Che la musica migliorasse le capacità dell’uomo e il suo benessere si sapeva già dal 1993, anno in cui G. Shaw e F. Rauscher introdussero l’effetto Mozart. Da allora continue conferme e smentite si sono avvicendate, ma con l’ultimo numero di Brain, interamente dedicato all’argomento, iniziano ad esserci conferme anche anatomiche.
Oliver Sacks parla di “Neuromusic”, per sottolineare la stretta connessione tra aree cerebrali e ascolto musicale, passibili di miglioramenti della comprensione e di effetti riabilitativi.
Tramite il neuroimaging infatti è possibile vedere come l’ascolto attivi aree cerebrali diverse, anche se non c’è ancora chiarezza sui circuiti neurali sensibili al suono.
Anche l’ultimo numero del Journal of Neurology propone conferme al merito, tramite uno studio in cui la riabilitazione di soggetti affetti da paresi avveniva in modo migliore per pazienti trattati anche con musicoterapica rispetto ad altri seguiti con la cura di base. La possibilità di esercitarsi con una pianola o una batteria migliorava sia la velocità sia la finezza dei movimenti.
Incontri e studi sul tema aumentano di giorno in giorno, ad esempio a Lipsia si è tenuto il convegno "The Neurosciences and Music". Questi segnali dimostrano che l’interesse sta crescendo e in modo proficuo. Finora si è guardato alle discipline artistiche con sospetto e talvolta rifiuto, ma se queste possono fornire validi aiuti per la cura e si dimostrano scientificamente testate, sebbene per ora soltanto in parte, la ricerca può e deve occuparsene.
Foto by Novatillo
mercoledì 7 marzo 2007
LE NEUROSCIENZE CONFERMANO L’EFFICACIA DELLA MUSICOTERAPIA
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