Una ricerca recente pubblicata sul Personality and Social Psychology Bulletin rivede il famoso Stanford prison experiment suggerendo delle nuove motivazioni. Potrebbe essere stati gli stessi ricercatori a selezionare soggetti propensi a comportamenti aggressivi tramite il testo della convocazione. I risultati sono emersi tramite una “prova simulata” del reclutamento di partecipanti.
Chi si occupa di psicologia conosce bene lo Stanford prison experiment i cui sorprendenti esiti stupirono lo stesso realizzatore e fecero a lungo discutere sulla metodologia psicologica. Col tempo i comportamenti anomali vennero identificati come “effetto lucifero”, caratterizzato da comportamenti inattesi e malevoli verso terzi.
Durante un esperimento sui comportamenti carcerari 9 studenti della Stanford university si trasformarono in sentinelle spietate nei confronti dei loro 9 compagni coinvolti. La spiegazione di un simile inatteso comportamento venne fatta dipendere dalla situazione come stimolo elicitante, data la totale sanità mentale e psicologica dei partecipanti.
L’attuale revisione, condotta da Thomas Carnahan e Sam McFarland, parte dall’ipotesi che i partecipanti pervenuti per lo Stanford experiment fosserò già portati ad assumere comportamenti di violenza in quanto non casualmente estratti dalla popolazione. I partecipanti vennero infatti reperiti tramite la pubblicazione di un annuncio che specificava che si trattava di uno studio psicologico sulla vita carceraria.
Pubblicando un falso annuncio per la ricerca di soggetti i due ricercatori hanno esaminato i profili di personalità dei soggetti. Coloro che rispondevano alla convocazione per uno studio psicologico di tipo carcerario avevano profili diversi rispetto a coloro che pervenivano per un generico studio psicologico.
Nello specifico alcuni soggetti vennero esclusi per antisocialità o criminalità seppure lievi (coame anche nello Stanford), ma le persone normali accettate dimostravano differenze significative rispetto al gruppo di controllo per una serie di fattori. Dimostravano di avere un livello inferiore nel comportamento prosociale e di essere meno propensi a sviluppare empatia; inoltre presentavano in misura maggiore tratti di machiavellismo, aggressività e autorità.
Probabilmente soggetti con maggiore tendenza ai comportamenti aggressivi e con maggiore bisogno di autorità sociale sono attratti da una situazione che può rivelarsi conforme ai loro tratti attitudinali.
La spiegazione dei comportamenti apparsi nello Stanford prison experiment sono quindi da imputarsi anche alla situazione, ma non solo: sono le caratteristiche delle persone a spingerle verso determinati ambiti ed esperienze, che permettono loro di esercitare il proprio atteggiamento. Non si tratta ovviamente di tendenze patologiche, ma di regole che guidano il comportamento quotidiano di ognuno: chi ha un animo socievole tende a preferire luoghi affollati in cui è facile stringere relazioni.
Per saperne di più sull’atteggiamento quotidiano, il libro: F. Dogana, Tipi d’oggi.
Per approfondire lo Stanford prison experiment:
L’effetto Lucifero: come persone buone possono diventare cattive, Conferenza con la partecipazione di Zimbardo, Roma, 22 mag.
foto by gmascia
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