
Andrei Clark, ricercatore della Paris School of Economics, ha condotto insieme ai suoi colleghi un’interessante ricerca sul tema della disoccupazione. L’analisi dei primi dati ha però indotto i ricercatori a cambiare il focus della loro ricerca: non erano tanto i sussidi peri disoccupati a fare la differenza, ma la loro religiosità o meno.
L’essere credenti sembra assicurare ai fedeli una sorta di area protetta rispetto a chi invece non dispone di questa “copertura”: la fede permette ai credenti di ricevere quotidianamente piccole ricompense che lo immunizzano da possibili disgrazie.
Tale meccanismo funziona sia per i piccoli inconvenienti quotidiani, che per veri e propri shock fisici o psicologici, come ad esempio un divorzio o la perdita del posto di lavoro.
La ricerca, che conferma l’importanza del pensiero e della convinzione anche negli eventi fisici e non soltanto in quelli mentali necessita però di ulteriore conferma. Ai ricercatori sarebbe stato obiettato che la religione potrebbe essere un fattore facilitante, ma non causale: sarebbero invece le relazioni sociali organizzate pacificamente e il mantenimento di un clima sereno e coeso all’interno della famiglia i veri fattori protettivi. Fattori che non sono però esclusivi dei credenti.
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