mercoledì 23 maggio 2007

DALLE PAURE INFANTILI AGLI ATTACCHI DI PANICO

L’Istituto Max Planck di Monaco ha condotto una ricerca da cui emerge che il disturbo da attacchi di panico è più frequente in ragazzi e giovani adulti che nell’adolescenza hanno sperimentato un attaccamento insicuro. L’ansia da separazione presente nell’infanzia sarebbe infatti un potente indicatore di disturbi d’ansia in futuro. Si tratta di un’evidenza molto forte, supportata sia dalla numerosità del campione che da altri studi al merito.

L’ansia da separazione è un disturbo che si presenta nell’infanzia ed è soggetto ad evoluzione sia per quanto riguarda intensità che contenuto delle fantasie paurose. Il bambino che ne soffre vive con dolore e preoccupazione eccessiva il distacco dai genitori, fino ad arrivare a vere e proprie crisi. Le motivazioni possono essere molteplici e vanno dagli eventi traumatici, o vissuti come tali, a caregiving inappropriato durante la fase precoce.

Il bambino si trova a vivere paure che inizialmente sono fantastiche, anche se per lui molto vere dato l’ancora labile confine con la fantasia, ma che in seguito diventano molto realistiche. Ad esempio fino ai 3 anni sono i mostri immaginari a farla da padroni, per lasciare il posto agli aracnidi tra i 4 e 6 anni. Dall’età scolare in poi si temono invece morte e accidenti a carico dei propri cari. Cambia anche il momento in cui i timori si manifestano, dal momento “mitico” dell’andare a letto e del buio contrapposto alla luce, all’andare a scuola o a gite organizzate.
Non sono ovviamente da confondersi i normali timori che ciascun bambino affronta all’atto della separazione dei genitori, necessari all’acquisizione progressiva di una personale autonomia fisica e mentale da una diade osmotica.

Per tornare alla ricerca, i soggetti coinvolti erano mille ragazzi tedeschi, di età compresa tra i 14 e i 24 anni. Coloro che tra essi dichiaravano di avere sofferto nell’infanzia di ansia da separazione, risultavano essere più inclini e vulnerabili agli attacchi di panico, o li avevano addirittura già sperimentati, come evento sporadico o ricorrente.
Risultati analoghi, sulle paure dei bambini erano stati evidenziati anche da una ricerca svoltasi presso l’Università di Tel Aviv e pubblicata su Journal of anxiety disorders.

La correlazione evidenziata dal Max Planck è però foriera di futuri progressi: individuare da subito una relazione disfunzionale può portare a ottenere vantaggi di salute futuri. Monitorando infatti l’attaccamento infantile e colmando carenze e interazioni sbagliate, si potrebbe evitare al bambino di avere in futuro complicazioni riguardanti la sfera dei disturbi d’ansia. D’altro canto una simile scoperta non deve portare ad una minuzia eccessiva nella prevenzione infantile per evitare di etichettare in modo troppo automatico bambini passibili di un futuro sviluppo senza complicanze. Il ruolo della resilienza personale e dei fattori di protezione deve sempre essere tenuto presente nelle diagnosi precoci e per evitare che l’aiuto al bambino finisca in danno sociale pur di salvare a tutti i costi una salute non ancora determinatamente compromessa.
Foto by FotoRita

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