martedì 5 giugno 2007

PUBBLICITA’ MIRATA NEI VIDEOGAME

Google ha messo a punto un programma, per ora non ancora attivo, che permette di registrare e valutare il comportamento dei giocatori on-line e di ricavarne un quadro di personalità sommario grazie al quale proporre spot mirati all’interno delle sessioni di gioco stesse. La customizzazione degli spot è ormai uh trend operante all’interno della pubblicità, soprattutto di quella via web, ma ci si interroga ora sulla liceità della raccolta di dati così strettamente personali, senza tenere conto che spesso l’immagine che diamo attraverso la rete non corrisponde alla nostra personalità reale.

Innanzitutto bisogna fugare ogni allarmismo prematuro, per ora si tratta soltanto di un progetto che non prevede applicazioni pratiche ma che può aprire interessanti spazi di rifelessione. Non è sullo specifico sistema che ci si vuole interrogare ma sulle linee di sviluppo che sta attualmente prendendo il mondo dell’advertising, tra cartelloni interattivi e annunci a tema.

Il problema, dal punto di vista psicologico, che è quello che interessa, riguarda due punti:
  1. la veridicità o meno delle informazioni raccolte;
  2. gli strumenti di raccolta e codifica dei dati, con le rispettive competenze professionali coinvolte.

Partiamo dal primo punto. Valutare atteggiamenti e comportamenti delle persone durante le sessioni di gioco, e in situazioni talvolta realistiche come quelle ora offerte dai mondi 3D non è garanzia di autenticità. Ci sono soggetti che si comportano nel mondo web così come nella realtà e altri invece che costruiscono identità fittizie. Teniamo poi presente che si sta parlando della realtà dei giochi, che possono, e spesso lo sono, venire assunti come valvola di sfogo e di divertimento libero al di là dei limiti della realtà che bene si conoscono. Ad esempio: un soggetto che ingaggi folle gare di velocità automobilistiche nei game, non è per forza un pirata della strada. Il lettore dei comportamenti riuscirà a interpretare queste differenze? Oppure la pubblicità sarà mirata soltanto all’attore virtuale e non alla corrispettiva persona reale? Ma allora siamo sicuri che l’offerta pubblicitaria andrà veramente a buon fine quando il soggetto riemergerà nel mondo reale, dato che la tendenza all’acquisto on-line è per ora una pratica poco diffusa, almeno nella realtà italiana?

Il secondo punto riguarda invece i criteri di analis dei comportamenti registrati. Si auspica che si tratti di test psicologici standardizzati in grado di dare risposte scientifiche e che siano pertanto utilizzati da persone con la giusta competenza come psicologi e psicoterapeuti. In tal caso però sarà necessario avvertire l’utente e dargli la possibilità di aderire o meno tramite u consenso realmente informato, lo stesso che si richiede prima di iniziare qualunque valutazione diagnostica, comportamentale o cognitiva, perché è di questo che nella realtà si tratta.

Una volta chiariti questi punti ritorna il discorso che più volte è stato fatto nelle nostre pagine: attenzione e un giusto grado di ragionamento permettono di fronteggiare con successo qualunque strategia persuasiva d tipo commerciale. Il servizio, d’altro canto, è pensato per favorire ed andare incontro all’utenza, un utenza che deve essere sempre informata e protetta accuratamente se cade sotto la soglia della maggiore età.


Foto by steve.portigal

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