giovedì 21 febbraio 2008

HARRY POTTER E LA PSICOLOGIA

Il fenomeno di Harry Potter, arrivato al suo ultimo tomo, ha coinvolto grandi e piccini. Ma dov'è il segreto del successo? Un'analisi psicologica completa delle temetiche del maghetto più famoso non è ancora emersa, ma noi vi proponiamo un primo insight basato sul potere educativo e di crescita delle fiabe.

La fiaba è un'ambito ampiamente indagato dalla psicologia, e dalla psicoanalisi sin dai suoi esordi. Lo stesso Freud se ne era occupato, gettando le basi per un'analisi approfondita.

Partendo dall'affermazione di E. K. Schwartz per cui "la fiaba è una realtà in cui il bambino vive" si può subito vedere come la lattura di una storia influisca fortemente sullo sviluppo dell'infante.


La trama riprende il plot tradizionale della grammatica delle storie, che prevede un evento iniziale, uno o più tentativi con le rispettive conseguenze e la soluzione. Tutta la saga si basa sull'inttrecciarsi di problemi secondo questo schema.


B. Bettelheim ne Il mondo incantato scrive “Perché una storia riesca realmente a catturare l’attenzione del bambino deve divertirlo e suscitare la sua curiosità. Ma per poter arricchire la sua vita, deve stimolare la sua immaginazione, aiutare a stimolare il suo intelletto e chiarire le sue emozioni, armonizzarsi con le sue ansie ed aspirazioni, riconoscere appieno le sue difficoltà, e nel contempo suggerire soluzioni ai problemi che lo turbano (...) e questo senza mai sminuire la gravità delle difficoltà che affliggono il bambino, anzi prendendone pienamente atto (...)"


In Harry Potter sono espliciti soprattutto i mutamenti dell'adolescenza: le forze magiche e occulte, i poteri che il protagonista scopre di avere simboleggiano i cambiamneti, sia ormonali che psicologici dell'adolescente che non si riconosce più in se stesso. Il bambino si risveglia in un corpo nuovo che all'inizio lo spaventa, lo mette a disagio e che deve cercare di controllare: questo lungo cammino lo porta ad avere dimestichezza con le sue facoltà, con le sue capacità da giovane adulto.


Il potere educativo della fiaba risiede infatti, secondo Bettelehim, nella capacità di incanalare le spinte pulsionali verso mete accettabili, in tal modo esse non vengono vissute come negative ma tramutate in energia e potenziale di crescita. I piaceri "proibiti" delle fasi orali ed anali prendono forma nelle sembianze di pozioni disgustose o di ghiottonerie fiabesche che prevedono gusti infiniti. Tutto questo ha il pregio di mostrarsi senza colpevolizzazione.


L'altro punto a favore di harry Potter è che permette al lettore di identificarsi con il protagonista, di sentirsi simile a qualcun altro nel momento in cui si percepisce come terribilmente diverso, ridimensionando le sue ansie tramite un percorso che con l'ironia lo porta a sdrammatizzare difficoltà e paure riducendo i sensi di colpa legati alle fantasie pulsionali.

Così le pulsioni aggressivo-sessuali, questo in un'ottica altamente freudiana, non sono inibite e irretite ma sublimate in favore di un migliore senso di realtà.zione delle pulsioni aggressivo-sessuali, aiutano così a rafforzare il principio di realtà.


Molto altro ci sarebbe ancora da dire sulla rielaborazioe del lutto, sia da aprte di harry che dal punto di vista più autobiografico dell'autrice; di questo si parlerà più avanti.


Foto by Gettyimages

lunedì 18 febbraio 2008

IL GIOCO D'AZZARDO


L’imminente uscita del film ‘Il mattino ha l’oro in bocca’ porta l’attenzione sulla pazzia del gioco d’azzardo, un vizio pericoloso ed una vera e propria dipendenza.

Esce il 29 febbraio il film ‘Il mattino ha l’oro in bocca’, tratto dal libro autobiografico ‘Il giocatore (ogni scommessa è un debito)’ di Marco Baldini. Il film, e prima il libro, racconta la storia del popolare deejay, della sua carriera in radio ma soprattutto del vizio del gioco, che lo fa sprofondare in un’angosciante situazione.

Il gioco d’azzardo è una delle più antiche forme di divertimento, che si riscontra già nel 3000-4000 a.C., presso gli egizi, dove era praticato il gioco dei dadi, e nella Roma imperiale, dove gli imperatori Caligola, Nerone e Claudio furono giocatori accaniti.
Negli ultimi decenni il gioco d'azzardo, ha subito una forte espansione, grazie alle Sale Bingo, il SuperEnalotto e i gratta e vinci e di giochi on-line.

Secondo recenti ricerche l’80% della popolazione italiana dedica attenzione al gioco d’azzardo, anche se fortunatamente solo l’1-3% della popolazione sviluppa una vera a propria dipendenza. Il gioco d’azzardo patologico rappresenta un problema considerevole, con forti ripercussioni psicologiche, sociali ed economiche..

Per il DSM-Iv il gioco d’azzardo patologico (GAP) rientra nell’area dei Disturbi del controllo degli impulsi, ed ha grande affinità con il gruppo dei Disturbi Ossessivo-Compulsivi (DOC) e soprattutto con i comportamenti d'abuso e le dipendenze. Il giocatore d’azzardo vede il gicoco come la cosa più importante della sua vita, utilizzato per sfuggire da crisi e difficoltà; infatti, ne descrivono l’esperienza come ‘esaltante’ ed ‘eccitante’, momento di sommo piacere.

Il GAP è un disturbo che ha gravi effetti non solo economici, ma anche relazionali. Inoltre non sono da sottovalutare i danni fisici: spesso infatti il gioco d’azzardo si trova associato ad altri vizi particolarmente dannosi per la salute, come fumo ed alcool.
Il giocatore necessita di un aiuto e di un sostegno psicologico per poter superare la dipendenza dal gioco. Infatti, quando il gambler tenta di rinunciare al gioco e di resistere all’impulso a giocare, cade in preda ad un profondo malessere in forma di ansietà o di irascibilità, associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento che possono culminare anche in un atto suicida. Il sostegno psicologico è volto ad aumentare la stima e le strategie di coping, a ristrutturare i concetti del valore del denaro, del senso della famiglia e del lavoro.
Questo articolo è solo una breve panoramica sul fenomeno, che sta assumendo dimensioni sempre più allarmanti. Rimandiamo, tuttavia, per maggiori e più dettagliate informazioni, ad alcuni siti:
- cestep, centro per lo studio e la terapia delle psicopatologie
foto by loveking

giovedì 14 febbraio 2008

VEDO SOLO TE

Dire che l'amore è cieco da oggi non sarà più soltanto una frase fatta. EHarmony, in colaborazione con l'Università di Los Angeles ha condotto uno studio sulle strategie d'amore. L'eseprimento ha mostrato che adottiamo strategie altamente selettive in campo amoroso che ci portano a preferire il partner anche a fronte di stimoli altamente seduttivi. Vediamo perchè.

Lo studio, condotto dagli psicologi Gian Gonzaga e Marie Haselton, ha coinvolto 120 universitari che hanno dichiarato di avere uina relazione stabile con una persona dell'altro sesso, A questi soggetti venivano presentate fotografie di persone tra le quali scegliere la più attraente; in seguito veniva loro richiesto di scrivere un breve commento o una dedica o sulla persona scelta o sul proprio partner.
I risultati hanno mostrato che chi si era dichiartao innamorato del proprio compagno/a era al contempo meno tentato dal fascino delle fotografie e tendeva a concentrarsi maggiormente sul partner.
Secondo i ricercatori la spiegazione consiste in una sorta di capacità selettiva delle emozioni che porta a segmentare la realtà in modo apparentemente illogico: i soggettui infatti negano l'attraenza delle persone loro presentate per evidenziare invece quella del partner trascurando volontariamente dettagli significativi della nuova scelta. L'amore fungerebbe come una sorta di paraocchi che ci porta a vedere soltanto l'altro da noi scelto e a considerare tutto il resto come non alternativa.
Ovviamente questo accade soltanto laddove ci sia un sentimento vivo e non nelle relazioni di facciata.
La ricerca, in perfetto stile S. Valentino, è uno studio curioso che va ad aggiungersi a quel filone di studi che afferma l'esistenza di un'intelligenza emotiva. Tuttavia non è soltanto il sentimento dell'amore a fare da freno ai nostri desideri, nel momento del tentato tradimento, seppure a parole intervengono anche altri fattori come la stima e la fiducia, la tendenza a perseguire lo status quo e a non mettersi in discussione, la scaras rattività al cambiamento e così via; fattori che questa ricerca pone in ombra.
Foto by Gettyimages

UOMINI DI SUCCESSO GRAZIE A PAPA'

Un recente studio condotto presso l'Università di Uppsala in Svezia ha mostrato che un rapporto positivo con i genitori, e in particolare con la figura paterna, sostiene e migliora la riuscita nella vita.

I ricercatori hanno esaminato una lunga serie di dati, raccolti da ricerche condotte in vent'anni dal 1987 al 2007, i quali hanno mostrato dati significativi e raffrontabili.

La presenza dei genitori risulta positivamente correlata ad una vita adulta sana e priva di rischi.

Nello specifico diminuiscono i problemi comportamantali, primi fra tutti quelli legati all'abuso di alcool e sostanze stupefacenti; in generale si assiste a un miglioramento globale della qualità di vita.. l'effetto positivo fungerebbe inoltre da fattore immunizzante anche nei confronti di condizioni di vita disagiate o a basso reddito familiare.

Gli effetti sono ancora più accentuati se il padre esiste nella famiglia con un ruolo definito ed è sufficientemente presente ed attentivo nei confronti dei figli.

La presenza di papà poi è essenziale sia per la prole maschile che per le femminucce.

I bambini assistiti con cura dai padri sviluppano un buon livello di socialità con i compagni, ottengono migliori risultati nello studio e paiono evitare i comportamenti devianti della fase adolescenziale.

Le bambine invece sviluppano un migliore rapporto con se stesse, sia sul piano fisico che su quello mentale, mantendo un buon livello di benessere lungo l'arco di vita.

Gli effetti positivi del father caring sono infatti duraturi per almeno 20 anni dopo l'adolescenza.

Cari papà, cosa aspettate? Il futuro dei vostri bimbi dipende (anche) da voi!

Foto by Gettyimages

lunedì 11 febbraio 2008

OCCIDENTALI E ORIENTALI: DUE CULTURE A CONFRONTO


Richard Nisbett, illustre psicologo statunitense, ha illustrato nel suo ultimo libro ‘Il tao e Aristotele’ le differenze psicologiche tra occidentali e orientali.

Le culture occidentali ed orientali si scontrano spesso per modo di pensare e vivere. Una delle più assodate teorie psicologiche definisce gli occidentali come una cultura individualista, orientata verso il singolo e le sue aspirazioni; al contrario la cultura occidentale è definita collettivista: il benessere della comunità si antepone alle aspirazioni del singolo.
Cultura individualista e cultura collettivista sono solo i due poli delle molte differenze che dividono occidentali ed orientali, come illustra Richard Nisbett nel suo recente libro ‘Il tao e Aristotele. Perché asiatici e occidentali pensano in modo diverso’, edito in Italia da Rizzoli.

L’ipotesi di Nisbett, che si basa su numerosi studi sulle differenze tra asiatici ed occidentali, è che asiatici ed occidentali possiedano processi cognitivi diversi.
In particolare l’uomo occidentale, nell’affrontare un problema, si focalizza su di esso, lo analizza e lo scompone, sviscerandolo dal contesto. Al contrario i cinesi pongono maggiore attenzioni alle variabili contestuali, ritengono infatti indispensabile una visione d’insieme per poter giungere ad una risoluzione del problema.
In altre parole potremmo definire il nostro modo di pensare ‘lineare’ e quello cinese ‘circolare’.

Questo libro, oltre a farci scoprire il modo di pensare di una cultura così differente dalla nostra (che già di per sé è un buon esercizio per aprire la mente) costituisce un contributo per la società moderna, dove è sempre più urgente la necessità di un ponte tra culture.

Foto by Kevin Wu

domenica 10 febbraio 2008

SHOPPING CONTRO LA TRISTEZZA


Cattivo umore, bassa autostima e tristezza stimolano gli acquisti, visti come mezzo per riscattarci, migliorare e quindi tornare di buon umore. La correlazione positiva tra cattivo umore e shopping è stata rilevata da una ricerca compiuta da un team di ricercatori americani provenienti da più università ( C. Cryder, J. Lerner, J.J. Gross, Ronald E. Dahl) e che sarà presentata domani al meeting annuale della ‘Society for personality and Social Psychology’.

Questa notizia farà piacere a tutti coloro che almeno una volta nella vita si sono sentiti dire ‘ma hai proprio le mani bucate!’ e per tutti quelli che vengono presi in giro quando affermano che lo shopping è il miglior metodo contro la tristezza. Da oggi infatti hanno dalla loro parte una ricerca scientifica.
Verrà presentata domani al meeting annuale della ‘Society for personality and Social Psychology’ in corso ad Albuquerque, nel New Mexico, e che sarà pubblicata a giugno sulla rivista ‘Psychological Science’, una ricerca che ha evidenziato un legame tra umore e shopping.

L’umore e le emozioni svolgono un ruolo fondamentale nelle decisioni sugli acquisti: sembrerebbe infatti che una bassa autostima faciliti l’acquisto di beni materiali che avrebbero proprio lo scopo di aiutare a stare meglio.
Lo studio richiedeva ai soggetti partecipanti di comprare delle bottiglie d’acqua, stabilendone il prezzo. Metà dei partecipanti aveva precedentemente guardato un video triste, l’altra metà un filmato neutro.

Il team dei ricercatori americani che ha sviluppato lo studio ha osservato che il gruppo sperimentale che aveva assistito al filmato triste era disposto a spendere circa il 300% in più per la stessa bottiglia d’acqua rispetto all’altro gruppo.
La tristezza faciliterebbe dunque acquisti sconsiderati: acquistare nuovi oggetti fa risalire la propria autostima poiché il cattivo umore tende a farci svalutare noi stessi e gli oggetti che già possediamo.
La ricerca è prodotta in un setting di laboratorio, e i ricercatori mettono in allerta contro le potenzialità molto più negative nella vita reale, sebbene non siano ancora state indagate.

Foto by mveatch

giovedì 7 febbraio 2008

RICORDARE DORMENDO


Dormire dopo lo studio consente di potenziare il ricordo, ma solo se l’apprendimento è avvenuto con una buona dose di attenzione. Sono i risultati ottenuti da una ricerca del Centro del sonno del Massachusetts.

Se è vero che chi dorme non piglia pesci, chi dorme ricorda meglio! Una ricerca ha infatti evidenziato un effetto benefico del sonno sull’apprendimento. La ricerca è stata condotta dal dipartimento di psichiatria dell’Harvard Medical School (Massachusetts) e recentemente pubblicata sulla rivista scientifica 'Sleep'.

Lo studio ha coinvolto 33 soggetti (11 maschi e 12 femmine) con età media 23 anni, invitati a recarsi nel laboratorio alle 11.30 del mattino. Venivano poi sottoposti ad una serie di esercizi d’apprendimento e test sulla memoria sino alle ore 13.00. A questo punto i soggetti venivano divisi in due gruppi sperimentali, 16 soggetti si concedevano un sonnellino pomeridiano, mentre 17 rimanevano svegli in laboratorio. Lo studio terminava con ulteriori test alle 16.00 del pomeriggio.

Sono state analizzate le risposte ai test ed è emerso che il ricordo viene rafforzato dal sonno. 45 minuti di sonno non-Rem sono sufficienti a rafforzare il ricordo. Inoltre il test ha evidenziato che il ricordo viene potenziato solo se successivo ad un serio apprendimento. In altre parole, se si studia con attenzione e concentrazione un sonnellino post-studio è utile per migliorare il ricordo.
Mattew Tucker, ricercatore del Centro del sonno del Massachusetts e coordinatore della ricerca, commenta così i risultati: “Questi risultati suggeriscono che c'è una sorta di livello ideale per apprendere attraverso il sonno, che aiuta ad elaborare in modo ottimale i ricordi. L'importanza di questa scoperta è anche che il sonno può essere utile, ma non a elaborare tutte le informazioni acquisite nella fase di veglia”.

Foto by capitan-patata

martedì 5 febbraio 2008

LEGGERE PER STARE MEGLIO



Leggere per guarire dalla tristezza e dalla malinconia. Miro Silvera spiega perché e come nel suo saggio ‘Libroterapia’.

Pet-therapy, musicoterapia, danzaterapia, una nuova terapia si aggiunge alla lista. La cura è semplice: basta leggere un buon libro. E’ la teoria di Miro Silvera, consulente editoriale, traduttore, poeta, romanziere e saggista e soprattutto libroterapeuta, che ha recentemente trasposto le sue teorie nel saggio ‘Libroterapia. Un viaggio nel mondo infinito dei libri’ (ed. Salani).

La lettura non è un semplice momento di svago, ma consente di staccare la spina, di divagare dalla propria realtà ed entrare in un nuovo mondo che ci distoglie dalla quotidianità. Leggere un libro è una vera e propria medicina, una medicina a portata di tutti, e che ognuno può assumere come e quando vuole. Non tutti i libri sono però uguali, solo i libri buoni, i buoni romanzi per intenderci, sortiscono l’effetto desiderato.

Inoltre alcuni libri sono più indicati in alcuni momenti, mentre altri in altre situazioni. Per fare alcuni esempi le fiabe sono la cura migliore contro la malinconia, gli aforismi sono una sorta di terapia e breve temine dove il lettore guarisce 'da solo dai sentimenti come dolore, rabbia e tristezza'.

Foto by jbracks

lunedì 4 febbraio 2008

SOMMARIO DELLA SETTIMANA

Questa settimana ci siamo occupate di:

Problemi dell’alimentazione: l’anoressia lascia tracce nel nostro sistema cerebrale, lo svela una recente ricerca

Emozioni:

l’amore tra due persone può incidere come fattore di depressione e sconfinare nella morte se viene a mancare uno dei due partners.

I bambini ricordano il momento del parto se sottoposti da ipnosi: realtà o suggestione

Cognizione: le regole e i metodi per superare gli esami e trarre davvero profitto dalle lezioni

Foto by Gettyimages