lunedì 29 ottobre 2007

IL BENESSERE NON VA IN PENSIONE

Uno dei temi sociali attuali riguarda l’età pensionabile. Dal punto di vista della psicologia il termine del periodo lavorativo non è sempre positivo. Alcuni studiosi sostengono che si tratti invece di un periodo di possibili disagi, vediamo perché.

M. Csikszentmihaly, docente e ricercatore di Psicologia presso l’Università di Chicago, insieme ai suoi collaboratori ha condotto uno studio che metteva a confronto persone lavoratrici e pensionati. Analizzando i loro pensieri ed atteggiamenti ha classificato i partecipanti in positive thinkers e negative thinkers. I positive sono ben il 54% tra i lavoratori, ma soltanto il 18% tra i pensionati.

La spiegazione di come questo sia possibile viene fornita da ricerche condotte da C. Sharpley, docente alla New England University. Secondo il professore, la pensione corrisponde ad uno stato nuovo che l’individuo deve imparare a fronteggiare. I primi mesi, di solito fino al sesto, sono caratterizzati da euforia e piacere, da un sdenso di rinnovo e cura per se stessi, ma in seguito a questo periodo idilliaco possono intervenire, e di fatto intervengono nella maggioranza dei casi, elementi negativi dovuti allo spaesamento. Le cause principali sono la mancanza di scopi precisi e il non dover giustificare le proprie prestazioni e capacità, ma anche le relazioni sentimentali tendono ad appiattirsi.

A parere dell’autrice, tali inconvenienti sono risolvibili in parte con l’impegno in attività gradevoli per il soggetto e con la frequentazione di hobby che siano quanto più possibile di ordine sociale, in modo da non perdere il contatto con la realtà e non percepire di essere scesi da un treno che percorrerà la sua corsa lontano da noi. Il riposo , prima o poi, l’esito meritato e il clima sociale e di sostegno può essere molto influente su possibili crisi intervenienti.

Fonte: Lavelle P. I was fine, till I retired

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