La psicologia, soprattutto il versante cognitivo, ma da anni ormai anche la clinica, si è arresa di fronte all’onnipotenza dello psicologo super-partes e ha realizzato che soltanto la collaborazione e la bidirezionalità del rapporto col paziente sono alla base della guarigione. Questo tanto più quando si parla di comunicazione: abbandonata la teoria matematica, si è d’accordo in gradi diversi che ci sia scambio, cooperazione e coordinamento tra i partner conversazionali.
Tale scambio ovviamente comprende anche il versante della creatività, che molte aziende, soprattutto nel campo tecnologico, mirano a sfruttare a proprio favore. Ecco allora che il consumatore o paziente che sia non si omologa più all’offerta disponibile, ma crea insieme al fornitore di servizi, che sia lo psicologo o l’azienda, un qualcosa di personale. Forse si dovrebbe parlare di un nuovo valore aggiunto e non basterebbero più e distinzioni sociologiche alla Marx, ma questo è un altro discorso.
Ciò che conta è che la società si sta accorgendo di questa modificazione, purtroppo a volte con ritardo, come sottolinea un articolo apparso su Repubblica. Ecco che le aziende, al di là di quelle impegnate in prima persona nei nuovi media e communication resources, ancora dimenticano il potenziale creativo dei loro utenti.
La psicologia, che da tempo è giunta a questa consapevolezza, può invece fornire quella capacità in più per sfruttare al meglio le potenzialità a disposizione. Per questo ci sia augura presto una disposizione dell’Ordine degli psicologi al merito, e una riconoscimento di tale ruolo anche alla Psicologia della comunicazione.
Tale scambio ovviamente comprende anche il versante della creatività, che molte aziende, soprattutto nel campo tecnologico, mirano a sfruttare a proprio favore. Ecco allora che il consumatore o paziente che sia non si omologa più all’offerta disponibile, ma crea insieme al fornitore di servizi, che sia lo psicologo o l’azienda, un qualcosa di personale. Forse si dovrebbe parlare di un nuovo valore aggiunto e non basterebbero più e distinzioni sociologiche alla Marx, ma questo è un altro discorso.
Ciò che conta è che la società si sta accorgendo di questa modificazione, purtroppo a volte con ritardo, come sottolinea un articolo apparso su Repubblica. Ecco che le aziende, al di là di quelle impegnate in prima persona nei nuovi media e communication resources, ancora dimenticano il potenziale creativo dei loro utenti.
La psicologia, che da tempo è giunta a questa consapevolezza, può invece fornire quella capacità in più per sfruttare al meglio le potenzialità a disposizione. Per questo ci sia augura presto una disposizione dell’Ordine degli psicologi al merito, e una riconoscimento di tale ruolo anche alla Psicologia della comunicazione.
foto by Lessio
Nessun commento:
Posta un commento