venerdì 5 ottobre 2007

IL DIRITTO E DOVERE DI RESTITUZIONE

La perifrasi deriva da N. Giacopini, docente di Psicologia della famiglia e apre lo spazio per un dibattito: è lecito o meno punire i propri figli? Devono prevalere i sensi di colpa dei genitori o il rigore morale? Ecco cosa i figli si aspettano e perché.

Quando un bambino combina un guaio i genitori si trovano in bilico tra due opposte decisioni: mostrare il loro disappunto prendendo provvedimenti, oppure lasciare correre. La paura che l’adulto prova è di infliggere un dolore eccessivo e di modificare la propria immagine da protettore a persecutore della prole.

Sembra che la paura dell’abbandono da parte del genitore, se così si può chiamala, sia più forte in questi anni in cui è sentito il richiamo alla dignità morale di tutti, tanto più di quella dell’infanzia spesso vittima di abusi. Ma un eccessivo lassismo rischia di peggiorare la situazione e di lasciare i bambini privi di un solido riferimento.

La punizione dopo una marachella rappresenta uno schema che il bimbo impara a conoscere e che gli serve,in futuro, a non ricondurlo alle medesime conseguenze. I figli hanno bisogno del cosiddetto diritto/dovere alla restituzione: il feedback che deriva dal genitore è per loro fonte di conoscenza e di crescita.

Soltanto ammettendo di avere sbagliato e di essere in torto si compie un percorso a ritroso, che passando dalla riflessione su di sé, conduce al riparare, al ritornare allo stadio di liceità precedente. Lo sbaglio è un errore cui va rimediato, per poter ripartire da capo privi di un antipatico bagaglio.
Ecco perché il genitore deve punire il figlio, per permettergli poi di riparare quanto fatto; in caso contrario sarà il bambino stesso ad avvertire una stranezza e a sentirsi autorizzato a ripetere il comportamento sbagliato in futuro. Se ragionate e congruenti al danno quindi, le vecchie regole di un educazione rigorosa fanno ancora bene ad una crescita sana.

foto by Ila

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