venerdì 28 dicembre 2007
lunedì 17 dicembre 2007
QUESTIONE DI FAMIGLIA
Avere un fratello o una sorella influisce sulla personalità. Un team dell’Università della California ha analizzato l’influenza dell’ordine di nascita e della composizione della famiglia sulla personalità.
Le dinamiche famigliari influiscono fortemente sul comportamento. Se le situazioni e i contesti giocano un ruolo fondamentale e poco generalizzabile, una ricerca ha messo in evidenza dei comuni denominatori. Shannon Williams, ricercatrice presso l’Università della California a Davis, ha cercato di sviluppare un nuovo modello sulle complesse dinamiche familiari, in particolare analizzando l’influenza sull’aggressività.
Sembrerebbe che avere un fratello maggiore aumenta l’aggressività durante il periodo adolescenziale a causa dei frequenti scontri che si manifestano tra due fratelli maschi. Al contrario avere una sorella minore tende a smorzare l’aggressività.
Il modello proposto è stato sviluppato a partire dalle interviste di 541 coppie di fratelli, in cui sono state indagate anche le condizioni socio-economiche famigliari e l’atteggiamento dei genitori verso i figli. Questi due elementi sono considerate variabili molto importanti all’interno del modello proposto dalla Williams e recentemente pubblicato sulla rivista Child Development. Infatti emerge che la violenza tra fratelli peggiora nel caso di condizioni economiche disagiate.
I risultati, oltre al modello precedentemente citato, suggeriscono modelli di intervento psicologico che coinvolga tutti i membri della famiglia.
Le dinamiche famigliari influiscono fortemente sul comportamento. Se le situazioni e i contesti giocano un ruolo fondamentale e poco generalizzabile, una ricerca ha messo in evidenza dei comuni denominatori. Shannon Williams, ricercatrice presso l’Università della California a Davis, ha cercato di sviluppare un nuovo modello sulle complesse dinamiche familiari, in particolare analizzando l’influenza sull’aggressività.
Sembrerebbe che avere un fratello maggiore aumenta l’aggressività durante il periodo adolescenziale a causa dei frequenti scontri che si manifestano tra due fratelli maschi. Al contrario avere una sorella minore tende a smorzare l’aggressività.
Il modello proposto è stato sviluppato a partire dalle interviste di 541 coppie di fratelli, in cui sono state indagate anche le condizioni socio-economiche famigliari e l’atteggiamento dei genitori verso i figli. Questi due elementi sono considerate variabili molto importanti all’interno del modello proposto dalla Williams e recentemente pubblicato sulla rivista Child Development. Infatti emerge che la violenza tra fratelli peggiora nel caso di condizioni economiche disagiate.
I risultati, oltre al modello precedentemente citato, suggeriscono modelli di intervento psicologico che coinvolga tutti i membri della famiglia.
foto by Ivani4i
SOMMARIO DELLA SETTIMANA
Questa settimana ci siamo occupate di....
dinamiche di coppia. La comuniczione tra i partner è moto importate, ma alcune cose è meglio tenerle nascoste. Sembrerebbe insomma che raccotare tutto, proprio tutto al proprio partner non faciliti la vita di coppia, sopratutto se si intende raccntare un tradimento....
linguaggio. Differenti lingue attivano differenti circuiti cerebrali. Da una ricerca, condotta in collaborazione con l'Istituto San Raffaele di Milano, ha osservato, attraverso la fMRI, emerge che la lettura di uno stesso testo in due lingue attiva differenti vie cerebrali.
foto by Krasil
mercoledì 12 dicembre 2007
PSICO-FLASH: LE BUGIE FANNO BENE ALLA COPPIA
Una curiosa ricerca condotta dal'Istituto transculturale di Roma mostra che tacere su certi argomenti fa bene alla coppia e la mantiene in vita più a lungo. Bugie o verità?
Secondo questa ricerca la coppia dura fino a 5 anni in più se i partners discutono poco sui temi dell'infedeltà e se ne parlano, sono meno propensi a raccontarsi avances e piccoli tradimenti.
Tra i sinceri, chi decide di confessare un tradimento perpetuato in passato rischia di essere lasciato nel 75% dei casi, ma le cose non vanno meglio se la relazione resiste. Infatti in seguito a una dichiarazione di colpa si arriva fino al 95% di rinfacciamenti da parte delle donne e del 90% da parte degli uomini.
La morale (triste) che emerge è che mentire mantiene viva una relazione, la realtà, amara ma necessaria, è che la sincerità è l'arma migliore se si vuole davvero instaurare una relazione sincera ed equilibrata. Passino le piccole bugie, ma un tradimento difficilmente può passare sotto silenzio.
I MECCANISMI DELLE LINGUE
Il Journal of Neuroscience ha pubblicato una ricerca che ha individuato degli specifici interruttori neurali per l’utilizzo di idiomi differenti. Si tratterebbe di veri e propri interruttori capaci di isolare la lingua utilizzata al momento dalle altre conosciute.
La ricerca è stata condotta dal Dipartimento di Neurologia dell’Università San Raffaele di Milano in collaborazione con l’Università della California e il Geneva University Hospitals. L’esperimento prevedeva di far leggere ad un gruppo di persone il romanzo “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupery in due diverse lingue(italiano e francese).
Osservando l’attività mentale tramite la fMRI (risonanza magnetica funzionale) sono stati osservati degli specifici meccanismi nei soggetti bilingue (madrelingua italiani residenti in Francia). E’ possibile tradurre in modo simultaneo nonché leggere prima l’una e poi l’altra lingua grazie a meccanismi che controllano l’attività del cervello e fanno si che i diversi idiomi non vengano confusi tra loro.
L’interruttore si attiva durante il passaggio dalla lingua madre a un’altra lingua e viceversa. Ma i risultati hanno anche evidenziato un effetto dovuto all’abitudine: quanto più si utilizza e ci si abitua ad una lingua straniera, tanto più i meccanismi che la regolano divengono simili a quelli della nostra lingua madre e rendono l’utilizzo di entrambe molto più sciolto.
Da un punto di vista linguistico questo studio mostra infine che le frasi e i sintagmi non sono soltanto realtà grammaticali che diventano elementi cognitivi, ma anche veri e propri nuclei gestiti a livello neuronale e indagabili tramite le neuroscienze. Al di là delle ovvie riserve da usarsi nel ridurre tutto ad anatomia neuronale, gli studi sul linguaggio così condotti potranno avere anche importanti risvolti terapeutici.
La ricerca è stata condotta dal Dipartimento di Neurologia dell’Università San Raffaele di Milano in collaborazione con l’Università della California e il Geneva University Hospitals. L’esperimento prevedeva di far leggere ad un gruppo di persone il romanzo “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupery in due diverse lingue(italiano e francese).
Osservando l’attività mentale tramite la fMRI (risonanza magnetica funzionale) sono stati osservati degli specifici meccanismi nei soggetti bilingue (madrelingua italiani residenti in Francia). E’ possibile tradurre in modo simultaneo nonché leggere prima l’una e poi l’altra lingua grazie a meccanismi che controllano l’attività del cervello e fanno si che i diversi idiomi non vengano confusi tra loro.
L’interruttore si attiva durante il passaggio dalla lingua madre a un’altra lingua e viceversa. Ma i risultati hanno anche evidenziato un effetto dovuto all’abitudine: quanto più si utilizza e ci si abitua ad una lingua straniera, tanto più i meccanismi che la regolano divengono simili a quelli della nostra lingua madre e rendono l’utilizzo di entrambe molto più sciolto.
Da un punto di vista linguistico questo studio mostra infine che le frasi e i sintagmi non sono soltanto realtà grammaticali che diventano elementi cognitivi, ma anche veri e propri nuclei gestiti a livello neuronale e indagabili tramite le neuroscienze. Al di là delle ovvie riserve da usarsi nel ridurre tutto ad anatomia neuronale, gli studi sul linguaggio così condotti potranno avere anche importanti risvolti terapeutici.
lunedì 10 dicembre 2007
SOMMARIO DELLA SETTIMANA
Questa settimana abbiamo parlato di
Stress
Un vocabolo ormai abusato su cui finalmente abbiamo fatto un po’ di chiarezza. Per togliersi ogni dubbio.
Comportamento
I nostri comportamenti sono spesso influenzati da una serie di considerazioni, come quella relativa al nostro credito. Ecco perché il bancomat fa spendere di pià.
Infanzia
Internet è spesso uno strumento pericoloso per i più piccoli, un nuovo progetto insegna come usarlo al meglio.
Psicologia e scienza
Perché anche in ambienti rumorosi riusciamo a percepire ciò che il nostro interlocutore ci sta raccontando? Ce lo spiega una recente ricerca psicologica.
Sondaggio
Ecco i risultati sull’eloquio maschile e femminile, un occasione per riflettere su come la scienza dice a volte cose diverse dal pensiero che abitualmente abbiamo.
Stress
Un vocabolo ormai abusato su cui finalmente abbiamo fatto un po’ di chiarezza. Per togliersi ogni dubbio.
Comportamento
I nostri comportamenti sono spesso influenzati da una serie di considerazioni, come quella relativa al nostro credito. Ecco perché il bancomat fa spendere di pià.
Infanzia
Internet è spesso uno strumento pericoloso per i più piccoli, un nuovo progetto insegna come usarlo al meglio.
Psicologia e scienza
Perché anche in ambienti rumorosi riusciamo a percepire ciò che il nostro interlocutore ci sta raccontando? Ce lo spiega una recente ricerca psicologica.
Sondaggio
Ecco i risultati sull’eloquio maschile e femminile, un occasione per riflettere su come la scienza dice a volte cose diverse dal pensiero che abitualmente abbiamo.
giovedì 6 dicembre 2007
NON CHIAMATEMI STRESS!
Vale la pena fare un po’ di chiarezza sulla parola stress, ormai unanimemente identificata con valenze negative e correlata a disturbi e patologie. Ecco un rapido tour per svelare il vero e falso dello stress, sotto forma di un’intervista che ci siamo autosomministrate.
Che cos’è lo stress?
La parola stress è un’abbreviazione, poi italianizzata, della parola inglese distress, che significa tormento, fastidio. All’apparenza quindi è un vocabolo negativo.
Cosa si intende con stress in fisiologia e psicologia?
Lo stress viene identificato come capacità innata dell’organismo a reagire a dati stimoli ambientali prima, ed interni poi o soltanto interni che ne minano benessere ed equilibrio. La funzione dello stress è equivalente a quella di un campanello d’allarme, con le conseguenti misure di sicurezza che ne conseguono: in pratica ci prepariamo a fare fronte alla situazione e tale modifica avviene in pochi decimi di secondo, pur coinvolgendo un numero elevato di sistemi.
Lo stress fa bene?
Sicuramente lo stress è un elemento necessario: spingendo l’organismo, e quindi la sua omeostasi verso livelli diversi da quelli previsti induce infatti una reazione. In tal modo possiamo dire che lo stress spinge all’azione, permette di modificare repentinamente il proprio comportamento e fa fronteggiare i pericoli e le situazioni di incertezza.
Perché allora lo stress è causa di disfunzioni, anche gravi?
Lo stress, abbiamo visto, si configura come uno stato di tensione, che si contrappone alla normale attività di equilibrazione dell’organismo. In tal senso è produttiva se viene percepita e fronteggiata, alla fine di un episodio di stress si ha pertanto una conclusione positiva che riporta all’equilibrio antecedente. Se invece la tensione si protrae per tempi eccessivamente lunghi l’organismo ne risente.
Che cosa accade di preciso?
L’attività ormonale è compromessa: gli ormoni dello stress risultano iperattivati e producono quantità elevate di cortisolo. Anche il sistema attentivo viene coinvolto, i principali neurotrasmettitori deputati alla soglia attentava aumentano, tra di essi possiamo nominare adrenalina e noradrenalina. La presenza eccessiva di questi ultimi e di cortisolo nel sangue è un forte fattore predittivo di ansia, che come sappiamo, è legata a numerosi sintomi anche di rodine fisico. Iniziano pertanto ad emergere disturbi dapprima lievi, che possono rientrare a seguito di un periodo di riposo, o alterazioni croniche che portano a veri e propri disturbi dovuti allo stress.
Che cos’è lo stress?
La parola stress è un’abbreviazione, poi italianizzata, della parola inglese distress, che significa tormento, fastidio. All’apparenza quindi è un vocabolo negativo.
Cosa si intende con stress in fisiologia e psicologia?
Lo stress viene identificato come capacità innata dell’organismo a reagire a dati stimoli ambientali prima, ed interni poi o soltanto interni che ne minano benessere ed equilibrio. La funzione dello stress è equivalente a quella di un campanello d’allarme, con le conseguenti misure di sicurezza che ne conseguono: in pratica ci prepariamo a fare fronte alla situazione e tale modifica avviene in pochi decimi di secondo, pur coinvolgendo un numero elevato di sistemi.
Lo stress fa bene?
Sicuramente lo stress è un elemento necessario: spingendo l’organismo, e quindi la sua omeostasi verso livelli diversi da quelli previsti induce infatti una reazione. In tal modo possiamo dire che lo stress spinge all’azione, permette di modificare repentinamente il proprio comportamento e fa fronteggiare i pericoli e le situazioni di incertezza.
Perché allora lo stress è causa di disfunzioni, anche gravi?
Lo stress, abbiamo visto, si configura come uno stato di tensione, che si contrappone alla normale attività di equilibrazione dell’organismo. In tal senso è produttiva se viene percepita e fronteggiata, alla fine di un episodio di stress si ha pertanto una conclusione positiva che riporta all’equilibrio antecedente. Se invece la tensione si protrae per tempi eccessivamente lunghi l’organismo ne risente.
Che cosa accade di preciso?
L’attività ormonale è compromessa: gli ormoni dello stress risultano iperattivati e producono quantità elevate di cortisolo. Anche il sistema attentivo viene coinvolto, i principali neurotrasmettitori deputati alla soglia attentava aumentano, tra di essi possiamo nominare adrenalina e noradrenalina. La presenza eccessiva di questi ultimi e di cortisolo nel sangue è un forte fattore predittivo di ansia, che come sappiamo, è legata a numerosi sintomi anche di rodine fisico. Iniziano pertanto ad emergere disturbi dapprima lievi, che possono rientrare a seguito di un periodo di riposo, o alterazioni croniche che portano a veri e propri disturbi dovuti allo stress.
mercoledì 5 dicembre 2007
USARE IL BANCOMAT FA SPENDERE DI PIU’
Immaginate di andare a fare acquisti e di utilizzare per il pagamento la vostra carta di credito. Si tratta di un gesto ormai consolidato ma che nasconde una perniciosa tentazione: spendere più del necessario. Lo hanno svelato di recente degli psicologi, vediamo cosa accade.
Il Journal of Consumer Research ha pubblicato una ricerca condotta da studiosi dell’University of Chicago che mostra che l’utilizzo del bancomat è più dispendioso rispetto all’utilizzo dei contanti.
L’esperimento ha coinvolto acquirenti di supermercati: prima che facessero la spesa, a un gruppo veniva chiesto quanto avessero nel portafogli, mentre all’altro gruppo quanto avessero in banca. Alla fine i conti dei due gruppi sono stati confrontati, ed è emerso che chi aveva riferito della disponibilità economica in banca e aveva pagato con carta di credito aveva speso di più in media rispetto a coloro che avevano utilizzato il normale contante del proprio portafogli.
La causa è dovuta ad una percezione distorta delle risorse disponibili: il confronto con una cifra più ampia porta a spendere e a concedersi di più rispetto al confronto con il liquido previsto per la sola spesa.
I risultati sono state inoltre confermati da un ulteriore esperimento che riguardava non tanto il calcolo di denaro, quanto di calorie consumate. Analogamente al primo, il gruppo che rapportava il numero di calorie di un cioccolatino alla quantità di calorie settimanali mangiava in media un numero maggiore di questi, mentre il gruppo che le rapportava al fabbisogno calorico giornaliero era più contenuto.
In termini di calcolo, entrambi i gruppi, in tutti e due gli esperimenti, devono compiere il medesimo ragionamento, ma il differente metro di paragone li induce a operare delle distorsioni nella stima: chi si rapporta a valori più ampi opera anche una stima più ampia. Questi bias di ragionamento vengono infatti spesso sfruttati dai rivenditori stessi per far spendere di più ai propri clienti.
Il Journal of Consumer Research ha pubblicato una ricerca condotta da studiosi dell’University of Chicago che mostra che l’utilizzo del bancomat è più dispendioso rispetto all’utilizzo dei contanti.
L’esperimento ha coinvolto acquirenti di supermercati: prima che facessero la spesa, a un gruppo veniva chiesto quanto avessero nel portafogli, mentre all’altro gruppo quanto avessero in banca. Alla fine i conti dei due gruppi sono stati confrontati, ed è emerso che chi aveva riferito della disponibilità economica in banca e aveva pagato con carta di credito aveva speso di più in media rispetto a coloro che avevano utilizzato il normale contante del proprio portafogli.
La causa è dovuta ad una percezione distorta delle risorse disponibili: il confronto con una cifra più ampia porta a spendere e a concedersi di più rispetto al confronto con il liquido previsto per la sola spesa.
I risultati sono state inoltre confermati da un ulteriore esperimento che riguardava non tanto il calcolo di denaro, quanto di calorie consumate. Analogamente al primo, il gruppo che rapportava il numero di calorie di un cioccolatino alla quantità di calorie settimanali mangiava in media un numero maggiore di questi, mentre il gruppo che le rapportava al fabbisogno calorico giornaliero era più contenuto.
In termini di calcolo, entrambi i gruppi, in tutti e due gli esperimenti, devono compiere il medesimo ragionamento, ma il differente metro di paragone li induce a operare delle distorsioni nella stima: chi si rapporta a valori più ampi opera anche una stima più ampia. Questi bias di ragionamento vengono infatti spesso sfruttati dai rivenditori stessi per far spendere di più ai propri clienti.
TI SENTO
Avete mai provato a trovarvi a discutere con un amico in un ambiente rumoroso? Riuscite a percepire le sue parole e a seguire il discorso, nonostante il brusio sottostante. Tutto merito dell’emisfero sinistro del cervello, come svela la ricerca condotta da Hidehiko Okamoto e colleghi.
La rivista BMC Biology ha pubblicato i risultati della ricerca promossa dall’Institute for Biomagnetism and Biosignal Analysis che ha visto coinvolto un gruppo di ricerca internazionale. Secondo gli studiosi il nostro cervello sarebbe in gradoni percepire alcuni suoni distinti rispetto al flusso confuso delle informazioni acustiche che si generano in situazioni di sovraffollamento o in caso di persistenti rumori di sottofondo.
Tale capacità deriva dal cosiddetto effetto di mascheramento simultaneo: il cervello maschera il brusio riuscendo in tal modo ad isolare i suoni di interesse e ad elaborarli e comprenderli.
L’esperimento prevedeva di fare ascoltare a un gruppo di soggetti una conversazione in presenza di rumore di fondo: tale operazione veniva effettuata sia per l’orecchio destro che per quello sinistro, spostando alternativamente la fonte sonora del rumore sottostante prima a destra e poi a sinistra.
I risultati, registrati tramite la MEG, magnetoencefalografia, hanno mostrato che in tutti i casi l’area che si attivava durante la percezione del segnale e che permetteva la scissione tra udito utile e udito da mascherare, corrispondeva con l’emisfero sinistro.
Grazie a tale area pertanto i suoni competitivi tra loro possono venire scelti e capiti dal soggetto in base al suo interesse.
La rivista BMC Biology ha pubblicato i risultati della ricerca promossa dall’Institute for Biomagnetism and Biosignal Analysis che ha visto coinvolto un gruppo di ricerca internazionale. Secondo gli studiosi il nostro cervello sarebbe in gradoni percepire alcuni suoni distinti rispetto al flusso confuso delle informazioni acustiche che si generano in situazioni di sovraffollamento o in caso di persistenti rumori di sottofondo.
Tale capacità deriva dal cosiddetto effetto di mascheramento simultaneo: il cervello maschera il brusio riuscendo in tal modo ad isolare i suoni di interesse e ad elaborarli e comprenderli.
L’esperimento prevedeva di fare ascoltare a un gruppo di soggetti una conversazione in presenza di rumore di fondo: tale operazione veniva effettuata sia per l’orecchio destro che per quello sinistro, spostando alternativamente la fonte sonora del rumore sottostante prima a destra e poi a sinistra.
I risultati, registrati tramite la MEG, magnetoencefalografia, hanno mostrato che in tutti i casi l’area che si attivava durante la percezione del segnale e che permetteva la scissione tra udito utile e udito da mascherare, corrispondeva con l’emisfero sinistro.
Grazie a tale area pertanto i suoni competitivi tra loro possono venire scelti e capiti dal soggetto in base al suo interesse.
martedì 4 dicembre 2007
RISULTATI SONDAGGIO
Che le donne sono più chiacchierone degli uomini è uno stereotipo diffuso, ci dicevano le autrici della ricerca, ma ahimè da donne ci rendiamo conto che è anche duro a morire!
I vostri voti mostrano che la maggioranza pensa che le donne siano più loquaci degli uomini, indipendentemente dal contesto, e solo l’1% dichiara che la situazione abbia una qualche influenza.
Insomma questa volta ci sentiamo di tirare un po’ le orecchie ai lettori di Oltrefreud!!!
E come pegno, chiunque abbia votato a sfavore delle donne deve assolutamente andare a votare il nuovo sondaggio: amicizie off o on line?
I vostri voti mostrano che la maggioranza pensa che le donne siano più loquaci degli uomini, indipendentemente dal contesto, e solo l’1% dichiara che la situazione abbia una qualche influenza.
Insomma questa volta ci sentiamo di tirare un po’ le orecchie ai lettori di Oltrefreud!!!
E come pegno, chiunque abbia votato a sfavore delle donne deve assolutamente andare a votare il nuovo sondaggio: amicizie off o on line?
Foto by Radio Rovers
VIAGGIAR PER INTERNET
E’ partita l’iniziativa voluta da Adiconsum e Save the Children volta a educare i giovani nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Easy tour, questo il nome del progetto, si svolgerà presso le scuole del territorio italiano a partire da questo mese.
L’uso delle nuove tecnologie da parte dei giovani è cresciuto in modo notevole, tanto che la quasi totalità degli adolescenti possiede un computer, un cellulare e ha a disposizione una connessione ad internet, molto spesso ad alta velocità. Questo lo scenario tratteggiato a seguito dell’indagine conoscitiva commissionata da Save the Children all’agenzia di ricerche Doxa.
Le tecnologie servono, secondo i responsabili del progetto, come fonte infinita di informazioni ed opportunità e sono pertanto occasione di crescita per i giovani tra i 10 e i 16 anni.
Ma il mondo telematico non è facile da capire né da utilizzare, molto spesso gli atteggiamenti che le famiglie e la scuola adottano verso i nuovi media riflettono le loro paure e trasmettono al giovane soltanto paure e dissensi.
L’atteggiamento di censura però è negativo per il ragazzo che si trova privo di riferimenti. L’indagine ha mostrato che i giovani si trovano spesso spaesati e incapaci di distinguere realmente i pericoli che la rete nasconde. D’altronde anche lo stesso mondo adulto fatica a trovare regolamentazioni e norme legislative per il mondo del web.
Easy tour è pertanto un’iniziativa che, coinvolgendo famiglia e scuola, permette ai giovani di approcciarsi in modo protetto e allo stesso tempo ragionato, alla rete, per favorirne un utilizzo concreto e privo di rischi.
Foto by sesame ellis
L’uso delle nuove tecnologie da parte dei giovani è cresciuto in modo notevole, tanto che la quasi totalità degli adolescenti possiede un computer, un cellulare e ha a disposizione una connessione ad internet, molto spesso ad alta velocità. Questo lo scenario tratteggiato a seguito dell’indagine conoscitiva commissionata da Save the Children all’agenzia di ricerche Doxa.
Le tecnologie servono, secondo i responsabili del progetto, come fonte infinita di informazioni ed opportunità e sono pertanto occasione di crescita per i giovani tra i 10 e i 16 anni.
Ma il mondo telematico non è facile da capire né da utilizzare, molto spesso gli atteggiamenti che le famiglie e la scuola adottano verso i nuovi media riflettono le loro paure e trasmettono al giovane soltanto paure e dissensi.
L’atteggiamento di censura però è negativo per il ragazzo che si trova privo di riferimenti. L’indagine ha mostrato che i giovani si trovano spesso spaesati e incapaci di distinguere realmente i pericoli che la rete nasconde. D’altronde anche lo stesso mondo adulto fatica a trovare regolamentazioni e norme legislative per il mondo del web.
Easy tour è pertanto un’iniziativa che, coinvolgendo famiglia e scuola, permette ai giovani di approcciarsi in modo protetto e allo stesso tempo ragionato, alla rete, per favorirne un utilizzo concreto e privo di rischi.
Foto by sesame ellis
I GENI DELLA SCHIZOFRENIA: SOPRAVVISSUTI ALLA SELEZIONE NATURALE
Esaminando i tratti del Dna della schizofrenia, Steve Dorus, dell’Università di Bath ha evidenziato che 78 di essi sono connessi con il funzionamento del sistema nervoso. Per questo la schizofrenia è sopravvissuta alla selezione naturale.
La schizofrenia è una malattia mentale caratterizzata da alterazioni delle funzioni fondamentali e da disturbi del pensiero, dell’affettività e alterazioni della coscienza. Possono essere presenti sintomi positivi come deliri e allucinazioni, e sintomi negativi quali diminuzione dell’investimento nel mondo esterno, povertà dell’eloquio e comportamento povero-catatonico. Nell’infanzia la schizofrenia si instaura lentamente, con forme di isolamento, estrema dipendenza dal caregiver ritardo nel linguaggio, sintomi allucinatori acustici e visivi, pensiero delirante da cui il bambino può essere difficilmente distolto. Nell’adolescenza invece la schizofrenia può manifestarsi in modo improvviso con forme di delirio e psicosi acuta, oppure attraverso un lungo iter, con il progressivo instaurarsi di rituali ossessivi, angosce e distacco dalla realtà.
La schizofrenia ha una base prevalentemente genetica, con un’incidenza dell’1,1% della popolazione, pari a 60 milioni di persone nel mondo.
Steve Dorus, ricercatore dell’Università inglese di Bath, si è chiesto come mai questa grave malattia mentale sia sopravvissuta alla selezione naturale. Dorus, insieme ad alcuni colleghi statunitensi, ha esaminati i tratti del Dna connessi con la schizofrenia. Ha osservato che ben 78 di essi sono hanno superato la selezione naturale, sono in parole povere risultati utili alla sopravvivenza dell’uomo. Infatti, questi geni sono coinvolti nel trasporto più efficiente di proteine all’interno dei neuroni.
Da questi risultati emerge che la schizofrenia è collegata positivamente con il funzionamento più efficiente del sistema nervoso. Infatti la schizofrenia è stata più volte associata alla creatività e persino al genio. Possiamo concludere che incredibilmente la schizofrenia è sopravvissuta alla selezione naturale perché è vantaggiosa per l’uomo!
Foto by Kyle Jones
La schizofrenia è una malattia mentale caratterizzata da alterazioni delle funzioni fondamentali e da disturbi del pensiero, dell’affettività e alterazioni della coscienza. Possono essere presenti sintomi positivi come deliri e allucinazioni, e sintomi negativi quali diminuzione dell’investimento nel mondo esterno, povertà dell’eloquio e comportamento povero-catatonico. Nell’infanzia la schizofrenia si instaura lentamente, con forme di isolamento, estrema dipendenza dal caregiver ritardo nel linguaggio, sintomi allucinatori acustici e visivi, pensiero delirante da cui il bambino può essere difficilmente distolto. Nell’adolescenza invece la schizofrenia può manifestarsi in modo improvviso con forme di delirio e psicosi acuta, oppure attraverso un lungo iter, con il progressivo instaurarsi di rituali ossessivi, angosce e distacco dalla realtà.
La schizofrenia ha una base prevalentemente genetica, con un’incidenza dell’1,1% della popolazione, pari a 60 milioni di persone nel mondo.
Steve Dorus, ricercatore dell’Università inglese di Bath, si è chiesto come mai questa grave malattia mentale sia sopravvissuta alla selezione naturale. Dorus, insieme ad alcuni colleghi statunitensi, ha esaminati i tratti del Dna connessi con la schizofrenia. Ha osservato che ben 78 di essi sono hanno superato la selezione naturale, sono in parole povere risultati utili alla sopravvivenza dell’uomo. Infatti, questi geni sono coinvolti nel trasporto più efficiente di proteine all’interno dei neuroni.
Da questi risultati emerge che la schizofrenia è collegata positivamente con il funzionamento più efficiente del sistema nervoso. Infatti la schizofrenia è stata più volte associata alla creatività e persino al genio. Possiamo concludere che incredibilmente la schizofrenia è sopravvissuta alla selezione naturale perché è vantaggiosa per l’uomo!
Foto by Kyle Jones
lunedì 3 dicembre 2007
L'AMICO ON-LINE
I siti che consentono di creare reti sociali contano milioni di visitatori in tutto il mondo. In futuro ci saranno solo amicizie virtuali? Sembra di no. Lo psicologo Reader mette in luce la ‘superiorità’ delle amicizie in carne ed ossa.
Internet non è più esclusivamente un’infinita fonte di informazioni e notizie, collegarsi alla rete, oggi significa comunicare con gli altri, creare relazioni sociali. Siti come Messenger, Myspace e il più recente Facebook sono solo alcuni degli innumerevoli siti, che consentono di creare reti sociali, una lista delle propri contatti, dei propri amici virtuali con cui comunicare on-line. Se all’amicizia reale, quella face-to-face, si aggiunge il contatto on-line, spesso si intessono delle relazioni esclusivamente in rete. Ma che differenza c’è tra queste due tipologie di amicizia?
E’ quello che si è chiesto Will Reader, psicologo dell’Università inglese di Sheffild Hallam, che sta conducendo una ricerca al riguardo. Dai risultati fino ad ora emersi (la ricerca è infatti ancora in corso), sebbene le amicizie on-line siano molto più numerose, non è possibile compararle a quelle della realtà. On-line è possibile allargare le proprie reti sociali in modo piuttosto semplice, senza un grosso investimento di energie, e proprio per questo motivo determinano l’aumento esponenziale delle amicizie. Nello stesso tempo però, lo scarso investimento, l’assenza di rischi e di difficoltà spinge a ritenere le amicizie virtuali più superficiali di quelle in carne ed ossa. Inoltre solo quando ci si trova faccia a faccia con il proprio amico si è in grado di giudicare più accuratamente le informazioni (informazioni che evidentemente vanno oltre le sole parole) e di testare il grado di amicizia.
Le potenzialità di siti che consentono di creare reti sociali sono innegabili, tuttavia sembra improbabile che le amicizie virtuali riescano a sostituire completamente le amicizie vere, che mantengono comunque per le persone qualità superiori. Nonostante ciò Reader ritiene che in futuro queste reti sociali potrebbero determinare cambiamenti radicali non solo nelle comunicazioni, ma anche nella struttura della società.
Internet non è più esclusivamente un’infinita fonte di informazioni e notizie, collegarsi alla rete, oggi significa comunicare con gli altri, creare relazioni sociali. Siti come Messenger, Myspace e il più recente Facebook sono solo alcuni degli innumerevoli siti, che consentono di creare reti sociali, una lista delle propri contatti, dei propri amici virtuali con cui comunicare on-line. Se all’amicizia reale, quella face-to-face, si aggiunge il contatto on-line, spesso si intessono delle relazioni esclusivamente in rete. Ma che differenza c’è tra queste due tipologie di amicizia?
E’ quello che si è chiesto Will Reader, psicologo dell’Università inglese di Sheffild Hallam, che sta conducendo una ricerca al riguardo. Dai risultati fino ad ora emersi (la ricerca è infatti ancora in corso), sebbene le amicizie on-line siano molto più numerose, non è possibile compararle a quelle della realtà. On-line è possibile allargare le proprie reti sociali in modo piuttosto semplice, senza un grosso investimento di energie, e proprio per questo motivo determinano l’aumento esponenziale delle amicizie. Nello stesso tempo però, lo scarso investimento, l’assenza di rischi e di difficoltà spinge a ritenere le amicizie virtuali più superficiali di quelle in carne ed ossa. Inoltre solo quando ci si trova faccia a faccia con il proprio amico si è in grado di giudicare più accuratamente le informazioni (informazioni che evidentemente vanno oltre le sole parole) e di testare il grado di amicizia.
Le potenzialità di siti che consentono di creare reti sociali sono innegabili, tuttavia sembra improbabile che le amicizie virtuali riescano a sostituire completamente le amicizie vere, che mantengono comunque per le persone qualità superiori. Nonostante ciò Reader ritiene che in futuro queste reti sociali potrebbero determinare cambiamenti radicali non solo nelle comunicazioni, ma anche nella struttura della società.
LA PRESENZA VIRTUALE NELL’ARTE
Il Lu.Be.C Digital Technology svoltosi a Lucca dal 14 al 16 novembre ha mostrato come la realtà virtuale e le nuove tecnologie siano applicabili con successo per l’implementazione di supporti didattici e museali di ordine artistico.
Il convegno ha visto la partecipazione di grandi colossi dell’informatica, quali Microsoft, Intel e Ibm che hanno fornito i supporti hardware e software per innovative modalità di valorizzazione dei beni culturali ed artistici.
Le iniziative di maggior rilievo riguardano l’imponente progetto pensato per Abu Dhabi, ma anche iniziative “nostrane” come quelle rivolte ai beni architettonici di Firenze.
Ma cosa c’entra questo con la Psicologia, vi starete chiedendo. La branca della Psicologia dell’arte si occupa appunto dell’ambito dell’implementazione a massima fruibilità della didattica e della cultura, e questo sia a livello materiale, che a livello virtuale.
Sono sempre di più i supporti pensati e sviluppati in collaborazione con psicologi che si rivolgono al pubblico di mostre e musei, laddove l’allestimento e i materiali non possono più essere disposti soltanto secondo i canoni estetici e eidetici di progettisti e ingegneri, ma richiedono competenze relative a percezione, livello di compresnsione e utilizzo fornite dalla figura dello psicologo della comunicazione.
Rientrano in questi ambiti i progetti per i bambini, sviluppati a partire dal Mu.Ba e ora estesi a mostree musei di tutta Italia, ma anche la progettazione dei percorsi espositivi per adulti, o la fornitura di integrazioni e ricostruzioni informatiche.
La realtà virtuale e tutte le applicazioni che si ottengono tramite la simulazione possono far rivivere tesori ormai deteriorati o scomparsi, con una pienezza e un senso di presenza dino ad ora impossibile da realizzare. Tali percorsi devono però essere pensati in relazione alle modalità di funzionamento umane e non soltanto in base alle regole di organizzazione informatica.
Ecco allora i progetti, presenti a Lu.Be.C. quali i musei tattili, i viaggi simulati sulle galee romene o le ricostruzioni 3D delle ville romane.
Foto by lorenzo cuppini
Il convegno ha visto la partecipazione di grandi colossi dell’informatica, quali Microsoft, Intel e Ibm che hanno fornito i supporti hardware e software per innovative modalità di valorizzazione dei beni culturali ed artistici.
Le iniziative di maggior rilievo riguardano l’imponente progetto pensato per Abu Dhabi, ma anche iniziative “nostrane” come quelle rivolte ai beni architettonici di Firenze.
Ma cosa c’entra questo con la Psicologia, vi starete chiedendo. La branca della Psicologia dell’arte si occupa appunto dell’ambito dell’implementazione a massima fruibilità della didattica e della cultura, e questo sia a livello materiale, che a livello virtuale.
Sono sempre di più i supporti pensati e sviluppati in collaborazione con psicologi che si rivolgono al pubblico di mostre e musei, laddove l’allestimento e i materiali non possono più essere disposti soltanto secondo i canoni estetici e eidetici di progettisti e ingegneri, ma richiedono competenze relative a percezione, livello di compresnsione e utilizzo fornite dalla figura dello psicologo della comunicazione.
Rientrano in questi ambiti i progetti per i bambini, sviluppati a partire dal Mu.Ba e ora estesi a mostree musei di tutta Italia, ma anche la progettazione dei percorsi espositivi per adulti, o la fornitura di integrazioni e ricostruzioni informatiche.
La realtà virtuale e tutte le applicazioni che si ottengono tramite la simulazione possono far rivivere tesori ormai deteriorati o scomparsi, con una pienezza e un senso di presenza dino ad ora impossibile da realizzare. Tali percorsi devono però essere pensati in relazione alle modalità di funzionamento umane e non soltanto in base alle regole di organizzazione informatica.
Ecco allora i progetti, presenti a Lu.Be.C. quali i musei tattili, i viaggi simulati sulle galee romene o le ricostruzioni 3D delle ville romane.
Foto by lorenzo cuppini
SOMMARIO DELLA SETTIMANA
Questa settimana abbiamo parlato di:
Tecnologia
Ecco le dieci tecnologie che diventeranno i must del futuro, analizzate dal punto di vista psicologico.
Un dispositivo permette di compiere esattamente ciò che il cervello ordina, ecco il braccio robot più evoluto.
Ricerche scientifiche
Uno studio dimostra che le figura del ricercatore è un ruolo prettamente maschile, ecco i perché di questa visione distorta.
Psicoterapia
Un’iniziativa fa riflettere sull’importanza della psicoterapia e delle possibilità di divenire disponibile a tutti, grazie alla declinazione sociale.
Foto by El Almacen de Siona
Tecnologia
Ecco le dieci tecnologie che diventeranno i must del futuro, analizzate dal punto di vista psicologico.
Un dispositivo permette di compiere esattamente ciò che il cervello ordina, ecco il braccio robot più evoluto.
Ricerche scientifiche
Uno studio dimostra che le figura del ricercatore è un ruolo prettamente maschile, ecco i perché di questa visione distorta.
Psicoterapia
Un’iniziativa fa riflettere sull’importanza della psicoterapia e delle possibilità di divenire disponibile a tutti, grazie alla declinazione sociale.
Foto by El Almacen de Siona