a sfuggire ai cosiddetti ‘spacciatori di illusioni’ a coloro che speculano sul dolore altrui, illudendoli di trovare la soluzione per il proprio caso.


foto by cindy 45472

martedì 23 ottobre 2007

PICCOLI ADULTI CRESCONO



Ansia e stress sono problemi che colpiscono un numero sempre crescente di bambini. Le innumerevoli attività a cui partecipano e gli eventi del mondo veicolati dai media li spaventano e li traumatizzano.

I bambini di oggi vivono un’infanzia che non è più infanzia, sono adulti in un corpo di bambino. Gli innumerevoli stimoli a cui sono sottoposti li aiutano a sviluppare competenze e ad acquisire conoscenze a volte troppo presto. Inoltre fin da piccoli vengono caricati di responsabilità e vivono le attività non come svago ma come impegno stressante.
In Inghilterra un’indagine ha messo in evidenza queste tendenze e sta monitorando la situazione. La ricerca è condotta da Robin Alexander, pedagogista presso le Università di Cambridge e Warwick, di cui i primi dati raccolti sono stati pubblicati sull'Indipendent e sul Guardian. La ricerca ha coinvolto 750 soggetti, tra parenti, insegnanti e studenti, intervistati sulle abitudini e stili di vita dei bambini tra i7 e gli 11 anni.

Dalle interviste raccolte è emerso che i bambini del 2000 mostrano in numero significativo comportamenti antisociali, materialismo, “culto della celebrità”, ansia da prestazione e paura incontrollata per il mondo esterno. I bambini risultano stressati e ansiosi nel confronto del mondo.

I bambini sono sottoposti ad un bombardamento di informazioni trasmesse dai media, ma troppo spesso ascoltano queste informazioni in totale solitudine senza la mediazione protettrice dei genitori. I media trasmettono quotidianamente notizie di violenza e di catastrofi, cosicché i bambini si preoccupano di temi come il terrorismo o il surriscaldamento del globo.
Inoltre le loro vite sono piene di impegni: corsi di inglese, nuoto, danza. I motivi che spingono i genitori a iscriverli al maggior numero di corsi, a fargli sperimentare il maggior numero di esperienze possibili, non è più dovuto alla “teoria dell’attività”, secondo cui più il bambino è impegnato minore è la possibilità che ‘faccia conoscenze sbagliate’. Tutti questi impegni sono dovuti al desiderio dei genitori di avere un ‘piccolo genio in famiglia’, aspettative che caricano di responsabilità bambini nell’età che dovrebbe essere della spensieratezza.

Il riconoscimento delle potenzialità del bambino senza dubbio hanno il pregio di aiutarlo nello sviluppo, ma i bambini rimangono comunque bambini e non hanno ancora tutte le competenze e gli strumenti per comprendere tutti i dati a disposizione. Dobbiamo però ricordare che la ricerca di cui abbiamo riportato i risultati è stata condotta in Inghilterra, mentre nel nostro paese la situazione è un po’ diversa. Secondo il rapporto dell’Unicef ‘Quadro comparativo sul benessere dei bambini nei paesi ricchi’, i bambini italiani riferiscono di stare bene con i propri genitori, e in generale meglio rispetto ad altri paesi industrializzati.
foto by bescia

domenica 21 ottobre 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA


Questa settimana ci siamo occupate di:

Addiction:
il cellulare può avere effetti dannosi sulle nostre abitudini e percezioni, vi avevamo già consigliato di dimenticarlo ogni tanto, soprattutto in vista delle vacanze. Una recente ricerca mostra come la sindrome clinica dell’arto fantasma sia applicabile all’utilizzo del cellulare del momento: il blackberry, vediamo perché.

Comunicazione:

le notizie fasulle, ma attraenti, vengono più spesso credute rispetto a news realistiche, questo accade soprattutto tra gli amanti del gossip, una ricerca ne svela segreti e meccanismi.

Il clima lavorativo in ufficio va mantenuto sereno, anche grazie ai consigli che già vi avevamo proposto, ma ora uno studio inverte la rotta: insulti e parolacce sarebbero funzionali al gruppo, siete d’accordo? Leggete l’articolo al riguardo.

Verità:
le macchine della verità, lo avevamo visto, sono uno degli scopi preferiti dei ricercatori, tanto più se si applicano alla sicurezza delle persone. Ecco un filone di ricerca che s sta occupando della creazione di uno scanner per l’individuazione di terroristi.

Foto by gettyimages

giovedì 18 ottobre 2007

IL CELLULARE COME L'ARTO FANTASMA


La sindrome del Blackberry fantasma: sentire le suonerie del cellulare anche quando è a casa.

Per tutti gli scettici che ancora non credono nella capacità del cellulare di provocare dipendenza arrivano nuove ricerche dagli Stati Uniti. La dipendenza da cellulare è stata infatti indagata a livello fisiologico, ovvero è stata analizzata una possibile base neurologica della phone addiction.

Gli effetti della dipendenza da telefonino è stata paragonata al fenomeno dell’arto fantasma, che consiste nel sentire prurito o dolore all’arto amputato. William Barr, neuropsicologo della New York University, ritiene che l’utilizzo assiduo del telefono cellulare lo renda parte dell’individuo, e attraverso una metafora esemplifica: «È come indossare tutto il giorno un calzino troppo stretto. Quando lo togli continui a sentire la sensazione attorno al piede». Per questo, anche quando si dimentica il telefonino a casa, si sentono le suonerie come se ci fosse, perché è ormai diventato parte del corpo.

Questo spiegherebbe il perché in molti casi si sentono vibrazioni e suonerie anche in assenza del celllulare. Questo fenomeno è stato denominato sindrome del ‘Blackberry fantasma’ dai neurologi dell’Universitò del Maryland che l’hanno descritta.

Secondo Kaas, psicologo della Vanderbilt University, la spiegazione a questo comportamento è da far risalire ad un fondamentale fenomeno psicologico ampiamente studiato e descritto dalla psicologia comportamentista: il condizionamento operante. Il soggetto, infatti, proverebbe soddisfazione nel rispondere ad una telefonata o nel ricevere un sms e per questo controlla il cellulare anche in assenza di segnali. «Con la ripetizione le connessioni tra nervi e cervello si rafforzano. – spiega Kaas - Se ne formano di nuove che rendono automatico il processo e indipendente dall'effettivo azionamento della suoneria. Ed ecco dunque i falsi positivi».
foto by kint

mercoledì 17 ottobre 2007

PAROLACCE IN UFFICIO

Dire parolacce in ufficio aiuta a creare solidarietà tra i colleghi, a combattere lo stress e ad aumentare la produttività. E’ quanto emerge dallo studio condotto da Baruch presso la Norwich University of East Anglia. Un buon clima lavorativo, buone relazioni all’interno del team di lavoro consentono di vivere meglio la giornata lavorativa e di riflesso essere più produttivi. L’analisi del clima di lavoro, la ricerca di soluzioni per creare ‘spirito di squadra’, è uno dei tanti ambiti di indagine della psicologia del lavoro, che in anni di ricerca ha individuato fattori facilitanti e programmi di miglioramento. Una ricerca ha messo in luce un inaspettato fattore che sarebbe in grado di incidere positivamente sulle relazioni lavorative: le parolacce. Il turpiloquio è in generale condannato, ma ottiene effetti sorprendenti all’interno dell’ufficio.
Secondo lo studio condotto presso la Norwich University of East Anglia, portata avanti da Yehuda Baruch, le parolacce creano solidarietà tra i colleghi. Il linguaggio volgare, non offensivo, riduce i livelli di stress e crea unione tra le persone. Questo fenomeno è dovuto al fatto che di fronte a clienti e superiori è necessario mantenere una atteggiamento formale. Lo studio evidenzia inoltre correlazioni significative tra età e linguaggio e tra genere e linguaggio. I giovani professionisti utilizzano con minori remore le parolacce e lo considerano un atteggiamento socialmente accettabile. Per quanto riguarda le differenze di genere, le donne ricorrono maggiormente a questa tipologia di linguaggio. Lo studio, che è andato a misurare una delle dinamiche quotidiane interne ad un luogo di lavoro, consiglia dunque di evitare di proibire questo linguaggio, per evitare effetti indesiderati come una diminuzione della solidarietà tra colleghi. «Le parolacce – spiega Baruch - sono parte della nostra vita quotidiana, speriamo che con questa ricerca i dirigenti siano più tolleranti nei confronti del linguaggio usato dai propri dipendenti».
foto by Axell

martedì 16 ottobre 2007

IL POTERE DEL GOSSIP


Ascoltare il gossip o la realtà dei fatti? Le persone sono facilmente propensi ad ascoltare una diceria, come è emerso da una recente ricerca del Max Planck Institute.

Le dicerie, i pettegolezzi, le malelingue, poco accettati ma ampiamente oggetto delle conversazioni quotidiane. Ogni persona è stato oggetto almeno una volta di un pettegolezzo, generalmente poco veritiero, o meglio, con modificazioni rispetto alla realtà. Inoltre, ognuno di noi almeno una volta nella vita, ha diffuso un pettegolezzo, narrando dettagliatamente un evento di cui, in realtà, conosceva solo pochi particolari.

Ma che impatto ha il pettegolezzo sulle persone? Si cerca di approfondire, di essere certi della realtà dei fatti o si dà fiducia a quello che si è sentito dire?
In Germania, presso l’istituto Max Planck, è stata condotta una ricerca sulla diceria, pubblicata sulla rivista ‘Proceedings of tha National Accademy of Science’. La ricerca ha coinvolto un gruppo di studenti a cui veniva chiesto di scrivere notazioni sugli altri, su fogli d’appunti che erano a disposizione di tutti. Inoltre a ciascun soggetto è stato fornito del denaro e gli è stato chiesto di distribuire il denaro agli altri soggetti. E’ stato osservato che venivano dati meno soldi ai soggetti definiti avari o spilorci.

La ricerca ha dunque mostrato che la diceria ha molto peso sulle persone ed ha un forte potenziale manipolativo. Molto spesso viene ascoltata la diceria nonostante si sia a conoscenza della realtà.


foto by rokebola

lunedì 15 ottobre 2007

STRESS POST RAPINA


Una ricerca condotta da Mario Maj ha indagato gli effetti psicologici seguenti ad una rapina. Dai dati emergono inquietanti sentimenti di colpa e rassegnazione.

Le rapine sono ormai all’ordine del giorno. I mass media sono costretti a riferire solo quelle con l’esito più drammatico, come il ferimento o addirittura la morte del derubato. Ma quotidianamente in ogni parte d’Italia moltissime persone vengono derubate.

Una ricerca, iniziata due anni fa, e recentemente aggiornata, ha indagato l’effetto psicologico sulle persone di questi eventi. Infatti, oltre allo schock momentaneo, molte persone in seguito riferiscono vissuti post-traumatici. Inoltre è da tenere in considerazione che alcuni fattori, come vivere in una città in cui le rapine sono molto frequenti, ne potenziano l’effetto.

Il dottor Mario Maj ha coordinato una ricerca sugli effetti di una rapina. La ricerca, condotta presso la seconda università di Napoli, è stata recentemente esposta al congresso nazionale di Psichiatria biologica. La ricerca è stato condotta con l’ausilio delle forze dell’ordine, che hanno intervistato 301 soggetti (178 donne e 123 donne) sui sentimenti e le emozioni provati in seguito ad una rapina, per valutare la frequenza dei sintomi da stress post-traumatico.

Dalle interviste è emerso che l’80% dei soggetti riferisce di ricordi intrusivi e sogni angosciosi riguardo la violenza subita. In particolare le donne sono coloro che subiscono in misura maggiore queste ripercussioni psicologiche.
Inoltre sono stati osservati sentimenti di colpa e di rassegnazione associati a queste esperienze. Per quanto riguarda il senso di colpa, i soggetti sentono di essere in parte causa della rapina, per essere passati per una determinata via, per aver parcheggiato in una zona. La rassegnazione è invece dovuta alla elevata frequenza delle rapine, in una città come Napoli, dove spesso le persone vengono rapinate più volte.

La ricerca pone dunque l’accento, oltre ai classici sintomi da stress post-traumatico, su questi sentimenti che accompagnano l’esperienza. Il senso di colpa è caratteristico della vittima di violenze che può far vivere ancora peggio la vicenda, poiché ci si sente con-causa, che porta quasi a pensare di ‘essersela cercata’.



foto by Lessio

SCANNER CONTRO I TERRORISTI


Scoprire se una persona sta mentendo è un compito molto difficile, nonosante l'elevato livello delle tecnologie disponibili. Scoprire un terrorista all'interno di una folla sembra un'operazione quasi imposibile, come trovare un ago in un pagliaio. Un'equipe americana, dell'Università di Buffalo, partendo dalle conoscene sull'attivazione fisiologia del mentitore e sugli indizi rilevatori della menzogna, stanno cercando d sviluppare uno scanner in grado di individuare un terrorista.


Il terrorismo è un problema internazionale che fa accapigliare i capi di governo di mezzo mondo e che impaurisce molte persone.
Negli stati Uniti si sta cercando di sviluppare uno strumento in grado di identificare all’interno di una folla un potenziale terrorista, attraverso l’analisi di più indizi ( movimenti del volto, tono di voce, ecc.) correlati tra loro attraverso complessi algoritmi.
La finalità è quella di applicarlo all’interno di aeroporti o altri luogo ad alto rischio terroristico.

Dopo l’11 settembre i sistemi per sventare possibili nuovi attacchi terroristici sono diventati sempre più complessi e sofisticati, dal passaporto elettronico allo scanner dell’occhio all’ingresso sul suolo americano. La ricerca non si è però fermata, continuando sulla linea delle ricerche comportamentali.

Nell’Università di Buffalo, attraverso la cooperazione di psicologi comportamentali ed ingegneri esperti di biometria computerizzata, si sta cercando di sviluppare uno scanner in grado di individuare soggetti potenzialmente pericolosi. "L'obiettivo è quello di individuare l'esecutore in un percorso di sicurezza prima che abbia la possibilità di condurre l'attacco", spiega Venu Govindaraju, docente di scienze informatiche e ingegneria presso la stessa università e co-responsabile del progetto.
Lo scanner dovrà essere in grado di analizzare in tempo reale i dati provenienti dalle espressione del volto, dal tono della voce e da segnali biometrici.

Il progetto è molto ambizione e avveniristico, ed è riuscito ad ottenere 800mila dollari di finanziamento dalla National Science Foundation, grazie ai risultati promettenti fin ora ottenuti.

Rimane scettici di fronte ad un progetto come questo è tuttavia lecito. D’altra parte non sono stati ancora identificati indici psicometrici e vocali univoci indicatori della menzogna. Gli stessi ricercatori avvertono: "Nessun comportamento è in grado di garantire sempre che qualcuno stia mentendo, ma i comportamenti sono utili per prevedere le emozioni o i pensieri e possono aiutare gli addetti della vigilanza a decidere chi osservare con maggior attenzione e più da vicino".

Il tema dello smascheramento della menzogna è stato recentemente trattato nel post 'Innovativa macchina della verità'


foto by JoshMcConnell

SOMMARIO DELLA SETTIMANA


Questa settimana ci siamo occupate di...


'Innovativa macchina della verità': il poligrafo è uno strumento che dovrebbe essere in grado di evidenziari dati fisiologici e comportamentali associati alla menzogna. Tuttavia i limiti e le questioni irrisolte relative a questo strumento, conosciuto ai più come macchina della verità, sembrano lontane dal trovare una soluzione. Per ovviare a queste problematiche,Sartori, neuroscienziato, ha messo a puntiìo uno strumento con duplice monitoraggio: attività cerebrale e tempi di reazione.


'Psicologia dei brand': il libro di recente pubblicazione, 'Good Morning Mr Brand' ci ha dato l'opportunità di parlare brevemente della psicologia dei brand. Infatti, oltre all'utilità della psicologia alla pubblicità, recentemente l'attenzione si è spostata sull'importanza del brand e sui significato di cui è portatore.


foto by mark_66it

giovedì 11 ottobre 2007

PSICOLOGIA DEI BRAND


Nuovo libro sulla psicologia e i beni di consumo. ‘Good morning Mr Brand’ è il libro scritto da Mirko Nesurini sullo sviluppo e gestione dei brand a livello internazionale.

Una buona comunicazione ed un brand di impatto possono determinare il successo di un marchio. L’attenzione posta dalla psicologia alla pubblicità ha ormai una lunga storia. Di recente , invece, ci si è resi conto che una buona pubblicità non è sufficiente a incrementare l’acquisto di un prodotto, ma un ruolo fondamentale è svolto dal brand. L’impostazione psicologica al brand, deriva dall’approccio cognitivo-comportamentale.


Il brand va oltre la materialità del prodotto, ma è portatore di un insieme di significati, vicini all’acquirente, che in essi intende immedesimarsi.
Basti pensare alla Coca-cola, se fosse solo la bevanda gassata e zuccherina non sarebbe la stessa cosa, e non potrebbe essere commercializzata in tutto il mondo con lo stesso successo.

Mirko Nesurini, amministratore delegato GDS (società di brand consultancy in Europa e Asia), e senior partner di Human Engineering System New York, ha sfruttato l’esperienza internazionale nel campo della creazione, sviluppo e gestione di brand e l’ha tradotta nel suo libro ‘Good morning Mr Brand’. Il libro è suddiviso in tre macrotematiche. Innanzitutto viene delineato il campo di sviluppo di un trademark e come esso diventi un brand. In secondo luogo viene analizzata l’interazione tra brand ed i suoi interlocutori. Infine viene trattato un argomento di scottante attualità: il mercato cinese. La frontiera asiatica viene descritta e delineata attraverso quattro elementi: la contraffazione, i diritti d’autore, il ruolo delle catene di distribuzione europee ed americane e la creatività dei cinesi.

martedì 9 ottobre 2007

INNOVATIVA MACCHINA DELLA VERITA’

Un nuovo strumento scientifico per la rilevazione della menzogna è stato elaborato da G. Sartori, docente di Neuroscienze cognitive presso l’università di Padova. Tale apparecchio garantisce un affidabilità pari al 92% ma i dubbi sugli strumenti per la rilevazione della verità o meno dei resoconti delle persone permangono.

Dalla comparsa pionieristica della prima macchina della verità i metodi si sono raffinati, per eludere i principali problemi, tuttavia rimangono numerosi i dubbi relativi alle misurazioni.
Gli strumenti più famosi per la rilevazione della menzogna sono:


  • Il poligrafo, uno strumento che si basa sulle alterazioni di battiti cardiaci, pressione e sudorazione. Tuttavia le modifiche sono spesso causata dal livello di stress o da alterazioni croniche della persona.

  • Il Brain fingerprinting, che consiste nel mostrare all’indiziato scene pertinenti all’argomento mescolate ad altre neutre. Tramite sensori collegati alla testa si rileva il livello di attivazione cerebrale.

  • L’elmetto della verità, basato sugli indicatori forniti dalla risonanza magnetica funzionale, ma molto suscettibile ai movimenti corporei che possono invalidare le rilevazioni.

Il nuovo strumento proposto da Sartori è l’ultimo ritrovato e a detta dell’autore permette affidabilità maggiore rispetto ai precedenti agendo per via diretta: le rilevazioni sono duplici, da un lato una speciale cuffia monitora l’attivazione cerebrale delle diverse aree neurali, dall’altra un meccanismo registra i tempi di reazione durante la risposta.

Quante più aree sono associate e con elevata intensità, quanto più il processo è globale e implica, oltre al ricordo, anche una fase di elaborazione attiva, possibile indice di menzogna. Inoltre maggiore è il tempo impiegato per la risposta, maggiore è la probabilità che il ricordo vero venga bloccato e filtrato prima di venire emesso.

Tuttavia tutti gli strumenti risentono dell’intrinseco limite delle caratteristiche individuali: i tempi di elaborazione e l’attivazione non sono uguali per tutti, e la questione si complica maggiormente in persone affette da disturbi fisici o psichici. Se il monitoraggio costate e prolungato può diradare i dubbi, è ovvio che siamo ben lungi da ottenere una bocca della verità così valida da poter essere usata in campo criminologico,perlomeno non come unico strumento di accusa-assoluzione.

Foto by menalbi

domenica 7 ottobre 2007

SOMMARIO DELLA SETTIMANA

foto by gettyimages

Questa settimana nell’ambito della psicologia ci siamo occupate di:

Educazione: i figli hanno bisogno di venire educati e di ricevere un feedback rispetto alle azioni compiute. Leggi.

Comunicazione:
La comunicazione sociale è da sempre una delle aree più difficili da rendere in modo efficace, un’indagine svela perché.

La rabbia, emozione primaria, spesso mina la comunicazione con gli altri. Ecco sette valide regole per condurre un dialogo costruttivo.

La scienza scende nelle strade nel Festival delle Scienze, un appuntamento dove la cultura ufficiosa e le curiosità delle persone si incontrano. Guarda le iniziative previste.

Psicologia&salute
I ritmi circadiani influiscono sul nostro benessere, una recente ricerca svela che anche le ore di sonno sono correlate alla salute, sia che siano scarse o troppo abbondanti. Leggi.

Le terapie psicologiche spaziano spesso in campi multipli, questo articolo spiega l’incontro della terapia con le discipline dell’arte e della danza. Scopri di cosa si tratta.

Psichiatria: un convegno di psichiatri ha analizzato nello specifico il disturbo bipolare in vista di un miglioramento delle condizioni di vita del paziente. Cosa è emerso.

sabato 6 ottobre 2007

QUESTION TIME PER IL DISTURBO BIPOLARE

Un indagine condotta dall’University del West Ontario ha posto in evidenza l’importanza delle condizioni di vita delle persona affette da disturbo bipolare per la riuscita della terapia in tempi brevi e per evitare le ricadute. I risultati sono stati presentati in occasione del convegno Question Time in Psichiatria svoltosi a Roma, Napoli, Bologna, Venezia, Pavia e Palermo.

Il disturbo bipolare rientra nei disturbi di personalità ed è una patologia grave che colpisce il 5-6% della popolazione . i sintomi sono svariati e comprendono tutte le manifestazioni di ordine depressivo, compresa una forte tendenza all’ideazione e alla messa in pratica di tendenza suicidarie, tendenze aggressive e umore instabile.

È solitamente curato con una terapia di ordine farmacologico, associata a trattamento psichiatrico o psicoanalitico.

Dall’indagine condotta da G. de Lisio, direttore dell’Istituto di Scienze del Comportamento di Pisa, su 700 psichiatri di tutta Italia, emergono nuove direzioni di cura basate sulle condizioni di vita.

I farmaci atipici, in particolar modo quelli contenenti quetiapina, sembrano fronteggiare le due maggiori preoccupazioni emerse: il miglioramento delle condizioni di vita e la tollerabilità del farmaco.

Tale sostanza infatti riduce la necessità di assumere farmaci concomitanti come ulteriori stabilizzatori dell’umore e ansiolitici, riducendo anche la tendenza a sfogare il malessere con forme di disturbi associati quali tossicodipendenza ed alcolismo. Inoltre è una sostanza ben tollerata e di cui il paziente tende a mantenere nel tempo l’assunzione senza sgradevoli effetto di rifiuto.

Durante l’incontro sono state inoltre discusse componenti che nel campo psichiatrico sono spesso secondarie rispetto alla cura, ma che gli psicologi sanno essere fondamentali nella cura e nella motivazione del malato. Il modo in cui la prescrizione è effettuata e l’attento ascolto di motivazioni e malesseri della persona contribuiscono alla creazione di un clima di fiducia e collaborativi tra medico e paziente, permette una maggiore responsabilità da parte dell’utente e migliora anche la prescrizione, fornendo indici di anamnesi molto precisi.

Foto by Adam Gault

venerdì 5 ottobre 2007

IL DIRITTO E DOVERE DI RESTITUZIONE

La perifrasi deriva da N. Giacopini, docente di Psicologia della famiglia e apre lo spazio per un dibattito: è lecito o meno punire i propri figli? Devono prevalere i sensi di colpa dei genitori o il rigore morale? Ecco cosa i figli si aspettano e perché.

Quando un bambino combina un guaio i genitori si trovano in bilico tra due opposte decisioni: mostrare il loro disappunto prendendo provvedimenti, oppure lasciare correre. La paura che l’adulto prova è di infliggere un dolore eccessivo e di modificare la propria immagine da protettore a persecutore della prole.

Sembra che la paura dell’abbandono da parte del genitore, se così si può chiamala, sia più forte in questi anni in cui è sentito il richiamo alla dignità morale di tutti, tanto più di quella dell’infanzia spesso vittima di abusi. Ma un eccessivo lassismo rischia di peggiorare la situazione e di lasciare i bambini privi di un solido riferimento.

La punizione dopo una marachella rappresenta uno schema che il bimbo impara a conoscere e che gli serve,in futuro, a non ricondurlo alle medesime conseguenze. I figli hanno bisogno del cosiddetto diritto/dovere alla restituzione: il feedback che deriva dal genitore è per loro fonte di conoscenza e di crescita.

Soltanto ammettendo di avere sbagliato e di essere in torto si compie un percorso a ritroso, che passando dalla riflessione su di sé, conduce al riparare, al ritornare allo stadio di liceità precedente. Lo sbaglio è un errore cui va rimediato, per poter ripartire da capo privi di un antipatico bagaglio.
Ecco perché il genitore deve punire il figlio, per permettergli poi di riparare quanto fatto; in caso contrario sarà il bambino stesso ad avvertire una stranezza e a sentirsi autorizzato a ripetere il comportamento sbagliato in futuro. Se ragionate e congruenti al danno quindi, le vecchie regole di un educazione rigorosa fanno ancora bene ad una crescita sana.

foto by Ila

mercoledì 3 ottobre 2007

ARTE: TERAPIA DELL’ANIMA

Il recente convegno tenutosi in Toscana ad opera dell’Associazione Art Therapy riporta in luce le forme di terapia alternative alla classica analisi e mostra come la dimensione della musica e del movimento possano piacevolmente migliorare il nostro benessere.

L’Arte terapia nasce all’incirca negli anni 40 con il contributo di M. Naumburg; da quel momento in poi l’arte, come forma multiforme di espressione, ispira numerose correnti espressivo-liberatorie, capaci di svelare agli esperti, ma soprattutto a noi stessi pieghe di identità mantenute nascoste o inespresse.

La danza terapia nasce da una corrente diretta da M. Chase, attualmente non si parla più di settori distinti ma di discipline interrelate, che godono ora della partecipazione delle neuroscienze.

Il movimento, come forma di espressione preverbale fornisce indici differenti ma ampiamente comunicativi dello stato emotivo e di personalità del soggetto che lo compie, a maggior ragione la danza, come forma motoria ripetitiva e ritualizzata, è impiegata come riapprendimento ma soprattutto affinamento delle capacità relazionali di base.

L’azione è alla base del pensiero, della formazione di script di azione e concettuali, ed interviene anche nella definizione della personalità come interiorizzazione dell’immagine corporea e nell’espressione emotiva. Per questo una educazione del movimento, tramite la danza, può intervenire nella cura di svariati disturbi.

Si va dalle forme lievi di disagio e cattiva percezione del proprio corpo, ai disturbi della percezione corporea dell’età adolescenziale, fino alle malattie psichiatriche. L’arte terapia interviene in questi momenti, da sola o come supporto alla riabilitazione.

Si tratta di una pratica spesso sconosciuta e valorizzata, ma talora è promossa e sostenuta anche all’interno delle ASL come sostituta non invasiva alla cura farmacologia, ove possibile.
Chi desidera saperne di più può rivolgersi direttamente all’associazione italiana.

foto by Leone.

LA DIFFICILE STRADA DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE

Abbiamo parlato da pochi giorni della nuova campagna shock sull’anoressia, ma anche un altro tema preoccupa oggi la comunicazione sociale. Gli adolescenti che si mettono alla guida sarebbero, secondo una recente indagine, più incauti e impreparati dei giovani di qualche anno fa. La comunicazione del rischio non è stata in grado di trovare forme soddisfacenti di espressione. Vediamo perché.

L’Università La Sapienza di Roma ha condotto un’indagine sugli adolescenti per verificare l’influenza della comunicazione sulla sicurezza stradale; i dati emersi non sono però rassicuranti. Innanzitutto la conoscenza delle regole della strada è gravemente insufficiente, mentre le campagne sociali non riuscirebbero a tamponare i danni.

Ciò è dovuto, secondo la ricerca condotta dalla Facoltà di scienze della Comunicazione, da modalità errate di presentazione del rischio. Come nel caso dell’anoressia, una campagna di sensibilizzazione non è tale se si presenta con toni violenti, siano essi nelle immagini o nel verbale.

Verbi come divieto, imposizione o anche lessemi strettamente emotivi come morte, coma e mutilazione portano ad un rifiuto dell’elaborazione del messaggio piuttosto che ad una sua assimilazione; d’altro canto le immagini dotate di forza visiva eccessiva innescano repulsione e distacco, invece che venire ricordate come supporto alla dissuasione.

Tra gli obiettivi delle campagne sociali devono pertanto rientrare l’espressione dell’emotività in termini affettivi e motivazionali, senza presenza di arousal eccessivi, e comunicazioni strategiche sul piano cognitivo e razionale piuttosto che illogico e viscerale. Un tentativo che già studi precedenti hanno tentato di esaminare.

Foto by andrea..

martedì 2 ottobre 2007

IL FESTIVAL DELLA SCIENZA PASSO PER PASSO

Ve lo abbiamo già segnalato negli eventi, ma il Festival della Scienza che si tiene in questi giorni merita di più, qui vi raccontiamo tutte le iniziative più curiose e il clima che si vive a Genova.

La quinta edizione del festival prevede, come ogni volta un tema centrale: la curiosità. Quella stessa curiosità che è il filo conduttore di una iniziativa pensata per avvicinare il mondo di tutti i giorni alle scoperte delle scienze, ma anche per far dialogare tra loro settori vicini spesso divisi dalla pratica della ricerca. Le due intense settimane prevedono infatti un ampio coinvolgimento di personaggi popolari del mondo delle scienze e di numerosi cittadini e visitatori.

Gli argomenti sono tra i più disparati, tra i primi la geologia e le scienze ambientali, con l’attuale tema del surriscaldamento terrestre e all’opposto della ritirata dei ghiacci. Ben tre sono le iniziative, tra filmati e riproduzioni fotografiche ad immortalare l’Antartide, mentre sul versante hot ecco le simulazioni e i filmati di eruzioni vulcaniche e aree calde del globo.

La storia però, da Darwin in poi, narrata con particolare attenzione al degrado dell’ambiente, è un’intrigante favola vista dagli occhi dei bambini.
Ma il tema dell’ambiente è studiato anche da performance e laboratori teatrali, nonché visto dall’occhio di un grande fratello satellite con zoom sulle foreste dell’Africa.

Dalla terra poi, si sa, l’uomo adora passare alle stelle, ed ecco opere e spiegazioni di razzi e basi spaziali con il contributo dell’ASI. Partecipano alle spiegazioni fantascientifiche, sia terrestri che stellari, numerosi fisici di rilevanza nazionale, capaci di spiegare tramite conferenze e workshop interattivi le meraviglie nascoste dei fenomeni naturali.

Per chi preferisce restare sulla terra, la curiosità prende la direzione della materia: dai materiali tecnologici ed intelligenti per le costruzioni e le tecnologie della comunicazione, all’energia.
Ma anche l’uomo, lo dicono i fisici, è un motore ad energia, e quale carburante migliore di un viaggio culinario nei segreti della forchetta e del metabolismo? Cultura certo, ma con un divertissement tutto particolare che rende l’inavvicinabile finalmente accessibile e comprensibile.

Infine l’evoluzione, quella della ricerca, con i suoi metodi, le impennate e le battute d’arresto; ma anche quella ontogenetica. Ed ecco a seguire racconti e mostre di personaggi famosi e vite straordinarie, perché la scoperta è prima di tutto un avventura che appassiona.

E poi non dovremmo dirvelo, ma l’area blog pensata per queste giornate è lì pronta per raccontare le emozioni e i momenti dettagliati di queste due settimane di incontri e stupore. Va bene, ve lo diciamo, ma soltanto se affiancherete alla loro consultazione la consueta fiducia nei confronti di Oltrefreud.
Buona scoperta a tutti!

foto by edomingo

MAI ARRABBIARSI

S. J. Hopson ha elencato quelle che secondo lui sono le regole fondamentali per trattare con gli altri e non perdere mai la calma, anche nelle situazioni massimamante stressanti. Eccole elencate per voi.

I consigli derivano dall’esperienza di un uomo che è già personaggio famoso come broker e abituato a rapportarsi nell’ambiente insidioso e caotico di Wall Street. Le sue regole d’oro sono sette e prevedono:

Calma, di fronte a sfide, provocazioni e soggetti irritati è meglio mantenersi neutri e attendere che la scarica nervosa dell’interlocutore si esaurisca.

Lasciare condurre il discorso all’altro, in tal modo il coinvolgimento sarà ridotto, si eviteranno interruzioni e malintesi e sarà più facile ascoltare in silenzio invece di mitigare le affermazioni dell'altro.

Considerazione, l’interlocutore va comunque ascoltato, calibrando la conversazione in modo appropriato al momento e allo stato di attivazione proprio e altrui.

Ragione, non dare per scontato la propria posizione ma integrare il puntodi vista dell’altro: per quanto adirato offre comunque una propria visione delle cose che va recepita per poter instaurare la conversazione.

Insulti, non siete obbligati a subirli, eventualmente l’incontro può essere rimandato, anche solo di qualche minuto. Alleggerirà la tensione.

Errore, il punto più difficile risiede nell’ammettere di aver sbagliato quando si è in torto. È sicuramente più difficile con un clima acceso ma è un passo che necessita d essere fatto per chiarire la situazione e ri-inquadrarla proficuamente.

Immaginazione, quando proprio la situazione è pesante e irrecuperabile una buona strategia consiste nel rappresentare l’altro sotto sembianze diverse. L’autore consiglia di pensare alle favole. Non si sa mai che la creatività trasversale faccia nascere anche una buona idea che matta tutti d’accordo.

Si tratta sicuramente di una psicologia un po’ spicciola, ma che fornisce comunque dei buoni spunti, del resto non tutte le scoperte devono essere complicate e una volta tanto c’è chi pensa a semplificarci la vita.

Fonte: Corriere della Sera
foto by Valentina Mari

lunedì 1 ottobre 2007

IL SONNO COME SPIA DELLA SALUTE

Una ricerca condotta dalla Società Britannica per il sonno mostra che le ore di riposo sono correlate a specifici disturbi e tassi di mortalità maggiori rispetto alla media. Sotto accusa non soltanto la riduzione delle ore ma anche un’eccessiva tendenza al sonno.

Una ricerca condotta presso l’Università di Warwick, condotta nei due periodi distinti dagli anni 85 agli anni 88 e dal 92 al 93, su un vasto campione della popolazione, prende in considerazione una molteplicità di fattori intervenienti sulle condizioni di salute.

Una specifica analisi si è incentrata sugli effetti della durata media del sonno delle persone: come risaputo già da altri studi una variazione consistente delle ore dedicate al riposo sarebbe causa dell’insorgenza di malattie, prime fra tutte quelle di ordine cardiovascolare, e di un tasso di mortalità superiore rispetto a chi presenta un sonno regolare.

Il risultato maggiormente curioso riguarda però la presenza di un’alterazione dovuta anche ad un numero di ore per notte superiore a 8, anche i dormiglioni pertanto sarebbero avvisati: dormire troppo mina la loro salute. F. Cappuccio, direttore scientifico dello studio, spiega che la cause dei rischi legati alla maggiore sonnolenza sarebbero da ricercarsi nell’origine stessa del sonno, che potrebbe essere a sua volta sintomo di malattie come i cancri o da alterazioni psicologiche quali la depressione.

Foto by Red Lip Gloss