Numerosi film sfruttano le tematiche mentali come filo conduttore della trama: oggi esce nelle sale il film di Tony Scott dal titolo pregnante “Dejà vu”. Lungi dall’essere un’invenzione cinematografica si tratta di un fenomeno mentale reale, del quale però si sa ancora poco e che per entrambi questi motivi attira l’attenzione del pubblico.
Vale la pena approfondire l’argomento.
Il fenomeno del dejà vu presenta una duplice percezione temporale: da una parte chi la prova sente di aver esperito una situazione simile a quella che sta vivendo attualmente (tempo presente), dall’altra non riesce a ricollegare un momento preciso in cui l’evento è accaduto (evento falsamente passato). Perché sia autentico, infatti, la situazione non deve essere avvenuta realmente in precedenza, altrimenti si tratterebbe di un ricordo incompleto o semmai, detta con Freud, di un rimosso che riemerge parzialmente alla coscienza.
Si tratta inoltre di una manifestazione che nella psicologia ingenua è solitamente ricondotta alla sola percezione visiva, ma riguarda in realtà tutti e cinque i campi sensoriali: odore e sapore, udito, ma anche tatto.
Le cause del rivivere una parte di esistenza sembrano avere fondamenta anatomiche, ma il meccanismo sottostante è ignoto per ora. Grazie a rilevazioni ottenute tramite neuroimaging, si è visto che, durante tale percezione “distorta”, il sistema libico presenta livelli di attività, in particolare nei lobi frontali.
Si distingue tra una forma non patologica, molto comune, che quasi ognuno di noi ha rovato, caratterizzata da uno stranimento improvviso,di breve durata, in cui però la coscienza resta presente. Il soggetto si sente “strano” e riconosce ciò che gli accade.
La forma patologica invece ha insorgenza e durata molto più lunghe, ma soprattutto vengono meno l’introspezione e la consapevolezza. Si associa a malattie psichiatriche, tra cui la depressione e a patologie neurologiche come l’epilessia. Proprio lo studio di quest’ultima ha permesso di identificare le basi anatomiche del dejà vu: la sindrome epilettica “Adlte”, e forse anche lo sfasamento temporale, si riconducono alla modificazione dell’epitempina (gene LGI1).
foto by ithil
venerdì 15 dicembre 2006
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