A Saclay in Francia è stato inaugurato il centro Neurospin che mira a diventare il principale polo internazionale per lo studio dell’anatomia del cervello, le sue funzioni e i processi cognitivi. L’edificio è stato progettato e realizzato dallo Studio di architetti associati Vasconi, e si estende su uno spazio di 11 mila metri quadri, attrezzato con laboratori multidisciplinari e strumentazioni di precisione di massima avanguardia.
La volontà degli ideatori è di favorire una circolazione delle idee tra professionisti, tramite lo studio architettonico delle strutture e l’utilizzo di interfacce fisiche e computeriche innovative.
Non è un’idea recente quella che il luogo possa favorire o meno l’interazione tra gli individui, come già evidenziano la psicologia ambientale ed architettonica, e gli architetti che si sono occupati dell’ideazione di questo edificio hanno efficacemente messo in pratica gli spunti e le indicazioni che queste discipline hanno elaborato.
Il concetto alla base risiede nella semplicità, degli spazi e dell’organizzazione: due soli edifici, paralleli, essenziali nelle linee ma evocativi. I due spazi sono infatti divisi da una navata collocata al centro in modo da permettere un’identificazione immediata di tutti gli ambienti presenti (laboratori, sezioni…), nonché di ricreare uno spazio di condivisione comune, seppure simbolico, da cui nessuno venga escluso. L’organizzazione è orizzontale, tutti gli edifici presentano un solo piano (tranne uno) in modo che siano ottimizzati i tempi e le modalità di spostamento.
Infine i creatori, consapevoli dell’attaccamento simbolico che ogni individuo sviluppa verso i luoghi di appartenenza, hanno riprodotto in costruzione l’interesse principale di chi lavorerà nel Centro: la galleria centrale è la spina dorsale dell’edificio, il luogo dove nell’anatomia umana le informazioni dalla periferia giungono al cervello e da lì ripartono con nuovi significati. Non solo: la copertura degli edifici ha andamento sinusoidale, uguale a quello assunto dalle onde cerebrali.
Alcuni potrebbero pensare che si tratti solo di bizzarrie che non presentino fondamento scientifico alcuno, in realtà si tratta di analisi sofisticate nate a partire dalle ricerche in nuce sulla qualità degli ambienti di vita.
Una volta eliminati i rumori, l’inquinamento domestico, le anomalie strutturali, le difficoltà architettoniche, si apre uno spazio condiviso per la progettazione che, a parere dell’autrice, è campo fruttuoso di ricerca e sperimentazione.
Chi ha visto asili pensati per adulti, ha sicuramente provato un filo di sconcerto di fronte alla mancanza di attenzione per la giovane utenza; raramente lo stesso stranimento si prova davanti a opere architettoniche non a misura d’uomo. La strada di un’architettura sostenibile, di un dialogo tra forma e mente non servirà a risolvere il dubbio dualistico cartesiano, ma in quanto ambito di benessere, e soprattutto di insorgenza di possibili patologie, deve fare parte dell’interesse non solo di architetti-urbanisti, ma soprattutto degli psicologi.
La volontà degli ideatori è di favorire una circolazione delle idee tra professionisti, tramite lo studio architettonico delle strutture e l’utilizzo di interfacce fisiche e computeriche innovative.
Non è un’idea recente quella che il luogo possa favorire o meno l’interazione tra gli individui, come già evidenziano la psicologia ambientale ed architettonica, e gli architetti che si sono occupati dell’ideazione di questo edificio hanno efficacemente messo in pratica gli spunti e le indicazioni che queste discipline hanno elaborato.
Il concetto alla base risiede nella semplicità, degli spazi e dell’organizzazione: due soli edifici, paralleli, essenziali nelle linee ma evocativi. I due spazi sono infatti divisi da una navata collocata al centro in modo da permettere un’identificazione immediata di tutti gli ambienti presenti (laboratori, sezioni…), nonché di ricreare uno spazio di condivisione comune, seppure simbolico, da cui nessuno venga escluso. L’organizzazione è orizzontale, tutti gli edifici presentano un solo piano (tranne uno) in modo che siano ottimizzati i tempi e le modalità di spostamento.
Infine i creatori, consapevoli dell’attaccamento simbolico che ogni individuo sviluppa verso i luoghi di appartenenza, hanno riprodotto in costruzione l’interesse principale di chi lavorerà nel Centro: la galleria centrale è la spina dorsale dell’edificio, il luogo dove nell’anatomia umana le informazioni dalla periferia giungono al cervello e da lì ripartono con nuovi significati. Non solo: la copertura degli edifici ha andamento sinusoidale, uguale a quello assunto dalle onde cerebrali.
Alcuni potrebbero pensare che si tratti solo di bizzarrie che non presentino fondamento scientifico alcuno, in realtà si tratta di analisi sofisticate nate a partire dalle ricerche in nuce sulla qualità degli ambienti di vita.
Una volta eliminati i rumori, l’inquinamento domestico, le anomalie strutturali, le difficoltà architettoniche, si apre uno spazio condiviso per la progettazione che, a parere dell’autrice, è campo fruttuoso di ricerca e sperimentazione.
Chi ha visto asili pensati per adulti, ha sicuramente provato un filo di sconcerto di fronte alla mancanza di attenzione per la giovane utenza; raramente lo stesso stranimento si prova davanti a opere architettoniche non a misura d’uomo. La strada di un’architettura sostenibile, di un dialogo tra forma e mente non servirà a risolvere il dubbio dualistico cartesiano, ma in quanto ambito di benessere, e soprattutto di insorgenza di possibili patologie, deve fare parte dell’interesse non solo di architetti-urbanisti, ma soprattutto degli psicologi.
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