Verbalizzare le proprie emozioni e sensazioni attiva dei cambiamenti a livello cerebrale che ci fanno sentire meglio. E’ la recente scoperta del professor Lieberman che ha osservato una differente attivazione cerebrale nel momento in cui si da voce alle proprie emozioni.
“Sfogati, raccontami quello che senti e vedrai che starai meglio”. Queste parole hanno oggi una validità scientifica. Secondo uno studio condotto dal team del professor Lieberman presso l’università californiana UCLA (University of California, Los Angeles), dare un nome all’emozione provata, verbalizzarla, fa sentire meglio.
Lieberman e i suoi colleghi hanno osservato cosa avviene a livello cerebrale mentre si esperisce un’emozione. I soggetti sono stati sottoposti alla fRMI (risonanza magnetica funzionale) in tre diverse condizioni: mentre osservavano la foto di una persona arrabbiata o impaurita, sottoposti a stimolazione subliminale ed infine mentre definivano con una parola l’emozione sperimentata. E’ stato osservato che nei casi in cui osservavano la fotografia ed erano sottoposti a stimolazione prossimale, si verificava un aumento dell’attivazione dell’amigdala, zona del cervello che determina le reazioni in caso di pericolo. Quando invece verbalizzavano le emozioni, la risposta dell’amigdala diminuisce, e contemporaneamente si attiva la regione prefrontale dell’emisfero destro, implicata nel processo di elaborazione delle emozioni e inibizione del comportamento.
Lieberman descrive il processo :“Allo stesso modo in cui si preme sul freno alla vista del semaforo giallo, così si mette un freno alle proprie risposte emotive nella messa in parole delle emozioni”. Lo studio spiega il senso di sollievo che si prova dopo aver confidato un segreto o raccontato un episodio negativo.
E’ inoltre molto interessante rileggere i risultati di questa ricerca nell’ottica delle sedute psicoterapeutiche: la psicoanalisi infatti attiva dei processi fisiologici da cui derivano benefici fisici e psicologici.
“Sfogati, raccontami quello che senti e vedrai che starai meglio”. Queste parole hanno oggi una validità scientifica. Secondo uno studio condotto dal team del professor Lieberman presso l’università californiana UCLA (University of California, Los Angeles), dare un nome all’emozione provata, verbalizzarla, fa sentire meglio.
Lieberman e i suoi colleghi hanno osservato cosa avviene a livello cerebrale mentre si esperisce un’emozione. I soggetti sono stati sottoposti alla fRMI (risonanza magnetica funzionale) in tre diverse condizioni: mentre osservavano la foto di una persona arrabbiata o impaurita, sottoposti a stimolazione subliminale ed infine mentre definivano con una parola l’emozione sperimentata. E’ stato osservato che nei casi in cui osservavano la fotografia ed erano sottoposti a stimolazione prossimale, si verificava un aumento dell’attivazione dell’amigdala, zona del cervello che determina le reazioni in caso di pericolo. Quando invece verbalizzavano le emozioni, la risposta dell’amigdala diminuisce, e contemporaneamente si attiva la regione prefrontale dell’emisfero destro, implicata nel processo di elaborazione delle emozioni e inibizione del comportamento.
Lieberman descrive il processo :“Allo stesso modo in cui si preme sul freno alla vista del semaforo giallo, così si mette un freno alle proprie risposte emotive nella messa in parole delle emozioni”. Lo studio spiega il senso di sollievo che si prova dopo aver confidato un segreto o raccontato un episodio negativo.
E’ inoltre molto interessante rileggere i risultati di questa ricerca nell’ottica delle sedute psicoterapeutiche: la psicoanalisi infatti attiva dei processi fisiologici da cui derivano benefici fisici e psicologici.
Ciao, magari sarebbe stato carino citare almeno la fonte della foto visto che non solo l'ho scattata io, ma è anche un autoscatto... ;)
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