lunedì 23 luglio 2007

LA GIUSTIZIA E’ UNA QUESTIONE DI PSICOLOGIA

Monitor on Psychology ha pubblicato un articolo che mostra come siano molteplici le variabili che intervengono nelle testimonianze giudiziarie. Il campo della psicologia giuridica si occupa proprio di questo, ma serve che l’esperienza e la pratica psicologica si diffondano ben oltre i casi di perizia. La summa delle ricerche mostra che avvocati e giudici hanno difficoltà a distinguere testimonianze false, dovute a fattori di origine psichica.

Le ricerche mostrano che sono numerosi i soggetti che hanno scontato pene a loro non destinate a causa dell’inesperienza di giudici e avvocati nel valutare le variabili psicologiche che influenzano i resoconto di un imputato. Le persone interrogate su degli avvenimenti, seppure in vuona fede, possono compiere errori dovuti alle caratteristiche della memoria, ma anche a fattori contestuali. È proprio di questi che la recente ricerca si è occupata.

I fattori fuorvianti sono stati identificati in:
  • Trauma, ovvero l’entità dello shock che il soggetto ha riportato, che comprende i diversi punti del coinvolgimento o dell’assistere alla preparazione del crimine,
  • Armi, la loro presenza o meno influisce sia sul fattore sopradetto, sai sul grado di ricordo-amnesia;
  • Razza, la differenza di etnia agisce come fattore elicitante stereotipi e letture errate/distorte dell’altro;
  • Illuminazione, colore e intensità delle luci, sia durante la scena del crimine, che durante l’interrogatorio/processo, influiscono sulla memoria del soggetto e le caratteristiche emotive.

Studi precedenti hanno inoltre annoverato ulteriori fattori come la distanza dell’osservazione e le modalità di interazione con le forze dell’ordine al momento della convocazione e della deposizione.

I rimedi sono molteplici, anche se ovviamente nessuno di essi può avere carattere tale da garantire la perfetta veridicità e interpretazione delle testimonianze giuridiche.
Già da tempo lo psicologo viene convocato, in sede di interrogatorio o durante il processo, ma tale intervento è spesso limitato ad utenze specifiche, come minori e persone con deficit evidenti di personalità e malattia mentale, o riguarda la stesura di perizie.
La presenza dello psicologo dovrebbe invece essere estesa ad un numero maggiore, se non alla totalità dei casi. I limiti però, oltre che ai tempi e alla procedura, sono legati anche al costo economico.

Sono invece rari i casi in cui i giurati vengono istruiti sulla modalità di funzionamento della mente del testimone e sui possibili bias che la cognizione umana necessariamente comporta.
I corsi stessi di Giurisprudenza dovrebbero contenere discipline di ordine psicologico, perlomeno per sensibilizzare alle tematiche ed aumentare la consapevolezza del rischio. Durante i corsi di specializzazione e il praticantato inoltre la pratica e i seminari sulle variabili di disturbo sono irrinunciabili. Purtroppo tale pratica è ad oggi molto rara. Ci auguriamo che questa esigenza aumenti fino a divenire un obbligo: l’innocenza o la colpevolezza di una persona sono punti troppo importanti perché la psicologia non intervenga.

Per una stima dei processi “errati” si veda il progetto americano Innocence

Foto by aghezz

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