giovedì 24 luglio 2008

L’AMORE? VIENE COL TEMPO

La ricerca sicuramente più curiosa è quella pubblicata sul British Medical Journal a opera dell’Istituto di Neuroscienze di Goteborg. L’amore, lungi dall’affievolirsi con l’età, pare aumentare negli ultrasettantenni che dichiarano di avere una libido più libera e una vita sessuale più soddisfacente. Vediamo i dati.

La ricerca è stata condotta su 1500 intervistati negli ultimi trent’anni, un campione ingente, compatto nelle proprie risposte. Il sesso? Di più e meglio in età anziana. Il fenomeno però pare recente, infatti le settantenni di oggi sono, al pari delle loro coetanee di settant’anni fa, più soddisfatte e più aperte alle esperienze sentimentali e vivono meglio il rapporto con il proprio corpo.

Se non bastasse, i ricercatori hanno stilato delle percentuali relative al numero di rapporti col passare del tempo, che sono cresciuti sia nel caso di soggetti coniugati, che nel caso dei single. I dati sono stati raccolti in tre momenti:
1 primo colloquio (1971): soggetti nati tra 1901-1902
2 secondo colloquio (1976): soggetti nati tra 1906-1907
terzo colloquio (1992): soggetti nati nel 1922
Le percentuali sono visibili nella tabella:


Le differenze non sono soltanto relative alla quantità d’amore ma anche alle percezioni dei soggetti. Il miglioramento maggiore lo rivelano le donne che raggiungono più facilmente e più volte l’orgasmo, mentre gli uomini registrano un abbassamento dell’ansia da prestazione.

Al di là dei numeri, questa ricerca ci dice che forse forse tutte quelle storie sull’amore eterno non erano tavolette. E se proprio amore eterno non sarà., per lo meno si preannuncia piacevole.

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mercoledì 23 luglio 2008

PSYCHO-FLASH: SI LAUREA A 92 ANNI!

Il traguardo di Adriana Jannilli va ricordato per la sua tenacia e la sua dedizione: dopo aver già conseguito due lauree, una in Lingue Orientali e l’altra in scienze Economiche, l’età non ha scoraggiato la pluri-dottoressa.

La tesi di laurea è stata regolarmente discussa dalla novantenne e il suo argomento è relativo, cosa che ci fa ovviamente molto piacere, alla Psicologia delle organizzazioni nell’ambito della pubblica amministrazione. Nello specifico la tesi ha ripercorso le tappe dell’emencipazione femminile nell’ambito del lavoro.

I nostri migliori complimenti alla neo-laureata!

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martedì 22 luglio 2008

PSYCHO-FLASH: ITALIANI EQUILIBRATI

Sono stati recentemente pubblicati i dati relativi a un sondaggio condotto dalla Doxa-Aequilibrium sullo stato di equilibrio e benessere percepito dagli italiani.

E’ emerso che ben 9 persone su 10 si dichiarano in equilibrio con se stesse, tuttavia si rilevano variazioni in base all’età. I più a rischio sono i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni, mentre nella fase 15-24 e in persone oltre i 55 anni il grado di equilibrio è maggiore.

I risultati hanno inoltre stilato una classifica degli eventi maggiormente stressanti e di quelli invece che favoriscono un buon benessere: tra i primi incidono soprattutto il rapporto con il cibo e le relazioni affettive; queste ultime però, unite alla possibilità di parlare e sfogarsi con altre persone fanno anche parte dei fattori di resilienza. L’attività fisica, lungi dal venire dimenticata occupa una buona posizione nella top ten, il che ci rimanda un po’ all’antico adagio greco mens sana in corpore sano.

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PSICOANALISI DEL BISOGNO SOCIALE

L’immagine della psicoanalisi moderna sta cambiando: gli insegnamenti di Freud e Lacan ora si aprono a un pubblico più vasto e permettono a chi si trova in difficoltà di confrontarsi con se stesso. L’iniziativa nasce ad opera dell’Istituto freudiano di Roma e Milano che ha aperto rispettivamente nelle due città i centri di ascolto CeCli. Ecco di cosa si tratta.

I CeCli sono centri clinici di psicoterapia e psicoterapia applicata che offrono ai cittadini la possibilità di accedere a un ciclo di 10, massimo 15, sedute di terapia, sopperendo spesso alla povertà di servizi offerti dal sistema sanitario nazionale. Le sedute sono gratuite e spesso bastano da sole a risolvere il problema, quando invece il caso sia più grave o richiede del tempo è possibile proseguire gli incontri presso lo stesso servizio o liberamente presso altri professionisti.

L’iniziativa nasce dalla domanda molto diffusa, ma difficile da esprimere della buona parte dei cittadini, per la maggioranza appartenenti al ceto medio, che vivono con difficoltà e malessere la crisi sociale odierna, a partire dalle difficoltà economiche e di qualità della vita per arrivare alla mancanza di punti di riferimento.

Ma chi accede a questo servizio? Sicuramente sono in molti: il solo centro milanese registra dalla data della sua apertura (cinque mesi fa) oltre cento richieste delle quali già 60 sono state accolte. La maggioranza degli utenti sono di sesso femminile, ma anche gli uomini apprezzano la possibilità (40% dell’utenza).

La tempistica è particolare, trattandosi si una terapia breve a breve termine: non ci sono incontri bi o tri-settimanali, ma scadenze decise caso per caso volte a sfruttare al meglio le occasioni limitate di incontro.

Le tematiche inoltre sono strettamente legate all’ambiente sociale e alla vita urbana: tra i problemi più frequenti si trovano studenti universitari in crisi da studio, lavoratori precari, fino avere e proprie patologie specifiche quale la dipendenza dallo shopping o problemi di ordine alimentare, senza contare le tossicodipendenze o malattie mentali di una certa rilevanza che il SSN non è riuscito ad assorbire.

Questa apertura della psicoanalisi al sociale, per quanto si tratti ancora di casi sporadici, fa ben pensare: è ora il momento adatto in cui aprire le scoperte e i metodi della professione verso una società bisognosa certo, ma soprattutto consapevole, ora più che nel secolo scorso, dell’importanza e della forza del lavoro su se stessi e sulla propria regolazione.

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lunedì 21 luglio 2008

PSYCHO-FLASH: VIRTUALE BATTE REALE?

Il dilagare di strumenti di comunicazione e di simulazione come videogiochi e cellulari sembra essere per molti un problema che rischia di avere ripercussioni sulla salute e il benessere mentale, in particolar modo dei giovani.

Ne è un esempio la nuova mania dell’IPhone della Apple, ma questo è soltanto uno dei molti strumenti a disposizione, a partire dai telefonini ad uso computer e dalla playstation portatile.
Secondo Massimo di Giannantonio della Società Italiana di Psichiatria è particolarmente duro sul tema: senza regole specifiche di utilizzo, imposte dagli stessi gestori o dai genitori dell’adolescente, gli strumenti di gioco e di immersione virtuale rischiano di portare a vere e proprie sostituzioni dei vissuti cognitivi ed emotivi e portare ad un isolamento potenzialmente dannoso entro il mondo virtuale.

Demonizzare in toto questi strumenti non è possibile, molto si può invece fare per l’educazione all’uso corretto e per lo sfruttamento delle potenzialità di questi strumenti in direzione dell’incremento, non dell’impoverimento, delle facoltà dei giovani. Con un occhio di attenzione: se è vero che la fascia maggiormente a rischio è quella della prima adolescenza. È anche vero che queste piccole, si passi il termine, manie stanno diventando sempre più appannaggio dei giovani adulti, un trend tutt’altro da sottovalutare.

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domenica 20 luglio 2008

5 ANNI PER ESSERE FELICI


La felicità è un'emozone fondamentale della vita, che oscilla nel corso di essa in base agli eventi. Ma dopo un grave lutto o una grave crisi, sebbene sia difficile, si torna a sorridere. Qual è il tempo necessario? Una scrupolosa ricerca, condotta in Germania da due economisti e due psicologi, sulla felicità, svela che dopo circa 5 anni torniamo ad essere contenti.


Durante il corso della vita, subiamo delle oscillazioni della felicità. A volte alcuni eventi o circostanze ci fanno "volare", mentre altre situazioni fanno precipitare il morale a terra. Ma quali sono gli eventi che maggiormente incidono sul nostro grado di felicità? In che misura e in che modalità? Per quanto subiamo il loro effetto?

E' quello che si sono chiesti Andrew Clarck, Yarmis Georgelis, Ed Diener e Richard Lucas, i primi due economisti, mentre i secondi psicologi.


La Ricerca. Hanno condotto uno studio longitudinale della durata di 20 anni, in cui sono state intervistate più di 10.000 persone tra i 16 e gli 80 anni.

Per misurare la felicità si è tenuto conto delle oscillazioni del grado di soddisfazione negli anni che precedono o seguono eventi positivi o negativi. In particolare sono stati presi in considerazione matrimonio, nascita di un figlio, perdita del coniuge, licenziamento o disoccupazione e divorzio.


I Risultati. Gli autori dello studio, pubblicato sul "The Economic Journal" sono dell'idea che ogni persona possegga un livello di felicità di base, influenzato dalla genetica e dalla personalità, a cui naturalmente si torna in seguito di eventi negativi o positivi. In altre parole possediamo un'innata capacità di adattamento che si modifica in base alle circostanze, ma che allo stesso tempo porta al punto di partenza nell'arco di circa 5 anni.

5 anni infatti è il tempo stimato dopo di che inizia la ripresa da un evento funesto, ma nello stesso tempo termina l'eccitazione a seguito, ad esempio, del matrimonio.

In particolare si osserva che gli uomini soffrono particolarmente la disoccupazione, mentre le donne il divorzio.


In conclusione siamo bravi a tornare felici, ma siamo altrettanto veloci a smettere di esserlo dpo le gioie della vita!


foto by Andrea Balducci

lunedì 14 luglio 2008

PSYCHOFLASH: QUANDO IL NEONATO SORRIDE

La rivista Pediatrics ha pubblicato un articolo relativo all’effetto del sorriso del bebè sulla propria madre, un messaggio positivo che avrebbe potere analogo a una sostanza energizzante.

Lo studio è stato coordinato da un equipe di neuroscienziati del Baylor College of Medicine di Houston presso un ospedale pediatrico del Texas. Alla ricerca hanno partecipato 28 mamme con figli di età compresa tra 5 e 10 mesi.

Alle neomamme venivano mostrate fotografie dei propri bimbi mentre sorridevano e le loro risposte neurofisiologiche venivano rilevate tramite risonanza magnetica funzionale.

Si è così potuto osservare che le aree del cervello materno che si attivano sono le medesime connesse ai meccanismi di gratificazione legate a cibo, sesso e droghe. L’attivazione di tali aree neurali del piacere produce attivazione globale dell’organismo, con effetti di tipo stupefacente.
Il sorriso del proprio figlio produce nella madre un vero e proprio effetto energizzante.

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COMBATTERE IL FUMO A SCUOLA

Uno studio condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Brighton, in collaborazione con Mrc Social and Public Health Sciences Unit di Glasgow ha analizzato il rapporto tra l’abitudine al fumo e la qualità dell’insegnamento e delle relazioni con il corpo docente. Ecco cosa ne è emerso.

La ricerca è stata condotta su un ampio campione, costituito da 5092 studenti appartenenti agli istituti scozzesi, con età compresa tra i 13 e i 16 anni ed è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Bmc Public Hearth come studio preliminare per l’approfondimento della tematica della prevenzione al fumo. Lo scopo ultimo è quello di realizzare un efficace programma di prevenzione primaria e secondaria in età precoce, prima che il fumo diventi un’abitudine radicata.

I risultati emersi sono stati molteplici. Dapprima si sono potute mappare le percentuali di fumatori, che vedono un grande aumento delle fumatrici femminili con discesa invece dei ragazzi (39% contro il 25% dei maschi). Tali percentuali medie sono soggette a variazioni nei diversi istituti ma permane comunque il maggiore numero di ragazze.

Il fumo inoltre è favorito/ostacolato da fattori diversi in base al sesso: per i maschi incidono maggiormente il livello socio-economico e culturale proprio e della famiglia di appartenenza; per le femmine intervengono maggiormente il personale atteggiamento scolastico e l’attenzione o meno al rapporto insegnante-alunni.

Il rapporto tra docente e scolari è stato approfondito nello specifico: esso si configura come buon fattore predittivo dell’attitudine o meno al fumo. I ragazzi, sia maschi che femmine (con netta prevalenza femminile), erano maggiormente propensi al fumo se il rapporto con l’insegnante era pessimo o di scarsa qualità, se il benessere scolastico percepito era scarso e se la scuola non presentava specifica attenzione e orientamento verso i temi dell’altruismo e della cooperazione.

Tutti fattori questi passibili di divenire il fulcro di nuove ricerche volte alla creazione di un buon clima scolastico, capace di intervenire in modo maggiormente efficace nel dialogo e nella riduzione non soltanto dell’abitudine al fumo, ma anche dell’abuso di sostanze e dei comportamenti devianti e di bullismo.

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mercoledì 9 luglio 2008

COMUNICARE TRA SESSI

Che l’attenzione alle differenze di stile e di comunicazione tra sessi sia all’ordine del giorno è ormai evidente , vista la giungla intricata e affollata di saggetti, opuscoli e romanzetti che ne parlano. Ma c’e del vero in tutto questo? Proviamo a chiedercelo.

La psicologia, dal canto suo, ha effettuato numerose ricerche sulle comunicazioni intersessi e ne sono emersi molti ed interessanti fattori, che le coppie dovrebbero tenere presente quando comunicano tra loro:

La quantità di parole usate: le donne sono più prolisse degli uomini e usano in media ventimila parole al giorno contro le settemila degli uomini. Recenti studi tuttavia mostrano che questo gap stia diminuendo, visto che l’uomo pare più propenso ad aprirsie e confrontarsia anche verbalmente con gli altri.

Le modalità comunicative: lo stile femminile è maggiormente orientato a collaborazione ed empatia, mentre l’uomo comunica assertività e usa termini maggiormente pratici, scarsi di sfumature emotive. Il che equivale a dire che la comunicazione dei sentimenti per l’uomo è ancora una campo da incrementare.

L’elaborazione delle informazioni: la mente femminile è altamente analitica, si sofferma su particolari e ha precisi riferimenti per ogni situazione, l’uomo invece predilige un’elaborazione globale, vale a dire uno sguardo d’insieme e sintetico volto alla rilevazione dei soli particolari salienti. In realtà entrambi i sessi usano ambedue le strategie, ma si notano preferenze per l’uso dell’una o dell’altra; rassegnamoci: non si ricorderanno mai come eravamo vestite bene quella sera!

Gli ormoni: oltre alle diversità strutturali, anche le concentrazioni di ormoni fanno la loro parte, soprattutto se si devono affrontare situazioni stressanti. Anche un recente saggio, no totalmente psicologico, scritto da John Gray, imputa le cause della difficile comunicazione all’attività ormonale e alla situazione ambientale difficile in cui ritrovano molte coppie, divise freneticamente tra a more lavoro e figli. Ma la soluzione non è solo qui, visto che la comprensione uomo-donna e viceversa non è fatto recente né tanto meno tipico delle veloci società occidentali.

La gestualità: anche nell’esibizione del comportamento uomini e donne sono diversi e ciò crea spesso problemi di interpretazione di reazioni o espressioni che possono degenerare in conflitto. Fare attenzione alle modalità di azione e reazione del partner e imparare a collegarle i giusti stati d’animo è sicuramente un ottimo passo in vanti nella comprensione reciproca.

Insomma i fattori che entrano in campo sono davvero molti, ma uomo e donna sono finora riusciti sempre a cavarsela. E se proprio la situazione fosse disperata, prima di ricorrere a una seria terapia di coppia vale la pena farsi due risate sul Dizionario Lui-Lei, perché si sa: ridere delle proprie paure e sfatare le rabbie sopite resta sempre il metodo migliore.

In questo articolo sono stati citati i seguenti libri:
J. Gray, Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere e sono tutti sotto stress. Continuare ad amarsi quando la vita si complica, Rizzoli
P. Occhipinti, S. Viviani, Dizionario Lei-Lui, Rizzoli

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PSYCHO FLASH: ATTENZIONE ALA DROGA VIRTUALE

Recentemente in internet è possibile scaricare file sonori in grado di provocare effetti simili a quelli dell’assunzione di droga, semplicemente ascoltando queste melodie. Ma i rischi possibili sono molti.

Il software principale si chiama I-Doser, ma basta anche un comune programma audio multimediale e un paio di cuffie per l’ascolto. Solitamente la prima tranche è gratuita, mentre ulteriori brani vengono offerti a pagamento.

Cosa si nasconde dietro questo effetto? Tali suoni agiscono tramite speciali frequenze che vengono percepite dal cervello ma non a livello conscio; si tratta di suoni compresi tra 3 e 30 hertz che spesso, per risultare più piacevoli all’udito, vengono aggiunti o mescolati con melodie note o di tipo ritmico.

Tali basse frequenze lavorano sulla stessa lunghezza d’onda del cervello e nonostante non esitano ad oggi prove scientifiche della loro pericolosità o meno, è lecito supporre che esse interferiscano con il funzionamento mentale, in modo temporaneo o forse persino prolungato, proprio per produrre gli effetti narcotici.

Cosa si prova dopo l’ascolto? Chi l’ha provato dice di non avere avvertito sensazioni particolari durnte l’ascolto, alcuni addirittura di non aver neppure percepito dei suoni. In seguito però, pochi minuti dopo “l’assunzione” compaiono gli effetti: vanno da un lieve stato di euforia ad uno invece di rilassatezza, fino all’esaltazione o al contrario alla depressione temporanea a seconda di come reagisce ognuno (gli effetti delle droghe si sa sono spesso soggettivi, è ciò vale anche per la loro parente virtuale). Alla fase piacevole subentrano poi i postumi, simili a quelli di una sbornia alcolica: mal di testa, stanchezza, ronzii alle orecchie e nausea. Per alcuni inoltre agiscono da subito gli effetti negativi, senza alcuna sensazione piacevole.

Finchè non si avranno notizie scientifiche in merito alla pericolosità o meno del fenomeno, vi invitiamo ad usare prudenza e a non farvi vincere dalla curiosità: basta una sola volta per avvertire tutti questi effetti!

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martedì 8 luglio 2008

STO-NATI

Secondo una recente ricerca l’essere stonati non dipende tanto da digiuno o avversione musicale, bensì dal nostro cervello. In quest’otica non esitono training in grado di modificare l’amusia, se non precoci, ma non disperiamoci: possiamo sempre canticchiare sotto la doccia!

L’amusia è il termine utilizzato per indicare l’incapacità o difficoltà di riconoscere correttamente i suoni e di conseguenza l’incapacità di produrre pattern musicali piacevoli. Senza entrare nei casi gravi di amusia (incapacità settoriale di riconoscimento di un dato suono, ad esempio il pianto infantile) né in quelli di incapacità indotta a seguito di traumi fisici subiti, possiamo dividere l’essere stonati in due diversi tipi. L’amusia ritmica è tipica di chi non riesce a seguire a tempo o a riprodurre con il ritmo corretto una melodia precedentemente udita, mentre l’amusia tonale è l’incapacità generica di cantare correttamente una canzone.

Il recente studio di Isabelle Peretz, studiosa presso il Department of Psychology all’ University of Montreal, ha mostrato che responsabile dell’errata intonazione non è tanto l’area cerebrale della corteccia uditiva, ma in regioni specifiche collocate nell’emisfero destro. Se l’essere stonati non viene corretto in fase infantile precoce, quando le connessioni neurali e la struttura cerebrale è dotata di elevata plasticità, si confermano pattern “disfunzionali” che portano ad essere stonati.
Tali aree divengono incapaci di distinguere suoni diversi per semitoni inferiori, ma produce in modo più intenso semitoni maggiori.

La dott. Peretz continua tuttora ad occuparsi di studi in ambito musicale e uditivo e prossimamente verranno pubblicati i risultati della sua attuale ricerca sulla capacità discriminativa sonora del cervello.

Per chi fosse interessato, nel nostro blog abbiamo parlato più volte dei legami tra musica e psicologia, per quanto riguarda il fenomeno dell’orecchio assoluto e delle applicazioni cliniche del suono.

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PSYCHO-FLASH: PSICOLOGI A NAPOLI

La difficile raccolta dei rifiuti a Napoli ha creato, come è noto dalla cronaca di ormai molte settimane, un clima difficile da vivere, con le conseguenze psicologiche che da questo possono derivare.

Tra coloro che interverranno nella città di Napoli sono stati interpellati anche Psicologi dell’emergenza, figura professionali in grado di rapportarsi con situazioni di emergenza e di sostenere le risorse psico-sociali delle persone anche in ambienti scarsamente vivibili.
Una bella iniziativa, indipendentemente dalle polemiche che da essa sono sorte e dalle schermaglie tra Ordini regionali diversi, dove lo Stato riconosce non da ultimo l’importanza del sostegno psicologico e delle sue implicazioni sulla salute. Gli psicologi inoltre potranno occuparsi anche di ristabilire un clima collaborativo e di comunicazione proficua, nonché la creazione di alleanze e gruppi per il sostegno tra cittadini; un ruolo questo tipico degli psicologi della comunicazione.

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